«Sì all’aumento salva-fusione»
Saviotti: i vantaggi dell’operazione superano la mini-diluzione per i soci del Banco Popolare
«La Bce è stata chiara: o aumento di capitale o niente fusione con Bpm. Per il bene del Banco Popolare, che avrà grandi benefici, e credo anche del Paese, abbiamo accettato di salvare l’operazione».
L’ultimo grande banchiere della vecchia generazione, di quelli nati e cresciuti gradualmente in banca partendo dalla filiale. Eppure uno tra i più moderni e rispettati dagli investitori, dai colleghi più giovani (e anche dalle Autorità) per la competenza cumulata negli anni sul campo. Pierfrancesco Saviotti, 73 anni, di Alessandria, «naturalizzato milanese» dall’età lavorativa, ha percorso gran parte della carriera nella Comit, la più internazionale delle banche italiane per decenni, fino a diventarne amministratore delegato nel 1998. Poi direttore generale di Banca Intesa con responsabilità sui crediti. Infine, dopo un esperienza internazionale come vice chairman di Merrill Lynch Europe, la chiamata d’emergenza per risollevare le sorti del Banco Popolare.
Dottor Saviotti, alla fine è riuscito a pilotare il Banco Popolare alla fusione con Bpm. Ma dal lungo e complesso negoziato con la vigilanza Bce è emersa la necessità di un piano sul capitale da un miliardo. Ne valeva davvero la pena?
Assolutamente sì. Il nostro piano di fusione originale era basato su un’integrazione senza aumento di capitale. Ho detto e ripetuto che si poteva procedere. Ma la vigilanza della Bce è stata intransigente. E ha continuato a porre il tema del rafforzamento patrimoniale come una pregiudiziale per il via libera all’operazione. Considerati i vantaggi anche finanziari che deriveranno dall’operazione agli azionisti, abbiamo giudicato opportuno accettare le richieste di Bce e procedere per creare il terzo polo bancario italiano.
Ritiene che da parte di Francoforte ci sia stato un atteggiamento di « rigore » per una forma di pregiudizio negativo nei confronti dell’Italia e delle sue banche?
Ho già detto ai soci in assemblea che dalla Bce sono arrivate richieste talvolta incomprensibili. In ogni caso noi abbiamo adempiuto a tutte le richieste, come è normale che faccia un soggetto sottoposto alla Vigilanza. Un conto sono le discussioni, un altro il rispetto delle decisioni. Ora è arrivato il momento di pensare solo all’execution del progetto e accantonare ogni polemica per il bene del terzo gruppo bancario italiano.
Giovedì scorso, in una giornata debole per tutta la Borsa (Ftse Mib -1,61%), la prima accoglienza del mercato è stata tiepida: -4,8%. Più dei benefici futuri dell'aggregazione, si è guardato alla diluizione immediata che deriverà dalla richiesta di nuovo capitale per un miliardo da parte del Banco. Se lo aspettava?
Indipendentemente dalle tecnicalità con cui realizzeremo l’incremento del capitale da un miliardo, la diluizione ci sarà. Ma le soddisfazioni che gli azionisti potranno avere in futuro, grazie alla produzione di reddito della combined entity, supereranno ampiamente la diluzione iniziale. Tenete conto che ai soci del Banco andrà il 54% delle sinergie della terza banca italiana che stiamo co- struendo. E già dal 2017, ma in misura maggiore nel 2018, il gruppo si posizionerà su livelli di profitto che le due banche non avrebbero mai raggiunto in autonomia. Tutto sarà più chiaro, quando a fine aprile presenteremo il piano industriale.
Avete detto che l’aumento di capitale da un miliardo che il Banco realizzerà prima della fusione sarà un misto tra collocamenti di vario tipo e assegnazione in opzione. Avete già in mente una proporzione?
Intanto, è necessario premettere che l’operazione è già garantita da un consorzio guidato da Mediobanca e Bofa-Merrill Lynch i nostri advisor, che insieme alla Colombo & Associati, hanno svolto un lavoro prezioso perchè la fusione andasse in porto. Orientativamente, a oggi stimiamo che si possa realizzare per il 50% in opzione ai vecchi soci e per il 50% anche con altre forme di collocamento diretto a investitori istituzionali. Tutte le operazioni saranno comunque rigorosamente effettuate a condizioni di mercato.
Perchè la vigilanza europea ha insistito tanto sull'aumento come condizione per la fusione?
Le due banche avevano superato tutti gli esami Bce. Ma la vigilanza ha preteso, e dal loro punto di vista è anche comprensibile, che il nuovo colosso bancario italiano dovesse collocarsi sugli stessi livelli delle prime tre banche domestiche in materia di copertura dei crediti deteriorati e delle sofferenze.
Non potevate sopperire alle richieste con le plusvalenze derivanti dalla cessione di asset?
Non vogliamo farlo perchè abbiamo asset di grande livello, che risulteranno decisivi per il futuro di Bpm-Banco Popolare. Penso al risparmio gestito della nostra Gestielle. Fare cessioni in fretta, avrebbe voluto dire svendere. Il valore, se permettete, ce lo teniamo per i nostri azionisti.
Il valore arriverà anche dalle sinergie: dei 365 milioni previsti, oltre 290 arriveranno dal taglio costi. Pensate a consistenti tagli di personale?
Escludo categoricamente licenziamenti. Dipendenti e clienti sono la forza della banca. Gli esuberi saranno definiti con i sindacati attraverso il fondo di solidarietà, alimentato dalle banche.
Prima di lanciarvi nella trattativa con Bpm, avete esplorato altre opzioni. La principale era con Ubi. Perchè non siete andati avanti?
E’ vero che con Ubi abbiamo avuto contatti esplorativi. Ma abbiamo verificato che non c’erano le condizioni per un merger of equals. E le potenzialità con Bpm erano migliori.
Nel 1999 la fusione tra UniCredit e Comit, che lei guidava, non andò in porto anche per la mancata informativa preventiva a Bankitalia. Quella regola, abbandonata poi dalla Vigilanza italiana, sembra essere stata riscoperta ora dalla Bce...
Con una battuta, potrei dire che all’epoca era richiesta solo una settimana di preavviso alla Vigilanza. In questo caso, ci siamo confrontati per due mesi. A differenza di allora, stavolta la fusione è arrivata all’approvazione dei consigli. Ed entro ottobre la realizzeremo. Creare il terzo gruppo bancario italiano, forte e solido, darà soddisfazioni agli azionisti e sarà molto utile al Paese. Chiudo la carriera professionale con un risultato molto positivo.
Non resterà nel nuovo gruppo per tutto il triennio del futuro mandato?
Vedremo, ho una certa età. A un certo punto passerò la mano. Mi fa piacere che il pallino passi a Giuseppe Castagna che conosco e stimo. Realizziamo la fusione, poi toccherà a lui guidare il nuovo gruppo.
«Basta polemiche con Bce, è tempo di pensare solo alla fusione con cui chiuderò la mia carriera»