Corte conti: troppi limiti all’azione di responsabilità
Il presidente De Musso: impedito il recupero di 30 mln
pAltro che Rai fuori dal controllo dei partiti: «La grande riforma non è stata la tanto sbandierata indipendenza dal potere politico (che non c’è stata) ma la sottrazione dalla giurisdizione alla Corte dei conti, che aveva condannato alcuni amministratori e dirigenti e altri erano sub judicio». Non ha usato certo perifrasi ieri Ivan De Musso, presidente della Corte dei conti del Lazio, all’apertura dell’anno giudiziario della magistratura contabile nella regione. Parole e giudizi che scottano, che vanno tutte in una direzione: l’aver “fatto fuori” la Corte dei conti da un numero innumerevole di giudizi di responsabilità. Con una perdita per l’erario già di 30 mln solo nel Lazio, tra “favor rei” ripetuti e interpretazioni della Cassazione che hanno spuntato le unghie ai giudici contabili. Il caso Rai è un esempio, ma può valere per Alitalia, Ama, Atac, per i finanziamenti ai partiti. Perfino si teme per i filoni di Mafia Capitale. Proprio quando per combattere la corruzione sarebbe il caso di rafforzare gli strumenti contro la malagestione e gli sprechi pubblici, ha detto DeMusso. Aggiun- gendo: «Forse la Corte dei conti dà fastidio a certa gente e di fastidio, state pur certi, noi continueremo a darne, e molto».
Parole di fuoco, quelle del presidente della Corte dei conti del Lazio, che il Pg Raffaele De Dominicis non ha di sicuro “spento”. Ricordando che il 2015 è stato un «annus terribilis» tante e tali sono state le vicende piombate sui tavoli della sua Procura. Un elenco incredibile, per 300 mln di somme «risarcibili» (+30% in 12 mesi): l’affaire Metro C do Roma, il puzzle Atac, i derivati del Tesoro, il corridoio tirrenico verso Latina, le riscossioni fallite, il caso dell’ospedale israelitico di Roma. E ancora tutto l’armamentario del malaffare laziale-politico: Anas, Ama e i rapporti con Mafia Capitale, gli affitti a prezzi stracciati (a dir poco). Naturalmente il buco nero degli appalti. E la sanità dove è stato toccato «il fondo della deriva morale». Un pentolone che ribolle, con inchieste (e condanne erariali) che però possono saltare. A dispetto della Corte dei conti e della sua volontà di «resistere».