Il Cairo: «Uccisi i killer di Regeni»
Uccisi i componenti di una banda specializzata in rapine e sequestri nei confronti di stranieri
Uccisi in Egitto componenti di una banda specializzata in rapine e sequestri. Nella casa di un parente di un componente sono stati trovati documenti del ricercatore italiano. Questa è l’ennesima versione fornita dall’Egitto per la morte di Giulio Regeni: una banda specializzata in rapine «dietro all’uccisione dell’italiano». La famiglia Regeni: governo reagisca alla messinscena. Palazzo Chigi: «Tutta la verità o non ci accontentiamo».
L’Egitto ha fornito l’ennesima versione per la tragica morte di Giulio Regeni che non ha mancato però di suscitare più di una perplessità. Una banda specializzata in rapine e sequestri nei confronti di stranieri è stata sgominata giovedì al Cairo con la morte di cinque suoi componenti « è dietro all’uccisione dell’italiano Giulio Regeni» e in casa di familiari di un componente della banda è stato trovato il passaporto ed altri documenti del ricercatore friulano.
La conferma del ministero dell’Interno egiziano di un collegamento tra la scoperta della banda, annunciata nella mattinata di giovedì, e la morte del giovane ricercatore italiano, è arriva nella serata della stessa giornata dopo che si erano moltiplicate le indiscrezioni di fonte giornalistica sul possibile ruolo della banda nel rapimento e nell’uccisione del giovane ricercatore.
E’ stato il sito del più importante quotidiano del paese nonché filogoverativo Al-Ahram, citando una fonte del ministero dell'Interno egiziano, a scrivere per primo che la banda «è dietro all’uccisione dell’italiano Giulio Regeni». Subito dopo l’agenzia di stampa Mena ha reso noto una nota dello stesso dicastero in cui si precisava che «il passaporto di Giulio Regeni», assieme ad altri suoi documenti, è stato rinvenuto in un appartamento abitato da familiari di un componente della banda. Il comunicato del ministero riferiva che «i servizi di sicurezza han- no trovato nell’appartamento un “handbag” rosso sul quale è stampata la bandiera italiana e all’interno c'è un portadocumenti di colore marrone nel quale si trova il passaporto recante il nome di Giulio Regeni, nato nel 1988, il suo documento di riconoscimento (ID) dell’università americana con la sua foto sulla quale c'è scritto in inglese «assistente ricercatore», il suo documento di Cambridge, la sua carta di credito «Visa e due telefoni portatili».
I servizi di sicurezza «hanno trovato anche un portafogli femminile con la parola “love” nel quale si trovano 5 mila sterline egiziane, un pezzetto di materiale scuro che potrebbero essere 15 grammi di cannabis, un orologio». Nel comunicato del ministero dell’Interno egiziano si precisa che i documenti di Giulio Regeni sono stati trovati nella casa di una sorella di uno dei banditi uccisi.
«La residenza, nel governa- torato di Qalyubiyya» nel delta del Nilo, a nord del Cairo, «della sorella del principale accusato, che si chiama Rasha Saad Abdel Fatah, 34 anni, è stata presa di mira perché le indagini hanno dimostrato che lui andava da lei di tanto in tanto», si legge nel comunicato. In una nota, il ministero egiziano ha precisato che le forze di sicurezza avevano ucciso alla periferia est del Cairo i componenti di una banda di criminali che, camuffati da poliziotti, «sequestravano» stranieri per derubarli. «Al momento dell’arresto», tentato nella zona della «New Cairo-5th Settlement», c’è stato «uno scontro a fuoco e tutti i componenti della banda sono rimasti uccisi».
Peccato perché questo non lascia alcuna possibilità di interrogare i membri della banda di rapinatori e del motivo dei segni di tortura rinvenuti sul corpo di Regeni. Almeno un paio di media egiziani, avevano parlato del sospetto di un legame con la tortura a morte di Giulio Regeni. In un primo tempo il ministero dell'Interno egiziano non aveva confermato, ma nemmeno smentito. «Non possiamo dire se sono responsabili della morte di Regeni o meno», aveva detto una fonte ufficiale del ministero dell’Interno.
Si è appreso inoltre che gli investigatori italiani in missione al Cairo sono stati informati dalla polizia egiziana sull’uccisione dei cinque malviventi.
Secondo le fonti di El Tahrir, venivano attribuite loro più di 40 rapine e alla «caccia» sfociata nello scontro a fuoco hanno partecipato «forze speciali, formazioni da combattimento ed elementi della sicurezza nazionale». Foto rimbalzate su internet hanno mostrato il minibus bianco con il parabrezza e muso crivellato da oltre 30 colpi e i corpi insanguinati di due uomini all’interno.
EFFETTI PERSONALI Ritrovati nella casa di uno dei componenti della banda il passaporto e la carta di credito appartenenti al ricercatore italiano