Riva Fire (Ilva): la Procura milanese chiede il fallimento
Udienza il 25 marzo
pI pm di Milano Stefano Civardi e Mauro Clerici, titolari dell’inchiesta milanese sulla gestione di Ilva, hanno chiesto il fallimento di Riva Fire (il Tribunale di Milano aveva dichiarato lo stato di insolvenza a gennaio dell’anno scorso, attualmente la società è in liquidazione), la controllante del gruppo. Per discutere dell’istanza è stata fissata per il 25 marzo l’udienza davanti ai giudici della sezione fallimentare del Tribunale. I pm, nella loro istanza, sostengono che Riva Fire, che deteneva il 90% di Ilva, una volta perso questo asset sarebbe rimasta una sorta di scatola «vuota» oberata di debiti. In uno dei filoni di indagine sul gruppo Ilva è ipotizzato il reato di bancarotta e sono indagati l’ex prefetto di Milano Bruno Ferrante (è stato presidente del Cda di Ilva prima dell’avvento della gestione di Enrico Bondi), e alcuni componenti della famiglia Riva, tra cui Adriano, Fabio, Angelo Massimo e Claudio.
Fonti vicine a Riva Fire, in serata, hanno sottolineato che l’iniziativa della Procura «è del tutto infondata e priva di elementi oggettivi che la supportino. La società è tranquilla e fiduciosa che il Tribunale respingerà tale richiesta». La holding che controllava Ilva spa, detenendo una partecipazione dell’87% (il 61,6% direttamente, un altro 25,38% attraverso la controllata Siderlux) ha chiuso il 2014 con una perdita di 1,156 miliardi. Una perdita che segue il rosso di 514 milioni del 2013 (nel 2012 invece la società aveva registrato un utile di 756 milioni).
Il bilancio allegato alla prima relazione del liquidatore Andrea Rebolino, evidenzia un patrimonio negativo di 429 milioni (la consistenza era di 727 alla fine del 2013). Una situazione che ha portato il Cda a rinunciare alla ricapitalizzazione e a scegliere la liquidazione, considerando anche l’impossibilità di «gestire la partecipazione in Ilva» e di «conseguire l’oggetto sociale» a causa dei provvedimenti giudiziari e legislativi adottati nei confronti di Riva Fire, come spiegano gli amministratori nella relazione sulla gestione relativa all’ultimo bilancio.
Di diverso avviso i pm Stefano Civardi e Mauro Clerici. Secondo la ricostruzione dell’istanza di fallimento,Riva Fire è stata alimentata dalle varie realtà industriali
LE REAZIONI E IL BILANCIO La famiglia: infondata l’istanza dei giudici La società (in liquidazione) ha registrato nel 2014 una perdita di 1,156 miliardi
sottostanti, tra cui Ilva tramite un contratto di servizi e assistenza con cui la seconda versava alla prima circa 40 milioni l’anno. Tale contratto però è stato tagliato ai tempi dell’ex commissario Enrico Bondi. A ciò si aggiunge la dichiarazione di insolvenza di Ilva e il fatto che da Fire spa, con la sua partecipazione in Alitalia (bad company), non sarebbe arrivato più alcun reddito. Infine le attività non legate all’Ilva e cioè il settore lunghi, sono state scorporate per essere trasferite in Riva forni elettrici. Tutto questo, per i pm, sarebbe la causa dello stato di sofferenza della finanziaria. Inoltre le mosse fatte per non portare i libri in Tribunale non convincono: Riva Forni Elettrici ha promesso di rinviare la riscossione di crediti per 317 milioni e un finanziamento di 93 milioni, mentre la lussemburghese Utia ha assicurato di posticipare la richiesta di crediti per 19 milioni. Per la Procura si tratta di promesse e non di atti formali.