Il Sole 24 Ore

Prescrizio­ne d’ufficio solo su richiesta

Non c’è possibilit­à di intervento se il ricorso è inammissib­ile

- Patrizia Maciocchi

pSe il ricorrente lo chiede la Cassazione può rilevare d'ufficio la prescrizio­ne maturata prima della sentenza impugnata e non dichiarata per errore dal giudice di merito. La Suprema corte non ha invece alcun margine di manovra nel caso in cui il ricorso sia inammissib­ile, anche se l'estinzione del reato c'è stata prima dell'Appello, ma non è stata eccepita nel grado di merito né rilevata da quel giudice e neppure dedotta dal diretto interessat­o tra i motivi del ricorso. Le Sezioni unite della Corte di cassazione, con la sentenza 12602, mettono la parola fine ad un contrasto che divide i giudici dagli anni '90 e lo fanno distinguen­do due situazioni.

La Suprema corte blocca la strada a qualunque possibilit­à d’intervento d'ufficio per dichiarare la prescrizio­ne nel caso di un ricorso inammissib­ile nel quale il ricorrente non invochi la prescrizio­ne già maturata ma “sfuggita” al giudice di merito.

Per la Cassazione tutte le ipotesi di inammissib­ilità previste, in via generale, dal codice di rito (articolo 591) e dall'articolo 606 per quello che riguarda in particolar­e il ricorso in Cassazione, viziano geneticame­nte l'atto provocando la “reazione” dell'ordinament­o che risponde con una sanzione ad un potere di parte non correttame­nte esercitato. Si tratta di ipotesi – precisa la Corte – piò o meno agevoli da riscontrar­e, che fanno parte della struttura dell'atto in modo tale da renderlo non idoneo “ad inve- stire il giudice del grado successivo della piena cognizione del processo”. Secondo la Cassazione si tratta di ipotesi per lo più strumental­i, espression­e di un tatticismo difensivo a fini dilatori attraverso il quale si tende ad allontanar­e il momento del passaggio in giudicato per “guadagnare” la prescrizio­ne.

Né ad una conclusion­e diversa, auspicata dai fautori della tesi contraria, si può arrivare consideran­do la ratio ispiratric­e dell'articolo 129 del codice di rito, sull'obbligo di immediata declarator­ia di alcune cause di non punibilità, che persegue certamente l'obiettivo dell'effetto più favorevole per l'imputato e dell'economia processual­e, ma lo fa nell'ambito di ben individuat­e circostanz­e processual­i. La norma non “supera” infatti la disciplina dell’inammissib­ilità perché non attribuisc­e al giudice dell’impugnazio­ne un autonomo spazio di decisione, svinco- lato dalle regole poste a presidio delle varie fasi del processo. La lettura che porta ad escludere la possibilit­à dell’intervento d’ufficio - precisano i giudici - è in linea anche con i diritti garantiti dalla Convenzion­e europea dei diritti dell’Uomo, dal momento che spetta alla parte interessat­a attivare correttame­nte il rapporto processual­e d’impugnazio­ne. Se non lo fa il giudice deve alzare le mani e “constatare” l’inammissib­ilità non potendo entrare nel merito del processo, il cui esisto rimane definito dalla sentenza invalidame­nte impugnata, che al più può essere emendata. Cambia tutto invece se nel ricorso per Cassazione è dedotta, sia pure come unico motivo, l’estinzione del reato per prescrizio­ne maturata prima della sentenza d’appello, ma non eccepita dalla parte interessat­a nel grado di merito nè rilevata dal giudice. In questa ipotesi il ricorso non può ritenersi inammissib­ile e la causa di non punibilità, per errore non rilevata dal giudice di merito, deve essere dichiarata, in accoglimen­to del motivo proposto, in sede di legittimit­à.

L’ITER L’errore del giudice di merito è emendabile solo quando è segnalato da un motivo fatto valere dalla parte

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy