Ufficiale lo sforamento del deficit
Le politiche macroeconomiche cinesi virano dall’arcinota prudente politica monetaria professata e praticata dal Governatore della Banca centrale a quella fiscale, con una manovra molto decisa sul livello del deficit. Era nell’aria, il superamento del tetto – ampiamente preannunciato – che, quindi, è stato recepito nel Report del Premier Li Keqiang. Si salterà dal 2,3 al 3% sul Pil, in cifre si tratta di 2,18 trilioni di yuan. «La Cina ha a disposizione una serie di strumenti e li userà tutti», aveva ipotizzato il Governatore della Banca Centrale Zhou Xiaochuan al G20 di Shanghai la scorsa settimana. E così è stato.
Il capo dell’ufficio studi della Banca centrale aveva fatto di più qualche giorno dopo: seguendo uno schema collaudato aveva fat- to un balzo di avanti rispetto al Governatore sostenendo che il superamento del tetto poteva andare ben oltre il 3, addirittura fino a 4 per cento e più. E che la Cina non può farsi ingabbiare da schemi precostituiti come il trattato di Maastricht che vincola i Paesi europei a parametri ferrei. La Cina non ha bisogno di questi parametri. Può fare a modo suo.
Questa dell’innalzamento al tetto, dunque, è tra le misure non di politica monetaria la più importante, molto più dei local bonds speciali da 400 miliardi di yuan e dell’ampliamento dell’Iva, sempre contemplati sul fronte fiscale. La proactive fiscal policy rafforza quindi la sua presenza sulla scena cinese. Nel 2016 il deficit statale sarà di 2,18 trilioni di yuan che rappresenta un aumento di 560 miliardi di yuan rispetto all’anno scorso. Sul totale, il deficit statale è 1,4 trilioni, i rimanenti 780 miliardi sono imputabili invece al deficit locale. C’è spazio di manovra, è in base a questo tipo di ragionamenti che il deficit cinese non viene considerato né percepito come preoccupante, affermazione confutata ripetutamente da addetti ai lavori ed esperti dell’analisi del debito cinese. Il debito del quale alcuni aspetti rimangono oscuri potrebbe rivelarsi un ulteriore handicap per la ripresa, specie se dovesse continuare a galoppare come ha fatto negli ultimi anni. Il Piano per lo sviluppo stilato dalla NRC che va letto insieme al Report, spiega invece che così non è e che la mossa in tre tappe prevista a tavolino è perfettamente buona e giusta per le realtà locali (le più indebitate).
In primo lungo ci sarà spazio di manovra per poter liberare risorse controbilanciando la politica di riduzione delle tasse, assicurando che il Governo potrà far fronte alle sue responsabilità. In seconda battuta la struttura del budget andrà ottimizzata e terzo ci saranno maggiori risorse per gli enti locali per emettere bond per supportare politiche di conservazione della terra, aumentare le vie di trasporto, gestire l’acqua, le infrastrutture urbane e altri progetti simili. Ai Governi locali si dice di continuare a emettere bond per rimpiazzare il debito locale. E la spirale continua. Fermi dal 1994 i bond sono stati ripescati in aprile, il divieto di emetterli da parte degli enti locali è caduto, mentre il Governo avviava un maxipiano per rottamare i vecchi debiti incagliati. Peccato che il mercato si sia messo di traverso, i local bond sono sbarcati sul mercato alla vigilia del crollo delle borse cinesi, nel peggior frangente possibile.