Renzi insiste con la cautela: niente fughe in avanti
Il premier in conference call sulla Siria con Merkel, Hollande, Cameron e Putin
Non vuole neppure lontanamente sentire parlare di blitz, forze speciali, interventi armati. Il premier Matteo Renzi, pur avendo apposto la sua firma il 10 febbraio scorso in calce al Dpcm con il quale ha concentrato a Palazzo Chigi la catena di comando per le operazioni eccezionali all'estero equiparando i militari dei corpi speciali agli agenti di intelligence, liquida come «irresponsabili accelerazioni» le ricostruzioni giornalistiche che, dopo la morte dei due tecnici della Bonatti e la liberazione degli altri due nel corso di un blitz, avanzano le ipotesi più diverse sull'impegno militare italiano in Libia.
Prudenza e cautela restano il “mantra” di Renzi che mai come ora fa asse con il Quirinale nel chiedere che si faccia il possibile per insediare nelle prossime settimane il nuovo Governo di unità nazionale a Tripoli, premessa essenziale per l'avvio di una missione strutturata, possibilmente a guida italiana. Ma più tempo passa, più è difficile difendere ad oltranza la linea della prudenza e della cautela e non da- re risposte alle legittime attese degli altri Paesi della coalizione, a cominciare dagli Stati Uniti che, con l'ambasciatore a Roma John R. Phillips, ha già parlato di un impiego «fino a 5mila militari» italiani.
In queste ore la priorità di Renzi è che vada a buon fine militare l’operazione che do- vrà riportare in Italia Gino Pollicardo e Filippo Calcagno. Una vicenda, quella degli ostaggi italiani, che dimostra come la Libia sia ormai precipitata nel caos. E nel governo si rafforza la tesi secondo cui vanno evitati salti nel buio e fughe in avanti soprattutto dopo che i sondaggi registrano l'81 per cento degli italiani contrari ad un intervento militare. Davanti ad un’opinione pubblica spaventata e impaurita dai rischi di attentati terroristici, Renzi chiede «un grande senso di responsabilità come si addice ad un grande Paese come l’Italia».
Linea della cautela che sembra accomunare la gran parte delle forze politiche in attesa che mercoledì il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni riferisca alle Camere. L’ex premier Romano Prodi torna a ribadire che «la guerra è l’ultima cosa da fare: o c'è una vera unità che ti chiama e allora vai a rico- struire lo Stato oppure chiunque vada è nemico del popolo». E anche il fronte delle opposizioni frena: «Spero che il governo non commetta l’errore di intervenire » , si augura Silvio Berlusconi.
La soluzione diplomatica resta la priorità. A questo lavora il presidente del consiglio che ha in programma una fitta agenda diplomatica. Sulla Siria ieri mattina ha partecipato a una conference call con Putin, Cameron, Merkel e Hollande. Segnale importante per un’unità di azione tra i Paesi europei e la Russia tornata in gioco per affrontare le grandi questioni internazionali dopo le sanzioni per l’Ucraina. Nessun accenno alla Libia anche se martedì prossimo, nel bilaterale a Venezia con il presidente francese, la situazione libica sarà probabilmente esaminata da Renzi e dal presidente francese François Hollande. Italia e Francia hanno una visione comune: fonti dell’Eliseo riferiscono che la “condicio sine qua non” per intraprendere qualsiasi iniziativa internazionale in Libia è avere «un governo di unità nazionale».
LE RAGIONI Secondo i sondaggi l’81% degli italiani è contrario all’intervento militare. Frena anche il fronte delle opposizioni