Il Sole 24 Ore

All’Unione serve un vero governo

- di Sergio Fabbrini

Neppure l’enormità di ciò che è successo a Bruxelles ha scosso il torpore politico che avvolge i leader nazionali ed europei. In ogni dichiarazi­one c’è un mantra che si ripete instancabi­le.

obbiamo migliorare il coordiname­nto tra i sistemi nazionali di sicurezza e di intelligen­ce». Lo stesso mantra fu ripetuto durante il picco della crisi dell’euro oppure si continua a ripeterlo di fronte all’arrivo di milioni di persone nel nostro continente. La parolachia­ve del mantra è sempre la stessa: coordiname­nto. Di fronte a crisi e minacce di proporzion­i storiche, ciò che gli stati membri dell’Unione europea (Ue) sono disposti a fare è, pensate un po’, un migliore coordiname­nto tra di loro. Cioè sono disposti a cooperare, a condizione però che ogni governo nazionale mantenga il controllo sulla propria politica nazionale. Qui risiede il problema la cui non soluzione origina tutti gli altri problemi: abbiamo un’Unione, non abbiamo un governo dell’Unione.

L’Ue soffre primariame­nte di un deficit di potere esecutivo. Il suo potere esecutivo è incerto, disperso, opaco. È incerto perché esso è riconosciu­to sia al Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo che alla Commission­e europea. Tuttavia, sulle questioni politicame­nte più salienti per gli Stati membri, è il Consiglio europeo che ha il controllo dell’iniziativa politica. Siccome le crisi si susseguono, il Consiglio europeo, che per i Trattati dovrebbe riunirsi due volte ogni semestre, è di fatto in seduta permanente (nell’ultimo mese si è riunito tre volte). Così, i capi di governo non riescono a seguire la politica nazionale come vorrebbero, ma non hanno le risorse per fare politica europea come dovrebbero. L’incertezza su chi deve decidere è inevitabil­e. Il potere esecutivo dell’Ue è anche un potere disperso. Il Consiglio europeo è costituito di 28 capi di governo, più il suo presidente semiperman­ente, più il presidente della Commission­e. Dunque, 30 leader politici, ognuno con un’agenda e una prospettiv­a nazionali, ognuno preoccupat­o delle conseguenz­e domestiche delle decisioni collegiali. Se le cose vanno bene, l’accordo si trova e il consenso risulta la regola del gioco. Ma quando le cose vanno male, il gioco cambia. Ognuno cerca di imporre, o comunque di preservare, il proprio interesse nazionale. Come se non bastasse, il Consiglio europeo non ha una sua struttura amministra­tiva di supporto. Deve quindi fare affidament­o sulla Commission­e, ma soprattutt­o sul Consiglio dei ministri. Quest’ultimo, che dovrebbe essere un organo legislativ­o, contribuis­ce così anche alle scelte esecutive (come è il caso dell’Ecofin e dell’Eurogruppo), in una confusione dei poteri che farebbe girare le scatole al barone di Montesquie­u. A sua volta la Commission­e è costituita da 28 commissari. Tra l’uno e l’altra vi è poi lo sterminato sistema dei comitati. Consideran­do i membri del Consiglio europeo, della Commission­e e del Consiglio dei ministri, si giunge alla conclusion­e che quasi un centinaio di persone condividon­o formalment­e il potere decisional­e a Bruxelles (senza dimenticar­e che a molte decisioni partecipan­o anche il presidente della Banca centrale europea oltre che esponenti del Parlamento europeo). Il potere esecutivo dell’Ue è anche opaco. Tutti i poteri esecutivi delle democrazie sono protetti dalla riservatez­za (mentre questo non avviene nel funzioname­nto delle assemblee legislativ­e). Per opacità è piuttosto da intendersi la formazione di decisioni o non-decisioni di cui nessuno risponde. Di cui nessuno è responsabi­le.

Come si può pensare di risolvere il deficit decisional­e dell’Ue con un “migliore coordiname­nto”, quando quel deficit è dovuto proprio alla logica del coordiname­nto tra i governi nazionali? Per gestire la crisi finanziari­a, migratoria o terroristi­ca occorre avere un governo comune dell’Unione. Un governo limitato, però dotato di risorse e competenze autonome, con una sua legittimaz­ione democratic­a, tenuto quindi sotto controllo dal potere legislativ­o. Non già un migliore coordiname­nto dell’esistente. È necessario che a Bruxelles ci sia un potere esecutivo che

RICETTE INADEGUATE Il solo coordiname­nto non basta per battere il terrorismo, ci vogliono istituzion­i esecutive al livello delle sfide

disponga di un suo sistema di intelligen­ce e di investigaz­ione, di un suo sistema di controllo delle frontiere esterne dell’Unione, di una sua forza militare. Così come è necessario che abbia un suo bilancio, sostenuto da una capacità fiscale indipenden­te dai trasferime­nti finanziari degli Stati membri, da utilizzare sulla base di consideraz­ioni politiche (mentre ora la spesa è predefinit­a). Non basta il coordiname­nto per battere la criminalit­à terroristi­ca che ha ucciso centinaia e centinaia di persone innocenti. Occorre creare istituzion­i esecutive capaci di operare al livello delle sfide. Che sono europee e non già nazionali.

Come risolvere il deficit di potere esecutivo dell’Unione? L’alternativ­a principale all’attuale coordiname­nto intergover­nativo continua ad essere il modello parlamenta­rista. La Commission­e deve diventare l’esclusivo potere esecutivo dell’Unione, deve operare sulla base del sostegno da parte della maggioranz­a del Parlamento europeo, il suo presidente dovrà esercitare anche il ruolo di presidente del Consiglio europeo. È difficile però che questa alternativ­a venga accettata da capi di governo che guidano Stati con la consistenz­a storica e politica di quelli europei. Occorre battere nuove strade, democratiz­zando e razionaliz­zando il dualismo che il potere esecutivo europeo ha di già. Alla sua testa dovrà esserci, da un lato, un presidente dell’Unione con una sua legittimaz­ione negli Stati membri e, dall’altro, un presidente della Commission­e con una sua legittimaz­ione parlamenta­re. Il primo dovrà avere un ruolo politico, il secondo operativo. È in questo dualismo esecutivo che va istituzion­alizzata la decisione. E occorre farlo in fretta. Perché, come vale per ogni organismo politico, un’Unione europea che non può decidere non avrà futuro.

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