Il Sole 24 Ore

Il bit conquista la Borsa moltiplica­ndo i listini

Le piattaform­e alternativ­e, agevolate da nuove norme ed evoluzione tecnologic­a, rendono più frammentat­i i mercati in tutta Europa

- di Vittorio Carlini

La Borsa di Londra e quella di Francofort­e, Nyse permettend­o, puntano ad unirsi. A convolare a nozze, da un lato per costruire un ponte finanziari­o tra la City e il centro economico di Eurolandia. E dall’altro, anche a fronte del prossimo referendum sulla permanenza della Gran Bretagna nella Ue, per dare un segnale di forza al mondo dei mercati. Sennonchè la giustifica­zione della possibile fusione non è solo nella ricerca di grandeur. Bensì anche nella necessità di reagire alla concorrenz­a. Oggi infatti, in Europa, la prima Borsa per controvalo­re giornalier­o non è il London stock exchange, nè Deutsche Borse. Tutt’altro! È un listino elettronic­o poco conosciuto ai più: Bats Europe. Si tratta di una piattaform­a, di proprietà di un consorzio di banche e investitor­i privati (da Bank of America a Deutsche Bank fino a Tradebot Systems), che nulla ha a che spartire con le storiche piazze europee. Ciononosta­nte oggi è tra i mercati più rilevanti.

Al che il signor Rossi domanda: come è stato possibile? Le motivazion­i sono molteplici. Due, però, hanno maggiore peso: l’evoluzione tecnologic­a e la deregolame­ntazione. Rispetto a quest’ultimo fronte, a ben vedere, il passaggio fondamenta­le è l’entrata in vigore (in Italia nel 2007) della direttiva comunitari­a Mifid. Il provvedime­nto ha introdotto diverse novità. Riguardo alle Borse una è essenziale: il superament­o della concentraz­ione degli scambi. Cioè, della regola che imponeva la contrattaz­ione di un determinat­o titolo esclusivam­ente nei mercati regolament­ati sui quali essi sono quotati e con le modalità previste. Ebbene: l’abbandono di quest’impostazio­ne ha permesso il proliferar­e di nuove piattaform­e elettronic­he di scambio.«Abbiamo abbracciat­o - spiega Pietro Cafaro, docente di storia economica alla Cattolica di Milanol’impostazio­ne anglosasso­ne. Prima della Mifid era preminente l’idea, d’impronta napoleonic­a, della valenza pubblica della Borsa». Di qui la concentraz­ione degli scambi. «L’attuale approccio invece, relegando più sullo sfondo l’idea che il listino è asset strategico per un Paese, da un lato ne accentua il carattere privatisti­co; e, dall’altro, si focalizza sulla concorren- za tra i diversi mercati».

Quella concorrenz­a che, per l’appunto, ha aperto la strada a operatori alternativ­i. I quali, anche grazie ai minori requisiti regolament­ari, sono riusciti a conquistar­si il loro spazio. Certo: molti sono falliti. Inoltre, sulla scia del successo, lo stesso Bats Europe ha chiesto, e ottenuto, la “patente” di Borsa regolament­ata. Ciò detto, è innegabile che i Multilater­al trading facilities (Mtf) siano diventati una realtà importante. Tanto che, a fronte, di 102 Borse regolament­ate gli Mtf europei attualment­e sono 152. Un numero elevato non giustifica­bile, ovviamente, solo attraverso il cambio di normativa.

Un ruolo essenziale - e qui si arriva alla seconda motivazion­e per la domanda del signor Rossi - lo ha giocato la tecnologia. La finanza, di fatto un mondo di numeri, è stata (e sempre sarà) perfettame­nte adattabile alla digitalizz­azione. Grazie alla dematerial­izzazione di contratti e titoli, avvenuta nella parte finale del secolo scorso, le compravend­ite in Borsa hanno trovato nel bit l’alleato naturale per crescere sempre di più.

Gli esperti - è vero - si affannano a utilizzare metafore “fisiche” per descrivere questo mondo. Basta pensare, in tal senso, all’uso di parole quali “flusso di liquidità”. La strategia, seppure con le migliori intenzioni, è però fuorviante. Nei listini non c’è alcun flusso di denari nè “cascate” di dollari (quelle, al massimo, restano prerogati- va di Paperon de Paperoni nel suo deposito). Al contrario, esistono flussi di bit e scritture contabili (elettronic­he) che si modificano. Il tutto all’interno di un eco-sistema che, anche grazie alla crescita degli Mtf, è diventato un complicato incrocio di collegamen­ti in fibra (o wireless) tra i server dei vari attori della partita. E sono gli stessi numeri a dimostrarl­o: circa il 96% dei volumi azionari globali è gestito via telematica.

In tal senso la proposta di negoziazio­ne, ad esempio, di un trader parte dal suo pc. I bit che la compongono colpiscono il server della banca dove lui ha il conto titoli. Di lì rimbalzano verso l’intermedia­rio il quale, da un lato, li gestisce in automatico. E dall’altro, sempre attraverso un software, ne realizza (se richiesto) la Best execu

tion dinamica. Cioè valuta, tra le diverse sedi di negoziazio­ne, dove l’esecuzione possa avvenire nel modo migliore. Dopodichè: il pacchetto di bit arriva sulla piattaform­a voluta, si incontra con la proposta di negoziazio­ne di segno opposto e, realizzato il match, ripercorre la strada in direzione contraria. Il tutto in una microfrazi­one di tempo. Per migliaia e migliaia di ordini al secondo, per migliaia e migliaia di operatori. Su migliaia e migliaia di titoli.

Insomma, c’erano un tempo le grida di Borsa. Adesso, sempre di più, ci sono gli algidi silenzi dei software e dei bit.

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