Morellato cresce anche in Italia
Il presidente Carraro: «Per il 2016 puntiamo su Europa e Asia»
«Nel 2015 siamo finalmente tornati a crescere, anche in Italia, che per noi resta il primo mercato, seguita da Francia e Spagna. Abbiamo raccolto i frutti degli investimenti fatti, caparbiamente, persino negli anni più difficili della crisi economica globale iniziata nel 2008 negli Stati Uniti. Per il 2016 l’aumento del fatturato sarà ancora più robusto». Massimo Carraro, presidente del gruppo Morellato, presenta così i risultati 2015: il fatturato è aumentato del 3% a 160 milioni, una crescita alla quale ha contribuito anche l’Italia (+2% contro il +4% dell’estero). Ma sono gli indici di redditività e il dato sull’indebitamento a dare maggiori garanzie per il futuro.
«L’ebitda era cresciuto del 29% nel 2014 e nel 2015 è salito di un altro 23% a 21,7 milioni: in due anni è quindi raddoppiato, pur in presenza di forti investimenti in ricerca, innovazione, retail, accordi commerciali – sottolinea Carraro –. La solidità del gruppo è data poi dal miglioramento del 43% della posizione finanziaria netta (Pfn), passata da 55,9 milioni del 31.12.2014 a 32 milioni. Siamo indipendenti, sani, in grado di investire e non pensiamo né ad aprire il capitale a soci esterni né alla Borsa. Anche se i nostri parametri sarebbero in linea con i requisiti del mercato: il rapporto tra ebitda e Pfn, ad esempio, è inferiore a 1,5. Ma ripeto, preferiamo andare avanti da soli».
Il gruppo e Massimo Carraro stesso sono molto legati alle origini di Morellato, che fin dalla sua nascita, negli anni 30, produce cinturini per orologi, un business che ancora oggi rappresenta il 12% delle vendite. «Abbiamo un know how legato all’artigianalità e alla conoscenza dei pellami e della loro lavorazione in oggetti piccoli ma complessi come i cinturini e che ci viene riconosciuta in tutto il mondo, visto che lavoriamo con molti marchi di alta orologeria – racconta il presidente di Morellato –. Il restante 88% delle vendite è diviso più o meno equamente tra orologi e gioielli ed è un equilibrio che vogliamo mantenere».
Il gruppo ha sia marchi propri (Morellato, Sector No Limits, Philip Watch, Cronostar e Bluespirit), sia brand prodotti e distribuiti in licenza mondiale: Furla, Just Cavalli, Maserati, Pepe Jeans London e Trussardi. Grazie alla “potenza distributiva”, data dalla catena Bluespirit e dall’articolato canale wholesale costruito per
tutti i marchi in Italia e all’estero, Morellato ha poi accordi di distribuzione con i brand Police, Ice Watch, Timberland e Gant.
«Ogni settore ha le sue particolarità e ci sono cambiamenti in atto per tutti: basti pensare ad esempio all’occhialeria, dove i grandi gruppi del lusso stanno ripensando le rispettive strategie e attuando processi di internazionalizzazione e verticalizzazione che nell’orologeria, almeno in parte, abbiamo già vissuto – spiega ancora Carraro –. La forza di Morellato è la conoscenza dei canali retail, wholesale e ora anche dell’e-commerce. Molti grandi e-tailer, come Amazon o Yoox, stanno entrando nella vendita di orologi e gioielli, ma in questo comparto paga la specializzazione. Noi abbiamo il nostro sito e gestiamo direttamente l’e-commerce, che nel 2015 è cresciuto del 30%, però crediamo molto anche nei negozi tradizionali».
Per il 2016 sono previsti 20 nuovi punti vendita Bluespirit in Italia mentre all’estero le aree più promettenti sono Europa e Asia. «La licenza con Trussardi, siglata nel 2015, e le collezioni, tutte swiss made per via del posizionamento, stanno andando molto bene e ci aspettiamo ottimi risultati anche dalla licenza con Furla, la novità del 2016. A Baselworld, la grande fiera dell’orologeria che si apre il 17 marzo, pre- senteremo i bozzetti dei modelli che stiamo mettendo a punto, frutto di un divertente e stimolante, anche se laborioso, ping pong creativo tra i nostri uffici creativi e quelli di Furla». Sul fronte della distribuzione, è stato appena siglato un accordo con gli americani di Mgi Luxury Group (Movado) per la distribuzione esclusiva in Italia degli orologi Scuderia Ferrari e Lacoste e degli orologi e gioielli Tommy Hilfiger. E il trend degli orologi femminili, emerso con forza al Salone di Ginevra (si veda anche l’articolo a fianco su Baume&Mercier)?
«Negli ultimi anni l’intero settore si era concentrato troppo sul pubblico maschile – risponde Carraro –. Dimenticando che l’orologio non è solo tecnica, anzi. È manifattura, bellezza, creatività. E anche moda. Noi però già dal 2015 abbiamo ampliato la gamma Sector donna e Philip Watch donna: sentiamo di aver precorso questo trend generale».