Per false fatture e recidiva restano ancora incognite
pLa circolare 4/E/2016 ha indicato i criteri generali per l’applicazione del «favor rei». Tuttavia, in assenza di concreti esempi, rimangono ancora questioni irrisolte.
Sicuramente tra le più frequenti c’è l’ipotesi di dichiarazione infedele in presenza di fatture false. La nuova norma dispone una riduzione della sanzione prevendendola dal 90 al 180%, rispetto alla precedente dal 100 al 200%, introducendo però un’aggravante (ossia l’aumento della metà della predetta sanzione) allorché la violazione sia realizzata mediante l’utilizzo di documentazione falsa, artifici o raggiri ovvero condotte simulatorie o fraudolente. Tale nuova previsione ha già determinato più di un dibattito, poiché secondo vari uffici, in questi casi, non è possibile applicare la nuova sanzione ridotta. La tesi è fondata sul presup- posto che il confronto, ai fini del «favor rei», deve tener conto anche della nuova aggravante prevista per l’utilizzazione di fatture false, con la conseguenza che la nuova sanzione sarebbe peggiorativa rispetto alla precedente.
Applicando però i principi generali, così come richiamati anche nella circolare 4/E/2016, non dovrebbero esserci dubbi che il predetto confronto va effettuato sulla parte di sanzione «coincidente», secondo la quale la pena risulta più favorevole, mentre l’aggravante, prima non prevista, è applicabile solo per il futuro.
Reverse charge
Un’altra questione ancora irrisolta riguarda il trattamento Iva nelle ipotesi di fatture false sulle quali è stato applicato un regime di non imponibilità o reverse charge. Il nuovo comma 9-bis.3 dell’articolo 6 del Dlgs 471/97 prevede che se il cessionario o committente applica l’inversione contabile per operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta, in sede di accertamento devono essere espunti sia il debito computato da tale soggetto nelle liquidazioni dell’imposta sia la detrazione operata nelle liquidazioni anzidette e che tale disposizione trova applicazione anche nei casi di operazioni inesistenti, per i quali è prevista una sanzione tra il 5 e il 10% dell’imponibile. In passato, in vigenza della precedente norma, gli uffici pretendevano l’Iva sul presupposto che derivava dalla registrazione di operazioni inesistenti e ciò anche se concretamente non vi era stata alcuna detrazione. Alla luce della nuova previsione, dovrebbe essere pacifico che l’imposta non sia dovuta, ciò nonostante alcuni uffici ritengono che non trovi applicazione per il passato con riguardo alle fatture false.
La recidiva
Altro elemento dubbio riguarda la nuova recidiva in base alla quale risulta obbligatorio (prima era discrezionale) l’aumento della metà della sanzione edittale nel caso in cui nel triennio precedente il contribuente sia incorso in violazioni della stessa indole. Si ritiene che una corretta applicazione del «favor rei» porti a considerare il triennio di riferimento soltanto quello successivo al 2016 e non anche il precedente. Sul punto il Mef, con risposta fornita in occasione del Telefisco (si veda «Il Sole 24 Ore» del 2 febbraio scorso), pare ritenere che il triennio precedente interessi anche le annualità passate a nulla rilevando l’entrata in vigore successiva del Dlgs 158/2015.
Pertanto l’auspicio è che dopo aver esaminato i lineamenti generali dell’istituto del «favor rei» con la circolare 4/E/2016, l’Agenzia intervenga anche su questi aspetti, affrontando esempi concreti, altrimenti si rischia una differente applicazione delle nuove norme a seconda del convincimento della singola articolazione territoriale.