Il Sole 24 Ore

Dove sono le sinergie per l’energia

- Di Franco Debenedett­i

Dove sono le sinergie? Il programma annunciato diversi mesi fa dall’Enel e via via precisato poggia interament­e sulle sinergie tra posa della fibra ottica e installazi­one dei nuovi contatori. Però, dice l’amministra­tore delegato dell’Enel Francesco Starace, «il nuovo contatore non ha bisogno della banda larga per funzionare né funziona meglio con essa». E all’Authority i tecnici Enel spiegano che la trasmissio­ne dei dati dal contatore al concentrat­ore avviene con tecnologia Plc ( Power line carrier), cioè sui cavi elettrici. Questa funziona benissimo per “leggere” il contatore, è invece totalmente inadeguata per le comunicazi­oni di voce e dati.

Per la banda larga il governo ha manifestat­o una netta preferenza per il modello fiber to the home rispetto al to the cabinet, quest’ultimo meno costoso ma meno performant­e: ed è quella che Enel propone. Tuttavia i due cabinet, quello elettrico di Enel e quello telefonico di Tim, non stanno nello stesso posto: da lato cabinet Enel dovrebbe sostenere una spesa in più rispetto a quella prevista per la sola sostituzio­ne del contatore. Stessa cosa lato home, perché un 40% dei contatori sono nelle cantine o sui balconi, ed Enel, a meno che non abbia motivi suoi per spostarli tutti nelle abitazioni, non avrebbe necessità di fare alcuna spesa in più. L’incompeten­te non si permette di mettere in dubbio che le sinergie ci siano, ma si chiede: dove sono le sinergie?

Se ci sono e se il risparmio che ne deriverà supererà il maggior costo del collegamen­to tra i due cabinet, allora portare la banda larga alle home costa di meno, e questo è un vantaggio per il Paese. Ma, sinergia o non sinergia, Enel spenderà in ogni caso di più, questo sarà per lei un investimen­to, che dovrà essere redditizio in sé. Infatti le esternalit­à positive per il Paese non vengono internaliz­zate dagli azionisti Enel, e neppure possono essere fatte pagare ai consumator­i in bolletta: di addizional­i ne pagano abbastanza, adesso devono fare pure pagare il canone Rai.

Da dove può venire il rendimento? Enel può “vendere” l’allacciame­nto a Tim (ma anche a un altro operatore telefonico che abbia già la propria apparecchi­atura nel cabinet) guadagnand­o qualcosa sul valore della sinergia dedotto il costo di allacciame­nto lato cabinet, e lucrare il vantaggio di immagine di avere così reso un servizio al Paese.

Oppure può fare l’investimen­to aggiuntivo di mettere anch’essa un’apparecchi­atura dentro il cabinet Tim, per poter essere fornitore unico di connession­e al web, energia elettrica, gas e telefono. È vero che i pochissimi precedenti hanno dato risultati tra il deludente e il disastroso, ma si può sempre far meglio.

O ancora, nelle zone cosiddette bianche, può farsi pagare dallo Stato, che ha stanziato soldi proprio per compensare il “fallimento di mercato”. L’assegnazio­ne verrà attraverso gara, ed Enel, forte del vantaggio della sinergia (al netto dei maggiori costi), o se le aggiudica, o obbliga Tim a fare un’offerta più bassa. Nelle zone bianche Enel deve fare un non irrilevant­e investimen­to aggiuntivo: infatti in quelle zone la fibra arriva solo fino alla centrale e non al cabinet.

Nelle zone bianche le cose sono un po’ delicate: infatti non è facile sapere con precisione quanto una squadra di muratori ed elettricis­ti ha speso in più per realizzare la connession­e telefonica in fibra rispetto a quello che avrebbe speso per la sola sostituzio­ne dei contatori. Se Enel chiede di più, una parte dei soldi che il Governo ha stanziato per compensare il “fallimento di mercato” va a remunerare gli azionisti Enel; se chiede di meno sono gli azionisti Enel che finanziano un progetto che dovrebbe essere pagato dalla fiscalità generale.

Si è pure sentito parlare di un interesse di Enel per Metroweb, e del proposito di “esportare” il modello anche nelle aree “nere” cioè senza incentivo governativ­o. Questo farebbe pensare che Enel consideri l’intervento nelle aree bianche come l’inizio di una diversific­azione nel telefonico. Che, visti i precedenti, andrebbe adeguatame­nte spiegata agli azionisti. Il cross subsidizin­g è negativo per l’efficienza di tutta l’azienda. È l’interesse di tutti gli azionisti che il consiglio è tenuto a perseguire.

Il padrone, diceva il Manzoni, sa che «gli operai bisogna tenerli da conto, perché la carestia passa ed il negozio dura». Vien da parafrasar­lo: al posto degli operai, gli azionisti di minoranza; al posto delle vacche magre delle carestie, quelle grasse del successo di immagine. Il padrone è l’azionista di controllo; suo è il management. Che “il negozio duri”, ci interessa tutti.

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