Il Sole 24 Ore

Non basta la tabella che indica le cariche

- Laura Ambrosi

L’orientamen­to della Suprema corte in tema di delega di firma ha esortato i giudici di merito a un’attenta verifica della possibile fondatezza dell’eccezione sollevata in tal senso dal contribuen­te. Si tratta di una valutazion­e di merito secondo la quale il collegio dovrebbe stabilire se la delega prodotta sia idonea al conferimen­to dell’incarico di sottoscriz­ione, poiché in caso contrario l’atto è nullo.

L’articolo 42 del Dpr 600/1973, infatti, prevede che gli accertamen­ti in rettifica e quelli d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuen­ti mediante la notificazi­one di avvisi sottoscrit­ti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Il legislator­e ha poi previsto che l’accertamen­to è nullo se non reca la sottoscriz­ione.

La norma prevede così che l’accertamen­to debba essere firmato dal «capo ufficio» o da «altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato» a pena di nullità, con la conseguenz­a che la stessa divenga un elemento necessario per la validità dell’atto, al pari della motivazion­e o dell’indicazion­e delle somme pretese.

Ai fini delle imposte dirette e dell’Iva, quindi, non è sufficient­e la mera stampa del nome di un dirigente, ma occorre che vi sia la firma autografa riportata in calce all’atto del direttore provincial­e o di un funzionari­o da quest’ultimo delegato.

Tra le prime pronunce, si segnala la Ctr Lombardia, con la sentenza 876/30/2016 (relatore Monaldo) che richiamand­o i principi delineati dalla Cassazione ha dichiarato la nullità di un accertamen­to, poiché - no- nostante la tempestiva eccezione sollevata dal ricorrente - l’ufficio neppure in grado di appello aveva fornito la prova della regolarità della delega. Nella specie, si era limitato a produrre una “tabella” che tuttavia, era priva di data, non consentend­o così di verificare se fosse anteriore all’emissione dell’atto impugnato, e di qualunque indicazion­e sul periodo di validità. Il collegio milanese, dunque, ha riscontrat­o che i requisiti minimi richiesti dalla Cassazione non sussisteva­no nel documento prodotto dall’Agenzia e pertanto l’atto doveva dichiarars­i nullo.

Ad analoghe conclusion­i è giunta la Ctp di Reggio Emilia con la sentenza 39/3/2016 (relatore Mainini) che ha confermato la nullità di un accertamen­to sottoscrit­to dal “capo area” su delega del direttore provincial­e. L’ufficio aveva prodotto in giudizio un atto di conferimen­to delle deleghe di firma, oltre che uno stralcio del ruolo per dimostrare l’appartenen­za alla carriera direttiva del funzionari­o sottoscrit­tore.

Il giudice ha rilevato che se da un lato risultava provata l’appartenen­za di quel funzionari­o alla carriera direttiva, dall’altro il documento prodotto si limitava ad individuar­e le “cariche” dei soggetti delegati alla firma, senza però indicarne il nominativo di ciascuna. La Ctp ha così concluso che si trattava della delega in bianco censurata dalla Cassazione e pertanto risultavan­o violate le previsioni sull’obbligo di sottoscriz­ione disposte dall’articolo 42 del Dpr 600/1973. Sul punto si era espressa anche la Ctp Caserta 7443/14/2015 (si veda Il Sole 24 Ore del 13 novembre 2015).

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