All’Unione serve un vero governo
Neppure l’enormità di ciò che è successo a Bruxelles ha scosso il torpore politico che avvolge i leader nazionali ed europei. In ogni dichiarazione c’è un mantra che si ripete instancabile.
obbiamo migliorare il coordinamento tra i sistemi nazionali di sicurezza e di intelligence». Lo stesso mantra fu ripetuto durante il picco della crisi dell’euro oppure si continua a ripeterlo di fronte all’arrivo di milioni di persone nel nostro continente. La parolachiave del mantra è sempre la stessa: coordinamento. Di fronte a crisi e minacce di proporzioni storiche, ciò che gli stati membri dell’Unione europea (Ue) sono disposti a fare è, pensate un po’, un migliore coordinamento tra di loro. Cioè sono disposti a cooperare, a condizione però che ogni governo nazionale mantenga il controllo sulla propria politica nazionale. Qui risiede il problema la cui non soluzione origina tutti gli altri problemi: abbiamo un’Unione, non abbiamo un governo dell’Unione.
L’Ue soffre primariamente di un deficit di potere esecutivo. Il suo potere esecutivo è incerto, disperso, opaco. È incerto perché esso è riconosciuto sia al Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo che alla Commissione europea. Tuttavia, sulle questioni politicamente più salienti per gli Stati membri, è il Consiglio europeo che ha il controllo dell’iniziativa politica. Siccome le crisi si susseguono, il Consiglio europeo, che per i Trattati dovrebbe riunirsi due volte ogni semestre, è di fatto in seduta permanente (nell’ultimo mese si è riunito tre volte). Così, i capi di governo non riescono a seguire la politica nazionale come vorrebbero, ma non hanno le risorse per fare politica europea come dovrebbero. L’incertezza su chi deve decidere è inevitabile. Il potere esecutivo dell’Ue è anche un potere disperso. Il Consiglio europeo è costituito di 28 capi di governo, più il suo presidente semipermanente, più il presidente della Commissione. Dunque, 30 leader politici, ognuno con un’agenda e una prospettiva nazionali, ognuno preoccupato delle conseguenze domestiche delle decisioni collegiali. Se le cose vanno bene, l’accordo si trova e il consenso risulta la regola del gioco. Ma quando le cose vanno male, il gioco cambia. Ognuno cerca di imporre, o comunque di preservare, il proprio interesse nazionale. Come se non bastasse, il Consiglio europeo non ha una sua struttura amministrativa di supporto. Deve quindi fare affidamento sulla Commissione, ma soprattutto sul Consiglio dei ministri. Quest’ultimo, che dovrebbe essere un organo legislativo, contribuisce così anche alle scelte esecutive (come è il caso dell’Ecofin e dell’Eurogruppo), in una confusione dei poteri che farebbe girare le scatole al barone di Montesquieu. A sua volta la Commissione è costituita da 28 commissari. Tra l’uno e l’altra vi è poi lo sterminato sistema dei comitati. Considerando i membri del Consiglio europeo, della Commissione e del Consiglio dei ministri, si giunge alla conclusione che quasi un centinaio di persone condividono formalmente il potere decisionale a Bruxelles (senza dimenticare che a molte decisioni partecipano anche il presidente della Banca centrale europea oltre che esponenti del Parlamento europeo). Il potere esecutivo dell’Ue è anche opaco. Tutti i poteri esecutivi delle democrazie sono protetti dalla riservatezza (mentre questo non avviene nel funzionamento delle assemblee legislative). Per opacità è piuttosto da intendersi la formazione di decisioni o non-decisioni di cui nessuno risponde. Di cui nessuno è responsabile.
Come si può pensare di risolvere il deficit decisionale dell’Ue con un “migliore coordinamento”, quando quel deficit è dovuto proprio alla logica del coordinamento tra i governi nazionali? Per gestire la crisi finanziaria, migratoria o terroristica occorre avere un governo comune dell’Unione. Un governo limitato, però dotato di risorse e competenze autonome, con una sua legittimazione democratica, tenuto quindi sotto controllo dal potere legislativo. Non già un migliore coordinamento dell’esistente. È necessario che a Bruxelles ci sia un potere esecutivo che
RICETTE INADEGUATE Il solo coordinamento non basta per battere il terrorismo, ci vogliono istituzioni esecutive al livello delle sfide
disponga di un suo sistema di intelligence e di investigazione, di un suo sistema di controllo delle frontiere esterne dell’Unione, di una sua forza militare. Così come è necessario che abbia un suo bilancio, sostenuto da una capacità fiscale indipendente dai trasferimenti finanziari degli Stati membri, da utilizzare sulla base di considerazioni politiche (mentre ora la spesa è predefinita). Non basta il coordinamento per battere la criminalità terroristica che ha ucciso centinaia e centinaia di persone innocenti. Occorre creare istituzioni esecutive capaci di operare al livello delle sfide. Che sono europee e non già nazionali.
Come risolvere il deficit di potere esecutivo dell’Unione? L’alternativa principale all’attuale coordinamento intergovernativo continua ad essere il modello parlamentarista. La Commissione deve diventare l’esclusivo potere esecutivo dell’Unione, deve operare sulla base del sostegno da parte della maggioranza del Parlamento europeo, il suo presidente dovrà esercitare anche il ruolo di presidente del Consiglio europeo. È difficile però che questa alternativa venga accettata da capi di governo che guidano Stati con la consistenza storica e politica di quelli europei. Occorre battere nuove strade, democratizzando e razionalizzando il dualismo che il potere esecutivo europeo ha di già. Alla sua testa dovrà esserci, da un lato, un presidente dell’Unione con una sua legittimazione negli Stati membri e, dall’altro, un presidente della Commissione con una sua legittimazione parlamentare. Il primo dovrà avere un ruolo politico, il secondo operativo. È in questo dualismo esecutivo che va istituzionalizzata la decisione. E occorre farlo in fretta. Perché, come vale per ogni organismo politico, un’Unione europea che non può decidere non avrà futuro.