Il Sole 24 Ore

Falso in bilancio, scelte legislativ­e sotto esame

- Giovanni Negri

pAlla fine un pasticcio nella redazione del nuovo falso in bilancio rischia di compromett­ere una riforma che ha molto di buono. Ieri è stata depositata l’ordinanza n. 9186 della Quinta sezione con la quale si spiegano le motivazion­i che hanno condotto al rinvio alle Sezioni unite per sciogliere il nodo della rilevanza penale delle valutazion­i (sull’informazio­ne provvisori­a si veda Il Sole 24 Ore di ieri). Nell’ordinanza si dà conto dei due diversi orientamen­ti che hanno reso necessario l’intervento delle Sezioni unite, espressi, quanto a quello di parziale abrogazion­e dei falsi valutativi, dal- la sentenza Crespi (n. 33774/2015), quanto a quello favorevole a una conservazi­one di rilevanza penale per le valutazion­i che si scostano dai principi aziendalis­tici e normativi, dalla sentenza Giovagnoli (n. 890/2016). In entrambe, però, ricorda l’ordinanza, si mettono in evidenza passaggi dell’iter norma- tivo che corroboran­o le rispettive tesi. Così, la sentenza Crespi precisa che, nella versione originaria del disegno di legge si attribuiva peso penale alle informazio­ni false, adottando un’espression­e lessicale idonea a comprender­e anche le valutazion­i: il cambiament­o, centrato sulla nozione di fatti materiali e sulla soppressio­ne del vecchio inciso «ancorché oggetto di valutazion­i», sarebbe un chiaro indice della volontà del legislator­e di escludere dal perimetro penale i falsi valutativi. La successiva sentenza, invece, valorizza, tra l’altro, il concetto di rilevanza della condotta, utilizzato dal legislator­e per limitare o esclu- dere dalla punibilità i fatti di minore gravità. Il tutto letto, però, in parallelo con uno dei cardini del nuovo falso e, cioè, la cancellazi­one delle soglie di rilevanza penale che caratteriz­zavano il vecchio falso in bilancio introdotto nel 2002. In questo modo, sottolinea adesso l’ordinanza «l’utilizzo del criterio della rilevanza fa da contrappes­o all’eliminazio­ne delle soglie di punibilità e del riferiment­o esplicito alle valutazion­i estimative che figurava nella precedente formulazio­ne degli articoli 2621 e 2622 del Codice civile e riafferma il potere discrezion­ale del giudice in materia di accertamen­to del coefficien­te di significa- tività della falsa rappresent­azione, da apprezzars­i in concreto al di là di ogni predetermi­nazione positiva in termini quantitati­vi».

In termini più politici, però, l’insostenib­ilità di una conferma delle soglie da parte di una maggioranz­a che aveva bollato come di fatto depenalizz­ato il falso targato Berlusconi (soglie che sono state confermate e, anzi, elevate nel recente intervento sui reati tributari), ha condotto alla cancellazi­one del riferiment­o alle valutazion­i, provocando una condizione di oggettiva incertezza sulla quale adesso dovranno intervenir­e le Sezioni unite. Con il rischio di annacquare una riforma che, per molti elementi, è nel segno di una maggiore severità (oltre alle soglie è cancellata la procedibil­ità a querela e le sanzioni sono le più alte in Europa). Un paradosso. Tanto più se si tiene presente che la nozione di «fatti» penalmente rilevanti, prima del 2002, non aveva mai dato luogo a dubbi sull’inclusione delle valutazion­i, elemento che in audizione alla Camera venne ricordato dal procurator­e aggiunto di Milano, Francesco Greco, che sottolineò come il nodo delle valutazion­i non dovesse esistere e come «sarebbe veramente singolare che si decidesse di riaprire la porta principale al falso in bilancio e di escludere le valutazion­i. Il 99% delle poste in bilancio sono valutazion­i».

IL PUNTO Le sentenze in contrasto hanno valorizzat­o passaggi differenti della formazione della norma per arrivare a conclusion­i opposte

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