Le carte che la Bce può calare al tavolo dei risparmiatori
Gli interventi di giovedì della Banca centrale destinati a pesare sulle scelte di chi deve fare degli investimenti
Tra cinque giorni le ( nuove) parole di Mario Draghi, presidente della Bce, avranno ( come al solito) riflessi non da poco sui titoli a reddito fisso (e non solo). L’obiettivo della Banca centrale europea è quello di portare l’inflazione al 2% ( attualmente secondo stime Eurostat è a - 0,2%) mentre quello degli investitori di “trovare” reddito o quanto meno investire in strumenti finanziari limitando ovviamente il più possibile le perdite. I mercati, insomma, si attendono da Draghi una nuova versione della famosa frase “whatever it takes” ( a qualsiasi costo) per dare nuovo impulso ai mercati e, soprattutto, all’economia dell’eurozona dopo un inizio anno burrascoso. Proprio all’inizio del 2016, infatti, il presidente Bce “rimandò ” i mercati a inizio marzo, indicando che per quella data ( appunto quella del 10 marzo prossimo) avrebbe comunicato ulteriori provvedimenti per stabilizzare la situazione e far tornare a crescere l’inflazione ( uno degli obiettivi che fino ad adesso le politiche espansive della Bce non ha centrato).
I provvedimenti che la Bce potrà adottare sono fondamentalmente due: 1) un ulteriore affondo in negativo dei tassi di riferimento per i depositi che le banche fanno presso la Bce; 2) un aumento e/ o estensione del Quantitative easing ( Qe, allargando eventualmente le tipologie di titoli acquistabili direttamente dalla Bce sul mercato).
sì ad aumento/estensione qe
Dei due possibili provvedimenti, è proprio l’aumento e/ o l’estensione del Qe ( oggi 60 miliardi di acquisti mensili fino a marzo 2017) che potrebbe avere un maggiore impatto sui mercati. « Infatti – sottolinea Jacopo Ceccatelli, ad di Marzotto Sim -, i rendimenti potrebbero essere ulteriormente schiacciati, soprattutto quello dei titoli di Stato, facendone quindi lievitare i prezzi. Se poi ci fosse un ulteriore allargamento delle tipologie di titoli acquistabili, comprendendo per esempio le emissioni finanziarie ( cioè di banche e assicurazioni) oppure corporate (cioè di società private), lo schiacciamento dei rendimenti di questi segmenti del mercato obbligazionario potrebbe essere ancora più marcato rispetto a quello ipotizzabile sui titoli di Stato » .
no ad aumento/estensione qe
«Se ciò non avvenisse - ipotizza Marco Palacino, Managing Director per l’Italia di Bny Mellon Im - oppure Draghi si limitasse ad annunciare soltanto un taglio dei tassi, ci si aspetta una situazione simile a quella registrata nel dicembre del 2015, quando i mercati hanno esternato la propria delusione per un “semplice” taglio dei tassi con ribassi immediati e generalizzati. In questo scenario, le conseguenze potrebbero sintetizzarsi in un rinnovato picco di volatilità dei mercati, sostenuto tanto dalla delusione verso la Bce, quanto dai timori circa il rallentamento della crescita globale e i bassi prezzi delle materie prime». Cosa comporterebbe questo per i titoli di Stato? «Molto probabilmente – risponde Palacino - un aumento degli spread tra Paesi periferici e Paesi centrali dell’Eurozona, con una maggiore attenzione degli investitori alla qualità del debito».
Il credito all’economia reale intanto non decolla. « È probabile - fa eco Viktor Nossek, direttore della Ricerca di WisdomTree Europe - che Draghi per accelerare i prestiti al settore privato tagli di altri 10 basis point i tassi di riferimento ( portandoli quindi a - 40) vista l’eccessiva liquidità depositata presso la Bce da parte delle banche » .
la prova della volontà
Non è da escludere, infine, che i mercati arrivino a questo appuntamento con la consapevolezza che molte opzioni sono già state implementate. « Sarà quindi essenziale – conclude Francesca Cerminara, responsabile bond e valute di Zenit Sgr - che Draghi dimostri la volontà politica di superare questi e altri ostacoli tecnici. Tra le cose da fare, per esempio, potrebbe estendere i programmi di acquisto anche ad alcune tipologie di corporate, un mercato che vale quasi 1.270 miliardi di euro, di cui la metà sono titoli del settore finanziario, comparto particolarmente sotto stress da inizio anno e la cui stabilizzazione aiuterebbe al riassorbimento dei premi al rischio su tutte le altre asset class. Draghi può, ma lo farà? » .