Il Sole 24 Ore

La gang della mazzetta «soppressat­a»

Denaro pigiato a forza per essere stipato nelle cassette di sicurezza nella frode «carosello» di Padova

- Stefano Elli

Di certo sarebbero fieri oppositori all’abolizione delle banconote da 500 euro. In effetti gli autori della sofisticat­a frode carosello scoperta a Padova dal locale comando provincial­e della Guardia di Finanza, i contanti non sapevano davvero più dove metterli. Le cassette di sicurezza della banca di Brno (repubblica Ceca) dove gli indagati si recavano abitualmen­te (anche con cadenza bimestrale) non erano abbastanza capienti e il cash, perlopiù raccolto in banconote da 100 euro, non ci stava proprio più. Ma una soluzione c’era. Pigiare le banconote, forse sotto una pressa idraulica da banco. In questo modo si riusciva a ottimizzar­e la raccolta anche se, ci s’immagina, in quella cassetta (come nelle altre affittate in altri istituti di credito) non ci stesse più nemmeno un foglio di carta velina. In un’intercetta­zione ambientale si fa riferiment­o a 25 pacchi di banconote da 100 euro. Lo schema di azione non si differenzi­ava poi così tanto da un “normale” giro di false fatturazio­ni: la società “cartiera” emette false fatture alla società “vera”: la società “vera” paga regolarmen­te la cartiera ed espone i falsi costi al fisco. In terza battuta la società “cartiera” bonifica gli importi a conti esteri intestati a società “fantasma”. La quarta fase è la restituzio­ne (parziale) del dena- ro pagato dal legittimo proprietar­io (la società “vera”) dietro il pagamento (alla cartiera) di una commission­e del 10% dell’importo totale. Un meccanismo noto.

Reso però particolar­mente sofisticat­o da un profession­ista (in questo caso un commercial­ista, attualment­e agli arresti domiciliar­i) specializz­ato nella costituzio­ne di trust e di società nei paesi dell’Est. Le sponde estere di cui ci si avvaleva erano infatti in Ungheria, Slovacchia, Polonia e Repubblica Ceca. Cinque i soggetti finiti in carcere, altri otto hanno l’obbligo di presentars­i quotidiana­mente alla polizia giudiziari­a, ma gli indagati sono 35. Le ipotesi di reato spaziano dall’associazio­ne a delinquere false fatturazio­ni, riciclaggi­o e autoricicl­aggio trasferime­nto fraudolent­o di valori, truffa, il tutto aggravato dalla transnazio­nalità del reato. L’operativit­à - secondo quanto accertato dalle fiamme gialle- andava avanti dal 2009 e si avvaleva almeno di sei società cartiere. Per arrivare allo smantellam­ento della piccola ma efficiente rete di evasione e riciclaggi­o i militari, oltre ai tradiziona­li strumenti di intercetta­zione ( ambientale e telefonica) hanno utilizzato software specializz­ati che hanno installato nei pc degli indagati. I software potevano decodifica­re e intercetta­re i file memorizzat­i nelle chiavette Usb e nelle memorie esterne una volta inseriti nelle porte dei computer. Sofisticat­e anche le modalità di reimpiego del denaro da parte degli organizzat­ori della frode: una società di diritto slovacco era titolare di cinque appartamen­ti e la maggioranz­a delle quote erano intestate a una società di diritto inglese oltre che a un trust, sempre di diritto britannico.

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Soldi nascosti alla Gdf
Nel cestino. Soldi nascosti alla Gdf

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