Serve un circolo virtuoso tra privacy e sanità
L’esigenza di protezione della privacy rischia di impedire la corretta erogazione delle cure sanitarie? Questa domanda, così come è stata posta, esige una risposta chiara, perché su questo terreno si incrociano non solo i due diritti fondamentali alla protezione dei dati personali e alla tutela della salute, ma anche priorità legate all’ammodernamento del nostro Paese e all’attuale agenda politico-economica; dall’ottimizzazione dei servizi alla semplificazione delle operazioni con conseguente riduzione dei tempi e dei costi.
Superfluo, ma forse necessario, ricordare che è l’esistenza stessa di una pluralità di diritti e di valori a racchiudere in sé la possibilità di un loro conflitto e la conseguente definizione dei limiti che essi reciprocamente incontrano nell’ordinata convivenza civile. La via d’uscita è il loro bilanciamento che deve essere operato anzitutto dal legislatore e che, in ogni caso, non può mai comportare la prevalenza assoluta dell’uno sull’altro.
Va poi osservato che la relazione di reciproca integrazione fra privacy e salute trova una composizione che non sempre e non necessariamente comprime al “contenuto essenziale” uno dei due diritti in discussione ma, al contrario, li può rafforzare entrambi nella salvaguardia della dignità della persona.
Nel processo di digitalizzazione della sanità, in particolare nell’ambito delle banche dati contenenti le informazioni sullo stato di salute dei pazienti accessibili dagli operatori sanitari, la volontà virtuosa di velocizzare le procedure e migliorare i servizi ha portato alla proliferazione di archivi “delocalizzati”: i cosiddetti dossier sanitari elettronici istituiti presso ciascuna struttura sanitaria. In assenza di una cornice normativa in materia, il Garante ha svolto un ruolo di supplenza quando, nel giugno 2015, ha emanato apposite Linee guida per provare a dare un po’ di ordine a iniziative disomogenee, con lo scopo di garantire l’esattezza, l’integrità e la disponibilità dei dati, nonché la protezione da rischi di accessi non autorizzati o trattamenti non consentiti. Ciò al fine di assicurare un reale potere di scelta in autodeterminazione informativa del paziente, in un quadro di tutela della salute più forte, perché fondato su dati esatti e aggiornati, al riparo da indebite comunicazioni che purtroppo spesso sono state segnalate e affrontate dall’Autorità.
Ci chiediamo allora: perché mancano le norme di legge sul dossier sanitario? La risposta è semplice: perché il legislatore ha scelto un’altra strada e ha investito su un altro strumento, il fascicolo sanitario elettronico che ha il pregio, rispetto al dossier sanitario, di accumulare le informazioni cliniche non di una singola azienda, bensì di tutti gli organismi sanitari di ogni Regione. Questo percorso ormai è ben tracciato e condiviso: il Parlamento ha approvato la legge, il Ministero ha emanato il regolamento, e anche il Garante ha dato un contributo importante, nel senso di rafforzare le garanzie in termini di potere di scelta consapevole dei pazienti e di irrobustimento delle fondamentali misure di sicurezza nella comunicazione e conservazione dei dati.
Oggi, a fronte di statistiche ancora basse sulla diffusione dei fascicoli sanitari attivati, spetta alle Regioni un passo deciso sia nella direzione della definitiva attuazione del percorso di implementazione sia, al contempo, nel far comprendere ai cittadini l’importanza che questo strumento riveste per l’erogazione delle cure migliori, perché consente al medico che ci cura in un ospedale di poter attingere alle informazioni precedentemente raccolte presso una struttura sanitaria situata in un’altra provincia dello stesso territorio regionale.
È all’interno delle regole correttamente definite, anche con il contributo del Garante, che si migliora la garanzia del diritto alla salute con la semplificazione degli adempimenti, la velocizzazione delle procedure, la riduzione dei costi delle prestazioni sanitarie: alla certezza che le informazioni registrate siano esatte (e quindi anche le conseguenti diagnosi e prognosi) si accompagna la consapevolezza che esse siano condivise doverosamente (ma esclusivamente) dai soli medici curanti, al riparo da accessi indesiderati, non dovuti ma, soprattutto, lesivi per la nostra dignità.