«Il terrorismo profana il nome di Dio»
Il Papa torna a scagliarsi contro i mercanti di armi e i fondamentalismi che negano la vita
«O Croce di Cristo!». È stata una lunga preghiera del Papa a chiudere la Via Crucis del venerdì santo, uno dei momenti più solenni delle celebrazioni della Pasqua cattolica, tra le rovine dell’antica Roma, tra il Colosseo e il Palatino. Una invocazione - mai pronunciata prima in questa forma alla via crucis - densa del significato profondo della pastoralità di Bergoglio, una preghiera-programma che racchiude la cifra del pontificato, che riporta tutto al centro della fede. La croce «è simbolo dell’amore divino e dell’ingiustizia umana, icona del sacrificio supremo per amore e dell’egoismo estremo per stoltezza, strumento di morte e via di risurrezione, segno dell’obbedienza ed emblema del tradimento, patibolo della persecuzione e vessillo della vittoria». C’è la condanna della guerra e della violenza specie quella in nome di Dio, della corruzione e dell’indifferenza, ma anche la difesa della croce stessa da chi la vorrebbe cancellare. Un momento che ricorda la forza dirompente della meditazione che nel 2005 recitò nella stessa occasione l’allora cardinale Joseph Ratzinger, pochi giorni prima di essere eletto pontefice, quando denunciò la «sporcizia nella Chiesa».
«O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo eretta nelle nostre sorelle e nei nostri fratelli uccisi, bruciati vivi, sgozzati e decapitati con le spade barbariche e con il silenzio vigliacco» recita il testo diffuso sulla preghiera, «ancora oggi ti vediamo nei volti dei bambini, delle donne e delle persone, sfiniti e impauriti che fuggono dalle guerre e dalle violenze e spesso non trovano che la morte e tanti Pilati con le mani lavate». Condanna «i dottori della lettera e non dello spirito, della morte e non della vita, che invece di insegnare la misericordia e la vita, minacciano la punizione e la morte e condannano il giusto» e i «ministri infedeli che invece di spogliarsi delle proprie vane ambizioni spogliano perfino gli innocenti della propria dignità», e pure «coloro che giudicano comodamente gli altri, cuori pronti a condannarli perfino alla lapidazione, senza mai accorgersi dei propri peccati e colpe». E poi entra nell’emergenza di questi tempi: «O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei fondamentalismi e nel terrorismo dei seguaci di qualche re- ligione che profanano il nome di Dio e lo utilizzano per giustificare le loro inaudite violenze, ti vediamo ancora oggi in coloro che vogliono toglierti dai luoghi pubblici ed escluderti dalla vita pubblica, nel nome di qualche paganità laicista o addirittura in nome dell’uguaglianza che tu stesso ci hai insegnato (…) ti vediamo ancora oggi nei potenti e nei venditori di armi che alimentano la fornace delle guerre con il sangue innocente dei fratelli» ribadendo quanto detto due giorni fa davanti ai migranti, quando era tornato a condannare gli interessi economici dietro ogni conflitto. Violenze a mali generati da quei «traditori che per trenta denari consegnano alla morte chiunque», dai «ladroni e nei corrotti che invece di salvaguardare il bene comune e l’etica si vendono nel misero mercato dell’immo- ralità» e dagli «stolti che costruiscono depositi per conservare tesori che periscono, lasciando Lazzaro morire di fame alle loro porte», i «distruttori della nostra casa comune che con egoismo rovinano il futuro delle prossime generazioni». Il Papa torna a condannare la cultura dello scarto verso gli anziani abbandonati, i disabili e i bimbi denutriti, e soprattutto di rifugiati, specie «nel nostro Mediterraneo e nel mar Egeo divenuti un insaziabile cimitero, immagine della nostra coscienza insensibile e narcotizzata». Ma c’è anche un grande mondo di giusti, persone «che fanno il bene senza cercare gli applausi o l’ammirazione degli altri, ministri fedeli e umili che illuminano il buio della nostra vita come candele che si consumano gratuitamente per illuminare la vita degli ultimi», suore e preti «buoni samaritani che abbandonano tutto per bendare, nel silenzio evangelico, le ferite delle povertà e dell’ingiustizia». Parla delle famiglie «che vivono con fedeltà e fecondità la loro vocazione matrimoniale, i volontari che soccorrono generosamente i bisognosi e i percossi» ma anche «i perseguitati per la loro fede che nella sofferenza continuano a dare testimonianza autentica a Gesù e al Vangelo, i sognatori che vivono con il cuore dei bambini e che lavorano ogni giorno per rendere il mondo un posto migliore, più umano e più giusto. In te Santa Croce – conclude il Papa - vediamo Dio che ama fino alla fine, e vediamo l’odio che spadroneggia e acceca i cuori e le menti di coloro preferiscono le tenebre alla luce».