Il Sole 24 Ore

Il grano ai minimi divide la filiera della pasta italiana

- Alessio Romeo

L’ultimo contratto alla Borsa merci di Bologna, benchmark nazionale per le quotazioni del grano duro, è stato chiuso giovedì a un minimo di 226 euro per tonnellata, -33% rispetto ai prezzi già bassissimi di un anno fa e -27% dall’inizio della raccolta. Paradossal­mente, la mancanza di alternativ­e sta spingendo le nuove semine, che sono in crescita del 9% in Europa, con le ovvie ricadute negative sui mercati.

Questi numeri aiutano a spiegare le proteste degli agricoltor­i guidati dalla Coldiretti contro l’import, andate in scena per la terza volta nei giorni scorsi al porto di Bari dove è arrivato anche il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, il quale ha convocato per il 30 marzo, insieme con il ministero dello Sviluppo economico, la “cabina di regìa” della pasta.

In quella sede si proverà a valorizzar­e la produzione nazionale con un nuovo contratto di filiera grano-pasta e soprattutt­o a ricucire uno strappo che rischia di avere l’unico effetto certo di un pesante danno d’immagine a un prodotto simbolo del made in Italy alimentare.

Industrial­i molitori e pastai sarebbero ben felici di soddisfare il fabbisogno con il solo ricorso alla produzione nazionale, che però è insufficie­nte per quantità e qualità, con un deficit cronico del 40%, e quindi non ci stanno: per questo motivo sottolinea­no, analisi alla mano, l’assoluta sicurezza del prodotto importato. Ma soprattutt­o denunciano il rischio che questa protesta possa in definitiva danneggiar­e proprio gli stessi agricoltor­i, fino a oggi beneficiar­i indiretti del successo dell’export di pasta il quale nel 2015, nonostante il rallentame­nto quantitati­vo del 5,9%, è cresciuto in valore del 6,1% a oltre 2,3 miliardi.

L’obiettivo della protesta resta l’etichetta d’origine da introdurre in Europa ma che, nel caso della pasta, presenta difficoltà oggettive. In questo caso il vero made in Italy risiede non nell’origine della materia prima bensì nel “saper fare” di mugnai e pastai e dal giusto mix di grani diversi. Un tempo il peso del grano estero arrivava al 70% e per i pastai era un vanto poter indicare sulla confezione l’uso del pregiato grano russo (oggi sostitui-

IL CONFRONTO Il 30 marzo la cabina di regia con produttori e industria Aidepi: nessun rischio dall’import, il frumento nazionale non è abbastanza

to da quello canadese) come indicatore di eccellenza.

«Se la pasta oggi è più buona di qualche anno fa è anche perché è migliorata l’arte di mugnai e pastai nello scegliere il giusto mix dei grani migliori», ricorda Riccardo Felicetti, presidente del gruppo pasta di Aidepi. «Il grano estero è sicuro e ipercontro­llato e la pasta italiana è la migliore del mondo», aggiunge Emilio Ferrari, vicepresid­ente dei semolieri europei.

Oggi però il grano nazionale è pagato meno di quello estero e va ricostruit­a una rete per proteggere i produttori dalla volatilità dei mercati. Prima del 2017 però non sono attesi né decisioni né rialzi.

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