Quei voli pindarici dei titoli «sganciati» dalla re altà
Da anni anche Consob riportava valori troppo generosi per essere veri
Le valutazioni “stratosferiche” di alcune tra le Popolari non quotate, in Italia, non sono una novità. Da anni Plus24 ha denunciato non solo il divario sempre più ampio tra i titoli delle banche trattate in Borsa e quelli di un manipolo di istituti non quotati, ma anche i rischi della sostanziale illiquidità degli scambi sulle azioni non quotate. Ma ai risparmiatori, talvolta troppo allettati dalle valutazioni “fatte in casa” dei titoli (magari utilizzati come garanzia per ottenere fidi e linee di credito), questi allarmi purtroppo sono giunti troppo tardi.
Eppure queste disattenzioni o amnesie collettive, che oggi agitano anche l’assemblea della Popolare di Vicenza, non sono giustificate. Lo dimostra una pletora di prospetti, pubblicati sul sito della Consob, che da anni segnalavano — a ogni aumento di capitale, come anche spesso anche in occasione di emissioni obbligazionarie subordinate e/ o convertibili — per molte delle banche non quotate valutazioni iperboliche. Basta infatti scorrere le pagine di questi prospetti e spesso, tra le “avvertenze” o nella sezione dedicata ai rischi, si trovano riportate chiare tabelle ( come quella pubblicata più in basso, relativa all’offerta in opzione nel 2014 di azioni Veneto Banca) che mettono nero su bianco come le azioni di un campione di banche non quotate venissero valutate con multipli patrimoniali doppi, quando non ancora superiori, a quelli di un campione di istituti quotati. In particolare, come mostra la tabella in basso, il calcolo del prezzo sulla base del rapporto con il valore di libro ( book value) dimostravano senza bisogno di alcun commento le valutazioni “generose” dei titoli delle banche non quotate.
Quella generosità, priva spesso di ancoraggio con la realtà, oggi viene scontata a caro prezzo da soci che perdono la quasi totalità del valore delle loro azioni. C’è chi ne era davvero inconsapevole ed è stato danneggiato: alcuni tra i risparmiatori meno attenti hanno sottoscritto spesso le azioni, non quotate e illiquide, quanto le valutazioni erano sui massimi e si sono trovati poi nell’impossibilità di venderle. Non tutti però: come ricordato dalla cronaca, ci sono stati casi di “soci più uguali degli altri” che sono riusciti a trovare una via d’uscita prima di rimanere “incastrati”. Per molti altri, invece, il silenzio e l’acquiescenza tenuta durante gli anni del “benessere”, purtroppo, avranno il loro peso.
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