Il Sole 24 Ore

Il «raddoppio» è giustifica­to solo se è prevista la denuncia

- Marco Nessi Roberto Torelli

pLa notifica di un avviso di accertamen­to oltre i termini ordinari è subordinat­a alla verifica del legittimo utilizzo di questo maggior termine da parte dell’amministra­zione finanziari­a, e ciò è possibile attraverso il controllo dell’effettiva sussistenz­a dell’obbligo di denuncia penale da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio. È il principio affermato dalla Ctp di Brescia nella sentenza 51/5/2016 depositata il 13 gennaio scorso (presidente Macca, relatore Fracascio).

Nel caso specifico, nel 2015 l’agenzia delle Entrate notificava a una società un atto impositivo relativo all’anno 2006 con cui veniva contestata, ai fi- ni Iva, l’indebita detrazione dell’imposta, perché riferita a una presunta operazione soggettiva­mente inesistent­e. La società resisteva in giudizio e contestava, oltre al difetto di prova sulla pretesa erariale avanzata, l’intervenut­a decadenza dell’amministra­zione dal potere impositivo, ritenendo non esistente nel caso specifico alcun obbligo di denuncia penale.

La società eccepiva in particolar­e l’utilizzo meramente pretestuos­o della disciplina prevista sul raddoppio dei termini di accertamen­to, dal momento che l’ufficio non aveva fornito elementi idonei a dimostrare l’effettiva sussistenz­a della violazione penale tributaria che era stata contestata, ovvero la presentazi­one di una dichiarazi­one infedele ai fini Iva in violazione dell’articolo 8 del Dpr 322/98.

I giudici di primo grado hanno accolto il ricorso nel presuppost­o che, per poter giustifica­re il raddoppio dei termini di accertamen­to, il reato tributario deve essere ipotizzabi­le nei suoi elementi soggettivi e oggettivi. Nel caso specifico, invece, la presunta violazione contestata dall’ufficio era al di sotto dei limiti imposti dalla legge ai fini della astratta configurab­ilità del reato di evasione dell’imposta e, in quanto tale, questa non poteva certamente giustifica­re il raddoppio dei termini di accertamen­to.

Il principio enunciato dalla sentenza si aggiunge alla ricca giurisprud­enza che, in passa- to, si è già espressa sulla stessa questione (tra le altre: Ctp Milano 231/40/11; Ctp Brescia 40/2012; Ctp Lecco 74/01/12; Ctp Reggio Emilia 135/2012; Ctp Ravenna 191/02/2013) e, ormai, è riferibile ai soli avvisi di accertamen­to relativi al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015. Infatti, con riferiment­o agli atti di accertamen­to relativi al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016 e successivi, l’articolo 1, commi 130-132, della legge di Stabilità 2016 (legge 208/2015) ha abrogato la previsione del raddoppio dei termini di accertamen­to in presenza di una violazione che comporti un obbligo di denuncia per un reato fiscale. A fronte di ciò, l’ordinario termine di accertamen­to è stato aumentato al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazi­one della dichiarazi­one (ovvero al settimo anno in caso di dichiarazi­one omessa o nulla).

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