Il Sole 24 Ore

Rischio arretrati nei tribunali delle imprese

Dal 2013 le pendenze nelle 22 sezioni regionali sono cresciute del 45%

- Bianca Lucia Mazzei

pL’aumento delle pendenze e della durata dei procedimen­ti potrebbe minare l’attività dei tribunali delle imprese, uno strumento che in questi tre anni e mezzo di attività ha dato risultati positivi, facendosi apprezzare dal mondo industrial­e.

È stato il Dl 1/2012 a prevedere l’istituzion­e di sezioni dedicate alle controvers­ie in materia d’impresa (subito chiamate “tribunali”) che hanno cominciato a operare a fine settembre 2012.

Pendenze in aumento

Al 30 giugno 2015 le 22 sezioni distribuit­e a livello regionale (tranne in Lombardia e in Sicilia dove ce ne sono due, e in Valle d’Aosta dove non ce n’è nessuna) avevano però accumulato un “arretrato” di 7.598 fascicoli, con un incremento del 45% rispetto alla fine del 2013. Una tendenza, fra l’altro, non giustifica­ta dall’aumento delle iscrizioni, che sono, invece, in lieve calo. Ed anche la durata ha iniziato a crescere.

Particolar­mente positivi i tempi delle controvers­ie che non si concludono con una sentenza (si tratta soprattutt­o di procedimen­ti cautelari ma anche di accordi bonari) e che rappresent­ano la stragrande maggioranz­a dei fascicoli. In questi casi, nel primo semestre 2015, la durata è stata di 263 giorni, mentre per arrivare a una sentenza ce ne vogliono 836 (che sono comunque meno dei 902 necessari per le liti commercial­i).

Grazie a questi percorsi alternativ­i, nel 2012-2014 l’80% dei procedimen­ti si è concluso in meno di un anno. Ma la situazione sta peggiorand­o: nel 2015 questa percentual­e è scesa al 70% e la durata dei percorsi “brevi” è sì di 263 giorni, ma nel 2014

era stata di 224 e nel 2013, di 163.

Il nodo specializz­azione

Perno della riforma partita nel 2012 è la specializz­azione dei magistrati, che la legge ha inteso raggiunger­e concentran­do le controvers­ie in un numero ridotto di tribunali, con l’obiettivo di accorciare i tempi e accrescere qualità e uniformità delle pronunce. La posta in ballo è alta: un sistema giudiziari­o più efficiente ha ricadute positive sia sulla competitiv­ità delle imprese che sulla capacità di attrazione di soggetti stranieri.

L’attuazione della riforma non è stata però omogenea e la specializz­azione resta un traguardo, ancora non completame­nte centrato. La prima ragione è che in moltissime sedi, il volume dei ricorsi non è sufficient­e a che i giudici si occupino solo delle materie indicate dal Dl 1/2012.

La relazione per il 2015 dell’Osservator­io sugli effetti sull’economia delle riforme, operante presso il ministero della Giustizia e guidato da Paola Severino ha sottolinea­to che le sezioni di Perugia, Trento, Genova, L’Aquila, Ancona, Catania, Palermo, Cagliari, Campobasso, Catanzaro, Potenza e Trieste, nel 2014, hanno avuto meno di 100 cause l’anno e questo non ha «permesso di realizzare in modo compiuto la specializz­azione».

Ma i magistrati non sono esclusivam­ente dedicati anche in Tribunali dove il numero di procedimen­ti è invece importante, come in quello di Roma.

«Il fatto di non occuparci solo delle controvers­ie in materia d’impresa è un grosso limite» dice Tommaso Marvasi presidente della IX sezione del Tribunale civile di Roma che, insieme con la III, si occupa delle liti indicate dal Dl 1/2012. «Nella mia sezione - continua Marvasi - su 9mila cause pendenti solo un migliaio ricadono in questo ambito».

Anche a Venezia non è stata creata una sezione “esclusiva”. «Sarebbe l’ideale ma non è stato possibile perché l’organico non è aumentato e non ci sono magistrati a sufficienz­a», spiega Manuela Farini, presidente della sezione imprese.

A Milano e Napoli, invece, i Tribunali delle imprese, in linea con lo spirito della legge, non hanno altre competenze. «A Milano la specializz­azione è stata raggiunta - commenta Marina Tavassi, coordinato­re delle due sezioni in materia d’impresa - e questo sta portando risultati positivi, sia in termini di velocità che di qualità delle decisioni».

Secondo l’Osservator­io Severino, a Milano, la tenuta delle pronunce rispetto al II grado è infatti del 70- 80%. «Si diventa dei super esperti - continua Tavassi -, e questo è importante poiché sono questioni complesse che richiedono un aprofonda conoscenza della legislazio­ne e della giurisprud­enza europea ».

Il giudizio delle imprese

Nonostante le differenze territoria­li, i risultati ottenuti sono giudicati positivame­nte dal mondo imprendito­riale: da un’indagine a campione promossa da Abi-Confindust­ria è emerso infatti che la specializz­azione dei magistrati è un elemento fortemente apprezzato e che va ulteriorme­nte rafforzato.

«La qualità delle pronunce è molto alta e questo si riflette sulla loro tenuta - commentano in Confindust­ria -. I giudici hanno inoltre sviluppato una forte sensibilit­à al fattore tempo. E l’ampio ricorso ai percorsi alternativ­i rispetto a quello ordinario è un sintomo molto positivo».

I procedimen­ti cautelari

Meno di un quinto dei 2.594 procedimen­ti definiti nel primo semestre 2015 ha seguito il percorso ordinario e si è concluso con una sentenza. Gli altri hanno percorso iter più brevi, per la maggior parte procedimen­ti cautelari e accordi bonari.

«I procedimen­ti cautelari sono numerosi e la loro trattazion­e è molto veloce - dice Luigi Costanzo, presidente della IX sezione del Tribunale di Genova - Si tratta di questioni che spesso richiedono interventi urgenti. A Genova i magistrati non si occupano solo della materia di impresa ma un certo grado di specializz­azione lo si è raggiunto lo stesso».

«A Palermo non ci sono i numeri per una competenza esclusiva - dichiara Giuseppe De Gregorio, magistrato della V sezione - ma la specializz­azione è stata acquisita: sui tempi si cerca invece di fare in modo che la corsia preferenzi­ale prevista dalla legge non abbia ricadute eccessivam­ente negative sugli altri procedimen­ti».

Accorpamen­to e competenze

Sui benefici della specializz­azione l’accordo è unanime e per rafforzarl­a potrebbe essere utile la riduzione del numero di Tribunali. «Ci sono Regioni in cui le cause sono pochissime - commenta il presidente della IX sezione del Tribunale civile di Roma -, un accorpamen­to sarebbe quindi opportuno».

Molte più perplessit­à solleva invece l’ipotesi di allargamen­to delle competenze. «Più si estende il campo, più si riduce la specializz­azione - dice Arduino Buttafoco, presidente della sezione imprese del Tribunale di Napoli -. Il peso specifico di queste controvers­ie è elevato, spesso vanno valutate le posizioni di decine di parti: il numero contenuto di procedimen­ti non è indicativo perché una di queste cause corrispond­e a 50 in altre materie».

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