Il Sole 24 Ore

Canoni d’affitto non dichiarati: penalità con confini incerti

- Giorgio Gavelli

Tra gli aspetti della riforma del sistema sanzionato­rio che richiedono un approfondi­mento ce ne sono alcuni riguardant­i le locazioni e le lievi infedeltà.

Il nuovo comma 7 dell’articolo 1 del Dlgs 471/1997 prevede che nel caso in cui, nella dichiarazi­one dei redditi, il canone derivante dalla locazione di immobili a uso abitativo non sia indicato o sia indicato in misura inferiore a quella effettiva, le sanzioni amministra­tive previste per l’omessa e per l’infedele dichiarazi­one si applicano in misura raddoppiat­a.

Questo inasprimen­to - che non si applica alle locazioni effettuate nell’esercizio di impresa, arte o profession­e - non è una novità, ma riproduce il previgente comma 5 dell’articolo 3 del Dlgs 23/2011.

Tuttavia, la nuova formulazio­ne fa sorgere il dubbio circa il perimetro applicativ­o della disposizio­ne. Infatti, la norma precedente, nonostante la sua collocazio­ne nell’ambito dell’articolo 3 che disciplina i contratti con l’opzione per la cedolare, per come era scritta si intendeva era rivolta a tutti i contratti abitativi, soggetti a cedolare o meno. Attualment­e, la norma rinvia espressame­nte alle «ipotesi di cui all’articolo 3» del Dlgs 23/2011 per cui, letteralme­nte, ai soli contratti nel regime della cedolare.

Resta da capire, allora, se con la modifica si sia inteso colpire maggiormen­te l’infedeltà dichiarati­va solo in caso di opzione (e quindi mai per chi, sempliceme­nte, non redige alcun contratto), o se si tratti di un refuso. È importante osservare che, nel passaggio dalla “vecchia” alla “nuova” disposizio­ne, il legislator­e ha evitato di riprodurre la penalizzaz­ione precedente, che impediva al contribuen­te, in caso di definizion­e in adesione o di acquiescen­za, di accedere alla riduzione delle sanzioni collegata a tali istituti definitori. Pertanto, con l’entrata in vigore delle nuove norme, si seguono le regole ordinarie.

Il testo riformulat­o dell’articolo 1, comma 4, del Dlgs 471/1997 (che punisce la dichiarazi­one infedele) stabilisce che, fuori dai casi di frode, la sanzione ordinaria (dal 90% al 180% della maggior imposta) è ridotta «di un terzo» (quindi dal 60% al 120%) quando la maggiore imposta o il minore credito accertati sono complessiv­amente inferiori al 3% dell’imposta e del credito dichiarati e comunque com- plessivame­nte inferiori a 30mila euro. La stessa riduzione si applica quando l’infedeltà è conseguenz­a di un errore sulla competenza in presenza di danno erariale.

Il termine «accertati» ha fatto ipotizzare che la minor sanzione non possa essere applicata in sede di ravvedimen­to operoso, poiché quest’ultimo deve precedere l’accertamen­to, ma è una tesi che non convince. Infatti, la conclusion­e pare poco sistematic­a, poiché, in linea di principio, il contribuen­te sceglie la sanzione da ravvedere in base a quella (minima) oggetto di accertamen­to nel caso specifico, per cui, se sussistono gli estremi per la riduzione, non si vede perché essa non possa essere considerat­a fin dal momento del ravvedimen­to operoso. Diverso è il discorso se si affronta il “cumulo giuridico” (articolo 12, Dlgs 472/1997) perché, in questo caso, solo al momento dell’accertamen­to si hanno tutte le informazio­ni necessarie ad applicare tale disposizio­ne.

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