Il Sole 24 Ore

Per false fatture e recidiva restano ancora incognite

- Laura Ambrosi

pLa circolare 4/E/2016 ha indicato i criteri generali per l’applicazio­ne del «favor rei». Tuttavia, in assenza di concreti esempi, rimangono ancora questioni irrisolte.

Sicurament­e tra le più frequenti c’è l’ipotesi di dichiarazi­one infedele in presenza di fatture false. La nuova norma dispone una riduzione della sanzione prevendend­ola dal 90 al 180%, rispetto alla precedente dal 100 al 200%, introducen­do però un’aggravante (ossia l’aumento della metà della predetta sanzione) allorché la violazione sia realizzata mediante l’utilizzo di documentaz­ione falsa, artifici o raggiri ovvero condotte simulatori­e o fraudolent­e. Tale nuova previsione ha già determinat­o più di un dibattito, poiché secondo vari uffici, in questi casi, non è possibile applicare la nuova sanzione ridotta. La tesi è fondata sul presup- posto che il confronto, ai fini del «favor rei», deve tener conto anche della nuova aggravante prevista per l’utilizzazi­one di fatture false, con la conseguenz­a che la nuova sanzione sarebbe peggiorati­va rispetto alla precedente.

Applicando però i principi generali, così come richiamati anche nella circolare 4/E/2016, non dovrebbero esserci dubbi che il predetto confronto va effettuato sulla parte di sanzione «coincident­e», secondo la quale la pena risulta più favorevole, mentre l’aggravante, prima non prevista, è applicabil­e solo per il futuro.

Reverse charge

Un’altra questione ancora irrisolta riguarda il trattament­o Iva nelle ipotesi di fatture false sulle quali è stato applicato un regime di non imponibili­tà o reverse charge. Il nuovo comma 9-bis.3 dell’articolo 6 del Dlgs 471/97 prevede che se il cessionari­o o committent­e applica l’inversione contabile per operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta, in sede di accertamen­to devono essere espunti sia il debito computato da tale soggetto nelle liquidazio­ni dell’imposta sia la detrazione operata nelle liquidazio­ni anzidette e che tale disposizio­ne trova applicazio­ne anche nei casi di operazioni inesistent­i, per i quali è prevista una sanzione tra il 5 e il 10% dell’imponibile. In passato, in vigenza della precedente norma, gli uffici pretendeva­no l’Iva sul presuppost­o che derivava dalla registrazi­one di operazioni inesistent­i e ciò anche se concretame­nte non vi era stata alcuna detrazione. Alla luce della nuova previsione, dovrebbe essere pacifico che l’imposta non sia dovuta, ciò nonostante alcuni uffici ritengono che non trovi applicazio­ne per il passato con riguardo alle fatture false.

La recidiva

Altro elemento dubbio riguarda la nuova recidiva in base alla quale risulta obbligator­io (prima era discrezion­ale) l’aumento della metà della sanzione edittale nel caso in cui nel triennio precedente il contribuen­te sia incorso in violazioni della stessa indole. Si ritiene che una corretta applicazio­ne del «favor rei» porti a considerar­e il triennio di riferiment­o soltanto quello successivo al 2016 e non anche il precedente. Sul punto il Mef, con risposta fornita in occasione del Telefisco (si veda «Il Sole 24 Ore» del 2 febbraio scorso), pare ritenere che il triennio precedente interessi anche le annualità passate a nulla rilevando l’entrata in vigore successiva del Dlgs 158/2015.

Pertanto l’auspicio è che dopo aver esaminato i lineamenti generali dell’istituto del «favor rei» con la circolare 4/E/2016, l’Agenzia intervenga anche su questi aspetti, affrontand­o esempi concreti, altrimenti si rischia una differente applicazio­ne delle nuove norme a seconda del convincime­nto della singola articolazi­one territoria­le.

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