Il Sole 24 Ore

Terrorismo, banca del Dna e più controlli

Renzi: «Lampedusa cuore dell’Europa, di fronte alle grandi emergenze non si faccia finta di niente»

- Nino Amadore

pAffacciat­i sul mare, proprio sotto la Porta dell’Europa a Lampedusa, si ha l’impression­e di toccare l’Africa. Con un senso di inquietudi­ne in questi giorni in cui da quel mondo e dal Medio Oriente arrivano le minacce che rischiano di abbattere quella porta e tutto ciò che sta dietro. E ci si dimentica per un attimo dei 400mila migranti che negli anni sono sbarcati qui e di quei 15mila che nel breve tratto di mare tra quest’isola e la Libia hanno perso la vita. All’ordine dei giorno oggi c’è la difesa. Non dai migranti ma dal fondamenta­lismo jihadista. Dopo gli attentati di Bruxelles questo venerdì di passione è giorno di misure di sicurezza con nuo- vi e più stringenti controlli che riguardera­nno ancora di più chi arriva qui a Lampedusa e chi invece sceglierà altre coste.

La sicurezza, in questa emergenza, ruba la scena alla pietà. Ne è prova la Banca dati nazionale del Dna, il cui regolament­o che ne disciplina istituzion­e, modalità di funzioname­nto e organizzaz­ione è stato approvato ieri dal consiglio dei ministri. Uno strumento che il ministro dell’Interno Angelino Alfano definisce «formidabil­e». Mentre il ministro della Giustizia Andrea Orlando parla di «passo fondamenta­le per aumentare il livello di sicurezza del Paese». La sicurezza del Paese dunque, che ritorna nella circolare emanata dal capo della polizia Alessandro Pansa tre giorni fa perché oggi l’Italia si trova in una fase di «pre-allarme per probabili o imminenti atti terroristi­ci»: stato d’allerta 2 (il massimo è3). E allora, è l’opinione del Viminale, vanno aumentati i controlli, i posti di blocco, la vigilanza nei luoghi affollati e nei luoghi di culto, va affinato lo spirito di osservazio­ne delle pattuglie. Non c’è un pericolo individuat­o ma il sistema di sicurezza e di soccorso deve essere pre allertato per la possibilit­à di un attacco. Nel nostro Paese i tifosi della jihad non mancano. Come dimostra l’indagine della Procura di Genova: sette persone indagate per associazio­ne a delinquere con finalità di terrorismo e la richiesta alla polizia postale di oscurare 4 siti internet e la cancellazi­one di alcuni post sulle bacheche Facebook .

Non eravamo più abituati da anni a questo stato di cose. E assume dunque un valore rilevante, in questo clima di tensione, la visita che il premier Matteo Renzi ha improvvisa­mente deciso di fare a Lampedusa, il luogo del dolore, del coraggio, della generosità e della bellezza. Come «Fuocammare», il bellissimo film di Gianfranco Rosi, ha raccontato guadagnand­o l’Orso d’oro. E qui Renzi, incrocia gli occhi tristi di Pietro Bartolo, il medico che è ormai un po’ il simbolo di questi nostri concittadi­ni che abitano una periferia del mondo. E incrocia le giuste rivendicaz­ioni di Giusi Nicolini, il sindaco che Renzi ha già incontrato sempre qui nel suo precedente viaggio quando ancora era il segretario del Pd. Perché non può essere un caso che Renzi, accompagna­to dal ministro Graziano Delrio, si ritrovi in questo venerdì di passione, di dolore e di rabbia nell’isola che è stata candidata al Nobel per la pace. «Lampedusa, cuore d’Europa. Ho scelto di passare qui questo venerdì speciale, accolto da Giusi Nicolini e da una comunità bellissima» scrive su Twitter. Ma prima ha affrontato alcuni nodi che restano da sciogliere: la zona franca per l’isola, un campo di calcio, la tutela dei pescatori, la continuità territoria­le. Con un messaggio all’Europa: «Guai a pensare che di fronte alle grandi emergenze del nostro tempo si possa far finta di niente o essere superficia­li».

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A Lampedusa. Matteo Renzi

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