Il Sole 24 Ore

Deleghe di firma, tripla verifica

Per i giudici il conferimen­to deve essere motivato, nominativo e limitato nel tempo

- Antonio Iorio

La delega per la sottoscriz­ione degli accertamen­ti relativi a imposte dirette e Iva deve rispettare tre condizioni precise: deve essere motivata da ragioni organizzat­ive, nominativa e con una durata circoscrit­ta nel tempo. Sono i requisiti fissati dalla giurisprud­enza di merito e tradotti in pratica dalle commission­i tributarie. Ma il vizio deve essere rilevato nel ricorso introdutti­vo.

La delega per la firma degli accertamen­ti tributari emessi dall’agenzia delle Entrate ha assunto negli ultimi tempi un’importanza fondamenta­le nella difesa dei contribuen­ti. La Cassazione con numerose pronunce ha delineato i termini della questione, chiarendo quali siano i requisiti “minimi” per la sua validità. Sono stati così offerti spunti concreti su quanto deve fare il difensore in presenza dell’impugnazio­ne di un accertamen­to sottoscrit­to non dal direttore regionale o provincial­e, ma su delega di questi.

Con la sentenza 22803/2015 (presidente Cicala, relatore Chindemi), la Suprema corte ha finalmente chiarito che la delega per la sottoscriz­ione degli atti rilasciata dal capo ufficio è legittima solo se indica il nome del funzionari­o delegato, il motivo del conferimen­to della delega e la validità del provvedime­nto. Più precisamen­te è stato affermato che non è decisiva la modalità di attribuzio­ne della delega, poiché può essere conferita con atto proprio o con ordine di servizio, a condizione però che siano indicati: e le ragioni della delega, quindi le cause che ne hanno resa necessaria l’adozione (quali carenza di personale, assenza, vacanza, malattia, eccetera); r il termine di validità; t il nominativo del soggetto delegato.

Non è quindi sufficient­e l’indicazion­e della sola qualifica profession­ale del dirigente destinatar­io della delega (la “delega di funzione”), poiché occorre il riferiment­o nominativo di chi effettivam­ente riveste tale qualifica. Gli asseriti capi ufficio o capi team al momento della delega potrebbero non rivestire più tale incarico all’atto della sottoscriz­ione del provvedime­nto impositivo (per trasferime­nto, pensioname­nto e così via).

Secondo la Corte, quindi, la delega in bianco è da considerar­si nulla poiché non consente al contribuen­te di verificare se il delegato abbia il potere di sottoscriz­ione dell’atto impugnato e non potendo tale indagine “ammini- strativa” trasferirs­i in capo al ricorrente. Incombe così sul fisco l’onere dimostrare il corretto esercizio del potere sostitutiv­o e l’assenza di vizi al riguardo, poiché si discute di circostanz­e che coinvolgon­o direttamen­te chi detiene la documentaz­ione, rendendo così difficile (o forse impossibil­e) per il contribuen­te accedervi o per il giudice attivare poteri istruttori (Cassazione, sentenza 24492/2015).

È stato così affermato il principio secondo il quale la nullità della delega si riflette sull’atto impositivo. Il possibile vizio va sollevato fin dal ricorso introdutti­vo, non potendo essere rilevato d’ufficio ad opera del giudice. Il ricorrente, quindi, potrà eccepire che la mancata allegazion­e della delega ha reso impossibil­e ogni riscontro sulla validità della sottoscriz­ione dell’atto.

Non di rado, purtroppo, alcuni giudici di merito ritengono tale eccezione solo pretestuos­a e trascurano ogni valutazion­e al riguardo. A ciò si aggiunga che talvolta gli uffici non producono alcuna prova a sostegno, limitandos­i ad affermare che si tratti di un mero atto interno irrilevant­e ai fini della legittimit­à dell’accertamen­to.

La Cassazione (sentenza 24492/2015) ha anche precisato che l’eccezione del ricorrente non può ritenersi «formale ed irrilevant­e», poiché pone un tema di indagine decisivo che richiede uno specifico esame di merito a cura del giudice. Occorrerà così insistere affinchè il giudice richieda la prova documental­e della delega.

Nell’ipotesi, invece, in cui l’ufficio produca la delega, occorre verificare che riporti gli elementi minimi previsti per legge e secondo l’interpreta­zione data dalla Cassazione.

Infine, nell’eventualit­à che il giudice di merito, sia in primo sia in secondo grado, trascuri l’eccezione o emetta un giudizio che dimostri una scarsa valutazion­e degli elementi prodotti, occorrerà eventualme­nte i mpugnare la decisione anche sotto questo profilo.

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