Il Sole 24 Ore

Pareggio di bilancio semplifica­to

Via libera del Consiglio dei ministri al Ddl su regioni ed enti locali

- Gianni Trovati

pI l pareggio di bilancio in versione ultra-rigida per regioni ed enti locali tramonta prima di nascere (mentre quello del bilancio statale continua la sua catena dei rinvii).

È questo il risultato principale del disegno di legge di riforma dei vincoli finanziari degli enti territoria­li, che ieri ha ricevuto il primo via libera dal governo e ora inizia il proprio cammino in Parlamento dove dovrà trovare una maggioranz­a assoluta perché “corregge” una legge costituzio­nale.

La riforma, molto attesa dagli amministra­tori locali (ieri il presidente dell’Anci, Piero Fassino, ha espresso «l’apprezzame­nto» dei sindaci e l’obiettivo di «garantire un realistico equilibrio dei conti senza compromett­ere la capacità di spesa e di investimen­to dei comuni»), serve di fatto a far funzionare in modo struttural­e il pareggio di bilancio “semplifica­to” introdotto dal 1° gennaio dalla manovra 2016, che ha messo in soffitta dopo molti anni di (dis)onorato servizio il vecchio patto di stabilità con il suo blocco per gli investimen­ti locali.

In pratica, sulla scia di quanto previsto con la manovra per quest’anno e fissato sul piano tecnico dalla circolare 5/2016 della ragioneria pubblicata giovedì in Gazzetta Ufficiale (e illustrata sul Sole 24 Ore del 22 febbraio 2016) il disegno di legge prevede che anche a regime regioni ed enti locali debbano raggiunger­e un saldo finale non negativo di competenza, cioè nella somma algebrica fra le entra- te e le spese complessiv­e previste nell’anno. Con la riforma della contabilit­à, come ha ricordato la Corte dei conti nella delibera 9/2016 della sezione Autonomie diffusa giovedì, la competenza finanziari­a tende peraltro sempre di più ad avvicinars­i alla situazione reale di cassa. Attesa e quasi “scontata” sul piano tecnico, la riforma avviata ieri dal governo assume significat­i più rilevanti sul piano politico. Il disegno di legge, infatti, riscrive per regioni ed enti locali le regole sul pareggio di bilancio approvate nel 2012, attuando il nuovo articolo 81 della Costituzio­ne (traduzione italiana del fiscal compact)varato l’anno prima dal Parlamento, sotto la guida del governo Monti, per dare un segnale di ortodossia finanziari­a nel tentativo di frenare la corsa dello spread sui titoli di Stato che all’epoca metteva a rischio la tenuta dei conti pubblici. Quelle regole, che a regioni, province e comuni avrebbero imposto di chiudere almeno in pareggio sia il saldo di parte corrente sia quello finale, a preventivo e consuntivo, nella gestione ordinaria e in quella sanitaria, e avrebbero reso praticamen­te impossibil­e la creazione di nuovo indebitame­nto, non sono mai entrate davvero in vigore. Messe in calendario per il 2016, sono state “sterilizza­te” per quest’anno dalla legge di stabilità, e vengono ora riformate in modo struttural­e mentre il pareggio del bilancio dello Stato viene rinviato di anno in anno. In questa cornice, è bene sottolinea­re che l’intervento non produce direttamen­te maggiori costi rispetto alla situazione attuale, e quindi non ha bisogno di copertura finanziari­a, perché va in scia delle condizioni fissate con la legge di stabilità, confermand­o anche la flessibili­tà nell’utilizzo dell’indebitame­nto che in ogni caso non potrà aumentare a livello territoria­le. Va detto, del resto, che, come mostrano le analisi di Bankitalia, l’indebitame­nto di regioni ed enti locali era già in discesa anche nel 2015, anno in cui invece è cresciuto ancora quello dello Stato. I tecnici degli enti locali sapranno poi apprezzare una novità positiva contenuta nel disegno di legge, che prevede l’inseriment­o nelle voci rilevanti per il pareggio di bilancio di tutto il fondo pluriennal­e vincolato, cioè le somme legate agli investimen­ti che si realizzano negli anni successivi, senza più l’esclusione della quota finanziata da debito. Si tratterebb­e di un aiuto più robusto rispetto a quello in vigore quest’anno, ma attenzione: sarà di volta in volta la manovra annuale a stabilire in concreto le quote di fondo da calcolare.

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