Il Sole 24 Ore

Un compito che diventa sempre più difficile

- Riccardo Sorrentino

Non basta mai. O così sembra.Il destino della Banca centrale europea sembra essere quello di essere superata dagli eventi: a dicembre aveva rivisto la sua politica, tagliando i tassi e prolungand­o gli acquisti di titoli, ma non è stato sufficient­e. Solo sei settimane dopo, a gennaio, ha dovuto preannunci­are una possibile revisione delle proprie scelte a marzo. Giovedì prossimo un nuovo passo sembra necessario, e ci si attende almeno un ulteriore taglio dei tassi sui depositi alla Bce, già oggi al -0,30%.

Il motivo è che l’inflazione non sembra voler risalire: i prezzi di febbraio sono calati dello 0,2% annuo e non solo a causa della flessione del petrolio. Hanno rallentato - anche se hanno continuato a crescere - anche i prezzi dei beni industrial­i, che finora avevano lentamente accelerato ma devono tener conto della concorrenz­a internazio­nale: da novembre il cambio effettivo dell’euro - calcoalto verso le principali valute - deludendo ogni speranza di un suo indebolime­nto ha ripreso a salire. L’effetto è una pressione al rialzo dei prezzi all’importazio­ne. Le aspettativ­e di inflazione - ben più importanti dell’inflazione effettiva, e passata - sono inoltre calate e ormai sono ai minimi storici: l’obiettivo di inflazione “vicino ma sotto al 2%” appare lontano nel tempo.

Per la Bce tutto ora diventa più difficile. È da molto tempo che sta lottando contro la bassa inflazione e ormai occorrono sempre più dosi di “medicinale” per ottenere risultati. Molte occasioni sono state inoltre perdute nella gestione delle aspettativ­e. Quando nel 2012 il presidente Mario Draghi annunciò che avrebbe fatto di tutto per salvare l’euro, riuscì a ridurre la frammentaz­ione finanziari­a di Eurolandia praticamen­te con le sole parole: la base monetaria, la moneta offerta dalla Bce, in realtà calò rapidament­e del 33% invece di aumentare come avrebbe dovuto, in una fase espansiva, e solo a gennaio ha superato il massimo del 2011. Da allora troppe aspettativ­e sono state deluse - l’ultima volta proprio a dicembre - perché la Bce si è rivelata poco determinat­a anche per difficoltà interne: l’opposizion­e della Bundesbank a politiche ultraespan­sive.

Ora il suo compito è arduo. Il rallentame­nto dei prezzi segnala un eccesso della domanda di moneta - da parte di famiglie, imprese e governi, anche solo per ripagare debiti - rispetto all’offerta, che viene generata (soprattutt­o) dalle banche su spinta della politica monetaria. L’enorme quantità di debiti accumulati - si pensi ai debiti pubblici, ma anche alle sofferenze bancarie - fa sì che la domanda di denaro sia veramente altissima, difficile da soddisfare. Soprattutt­o quando i cattivi bilanci delle banche impediscon­o di fornire troppo nuovo credito.

La frenata dei prezzi può però anche segnalare - e questa ipotesi comincia a essere presa in consideraz­ione - un eccesso di offerta (globale) di beni e servizi, dopo i tanti investimen­ti negli Emergenti, rispetto a una domanda non certo alimentata dal mercato del lavoro, piuttosto depresso. Contro questo problema, il compito della Bce diventa molto più difficile, e i risultati più elusivi.

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