Non basta la tabella che indica le cariche
L’orientamento della Suprema corte in tema di delega di firma ha esortato i giudici di merito a un’attenta verifica della possibile fondatezza dell’eccezione sollevata in tal senso dal contribuente. Si tratta di una valutazione di merito secondo la quale il collegio dovrebbe stabilire se la delega prodotta sia idonea al conferimento dell’incarico di sottoscrizione, poiché in caso contrario l’atto è nullo.
L’articolo 42 del Dpr 600/1973, infatti, prevede che gli accertamenti in rettifica e quelli d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Il legislatore ha poi previsto che l’accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione.
La norma prevede così che l’accertamento debba essere firmato dal «capo ufficio» o da «altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato» a pena di nullità, con la conseguenza che la stessa divenga un elemento necessario per la validità dell’atto, al pari della motivazione o dell’indicazione delle somme pretese.
Ai fini delle imposte dirette e dell’Iva, quindi, non è sufficiente la mera stampa del nome di un dirigente, ma occorre che vi sia la firma autografa riportata in calce all’atto del direttore provinciale o di un funzionario da quest’ultimo delegato.
Tra le prime pronunce, si segnala la Ctr Lombardia, con la sentenza 876/30/2016 (relatore Monaldo) che richiamando i principi delineati dalla Cassazione ha dichiarato la nullità di un accertamento, poiché - no- nostante la tempestiva eccezione sollevata dal ricorrente - l’ufficio neppure in grado di appello aveva fornito la prova della regolarità della delega. Nella specie, si era limitato a produrre una “tabella” che tuttavia, era priva di data, non consentendo così di verificare se fosse anteriore all’emissione dell’atto impugnato, e di qualunque indicazione sul periodo di validità. Il collegio milanese, dunque, ha riscontrato che i requisiti minimi richiesti dalla Cassazione non sussistevano nel documento prodotto dall’Agenzia e pertanto l’atto doveva dichiararsi nullo.
Ad analoghe conclusioni è giunta la Ctp di Reggio Emilia con la sentenza 39/3/2016 (relatore Mainini) che ha confermato la nullità di un accertamento sottoscritto dal “capo area” su delega del direttore provinciale. L’ufficio aveva prodotto in giudizio un atto di conferimento delle deleghe di firma, oltre che uno stralcio del ruolo per dimostrare l’appartenenza alla carriera direttiva del funzionario sottoscrittore.
Il giudice ha rilevato che se da un lato risultava provata l’appartenenza di quel funzionario alla carriera direttiva, dall’altro il documento prodotto si limitava ad individuare le “cariche” dei soggetti delegati alla firma, senza però indicarne il nominativo di ciascuna. La Ctp ha così concluso che si trattava della delega in bianco censurata dalla Cassazione e pertanto risultavano violate le previsioni sull’obbligo di sottoscrizione disposte dall’articolo 42 del Dpr 600/1973. Sul punto si era espressa anche la Ctp Caserta 7443/14/2015 (si veda Il Sole 24 Ore del 13 novembre 2015).