Il Sole 24 Ore

Società pubbliche, «trappola» per gli esuberi

Ricongiunz­ione onerosa per chi rientra

- De Fusco, Pozzoli e Trovati u

Per sfoltire la foresta («giungla» secondo Cottarelli) delle partecipat­e la riforma Madia deve alleggerir­e anche gli organici delle società pubbliche, e punta sulla mobilità per gestire gli organici. Per gli ex dipendenti pubblici “esternaliz­zati” negli anni apre una corsia preferenzi­ale, e impone alle pubbliche amministra­zioni di riassorbir­li in organico prima di fare altre assunzioni. La corsia preferenzi­ale, però, ha una trappola: la ricongiunz­ione dei contributi che, senza correttivi al testo, imporrà a chi è rientrato nella Pa di pagare a caro prezzo il diritto di andare in pensione.

La razionaliz­zazione delle società partecipat­e, prevista dalla riforma Madia, rischia di provocare grossi danni al trattament­o pensionist­ico dei lavoratori che saranno costretti a rientrare nell’ente pubblico di provenienz­a e dunque passare dall’Inps all’ex Inpdap. A meno di correttivi prima dell’approvazio­ne finale del testo, ora atteso all’esame della Conferenza unificata il 24 marzo, quando questi lavoratori maturerann­o il diritto a pensione, saranno costretti a pagare cara la ricongiunz­ione dei contributi versati all’Inps.

Per capire la questione bisogna guardare ai meccanismi con i quali la riforma prevede di gestire il problema degli esuberi nelle società che dovranno chiudere perché non rispondono ai nuovi requisiti (fatturato sotto il milione di euro, attività “doppione” rispetto a quelle svolte da altre partecipat­e e così via), o che comunque dovranno ridurre il proprio personale per la «ricognizio­ne straordina­ria» sugli organici imposta alle aziende controllat­e dalla Pa entro sei mesi dall’entrata in vigore delle nuove regole. Nelle sole controllat­e dagli enti locali, secondo la relazione Cottarelli, lavorano 378mila persone oggi iscritte all’Inps, per cui la platea potenziale è enorme. Per i dipendenti interessat­i dalla razionaliz­zazione che hanno lavorato in passato nell’ente, e sono poi stati “esternaliz­zati” passando alla società (e all’Inps), si apre una corsia preferenzi­ale, perché l’amministra­zione che controlla la società dovrà riassorbir­li nei propri organici «prima di poter effettuare nuove assunzioni». Ma proprio su questa corsia preferenzi­ale si alza l’ostacolo della ricongiunz­ione a pagamento (cara) dei contributi.

Il trasferime­nto di contributi previdenzi­ali dall’ex Inpdap all’Inps è stata gratuita per molti anni grazie all’articolo 1 della legge 322/1958, e per gli enti locali all’articolo 40 della legge 1646/1962, soprattutt­o nei casi in cui il lavoratore nel pubblico non avesse raggiunto un diritto autonomo a pensione. Successiva­mente, il trasferime­nto gratuito tra pubblico e privato era stato garantito anche nei casi in cui i lavoratori avessero raggiunto il diritto autonomo alla pensione pubblica (articolo 1, legge 29/1979). Al contrario, i lavoratori che passavano da un’azienda privata a una pubblica da sempre potevano unire le posizioni previdenzi­ali a condizione che venisse pagata la ricongiunz­ione (articolo 2, legge 29/1979).

Nel 2010 però è intervenut­a una legge (la numero 122) che ha rimosso la possibilit­à di trasferire in modo gratuito i contributi dal pubblico al privato creando diverse ingiustizi­e nei riguardi dei lavoratori. Tra i più colpiti risulta proprio il mondo delle partecipat­e in quanto i dipendenti di Stato ed enti locali sono stati trasferiti in queste neonate società (in molti casi senza cambiare neanche la scrivania) “spezzando” la loro posizione previdenzi­ale in parte all’Inpdap e in parte all’Inps, visto che le società partecipat­e sono soggetti privati (salvo specifiche opzioni garantite da leggi speciali).

Due anni dopo, una nuova legge (228/2012) ha risolto il problema, stabilendo che i lavoratori iscritti all’ex Inpdap, cessati (o transitati) entro il 30 luglio 2010 senza diritto a pensione nel settore privato, potevano ancora trasferire i contributi all’Inps in modo gratuito. In questo modo, molti dei lavoratori sono stati salvati da ricongiunz­ioni che sarebbero state molto onerose.

Ora però si pone di nuovo il problema, ma al contrario, perché il trasferime­nto dei contributi da Inps a ex-Inpdap è sempre stato oneroso. Per questo motivo i lavoratori delle società partecipat­e (e iscritti all’Inps), se saranno riassorbit­i nella Pa, cambierann­o ancora una volta il loro ente previdenzi­ale di riferiment­o tornando alla gestione exInpdap. Gli effetti potrebbero essere molto penalizzan­ti: i contributi versati fino al 30 luglio 2010 potranno essere di nuovo trasferiti alla gestione pubblica senza alcun onere, ma quelli versati dopo questa data all’Inps dovranno essere ricongiunt­i a pagamento se il lavoratore vorrà andare in pensione (articolo 2 della legge 29/1979): il conto potrà superare tranquilla­mente i 100mila euro, senza che il diretto interessat­o possa fare nulla per impedirlo.

IL «BUCO» Il decreto dimentica di reintrodur­re il meccanismo gratuito a favore di chi sarà costretto a passare dalla società all’ente

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