La propensione al rischio sostiene i mercati globali
Momento di tregua sui listini ma presto si tornerà a parlare di rimborsi della Grecia e di referendum in Uk
pSulla carta, il prossimo trimestre delle Borse si presenta tranquillo. «Godetevelo» suggerisce agli investitori Chris Iggo, responsabile degli investimenti obbligazionari di Axa Investment Managers, perché la situazione dei mercati e le prospettive di crescita oggi appaiono migliori, mentre l’estate porterà motivi di preoccupazione. A giugno, infatti, si tornerà a parlare di rimborsi della Grecia ai creditori, a discutere di un possibile rialzo dei tassi americani prima che le elezioni invadano la scena e il referendum nel Regno Unito creerà tensione per l’eventuale – per quanto incredibile – rigetto dell’Unione Europea. Fino a quel momento, la propensione al rischio dovrebbe resistere. I timori di recessione negli Stati Uniti si sono rivelati eccessivi, sebbene il Pil sia in rallentamento. Gli ordini di beni durevoli hanno inciampato, come previsto, ma la produzione tiene e i servizi, secondo le indicazioni delle aziende per marzo, sono tornati in espansione; l’occupazione è vicina al pieno impiego e può spingere la produttività, i salari e i consumi, seppure lentamente. Anche in Europa, dove il ritmo è più modesto, le imprese segnalano un aumento dell’attività, in particolare quelle del settore servizi spinto dalla domanda interna; inoltre, la Banca Centrale Europea inizierà - proprio a giugno - a fare prestiti di lunga durata alle banche a tassi nulli o negativi e a comprare titoli di debito delle società non finanziarie, con un effetto favorevole al riavvio degli investimenti (condizioni fiscali e strutturali permetten- do). In Giappone, che soffre per il rafforzamento dello Yen, la banca centrale ha deciso di intervenire direttamente sul settore privato (attraverso strumenti legati all'immobiliare, per esempio). Gli economisti restano pessimisti solo sull’astenia dell’inflazione, finora insensibile alle cure delle banche centrali, e già ipotizzano un'altra dose extra di stimoli monetari, sia in Europa, sia in Giappone. Anche la Cina è uscita dal guado estivo; i prezzi delle case nelle grandi città si sono risvegliati e la Banca Popolare tiene sotto controllo i deflussi di capitali e la svalutazione dello Yuan, la divisa nazionale, per evitare nuovi crolli e panico. Infine, la ripresa dei prezzi delle materie prime aiuta i Paesi emergenti produttori.
Alla luce di un bicchiere economico mezzo pieno - a meno di incidenti – il ripiego dei mercati finanziari dell’ultima settimana (due nel Vecchio Continente), è compatibile con le prese di beneficio dopo un mese e mezzo di rimbalzo, che ha riportato Wall Street vicina ai massimi storici e in attivo da inizio anno. Tra l’altro, la stagione delle trimestrali sta per ripartire e gli utili 2015 delle società Usa, che rimangono il traino mondiale, in media sono scesi (a picco nel comparto energetico) e hanno battuto le attese perché erano state ridimensionate parecchio. Quindi la cautela è comprensibile, pur a fronte delle ondate di denaro stampato dalle autorità monetarie che negli anni passati hanno fatto la fortuna delle azioni a New York e ora non riescono da sole a tirare i listini ad oltranza.
Del resto, la stessa Federal Reserve sta alla finestra. I mercati, appunto, non sembrano per nulla impressionati dalle dichiarazioni aggressive di alcuni governatori Fed dei giorni scorsi, determinati a un atteggiamento restrittivo; anzi, non hanno dato credito neppure ai più accomodanti, che hanno parlato di due rialzi entro fine anno, contro i quattro annunciati qualche mese fa; tant'è che i titoli di Stato Usa a breve termine e i derivati sui tassi federali con scadenza dicembre scontano solo un rialzo di un quarto di punto scarso. Il comitato consultivo globale di Pimco (cui partecipano nomi di spicco come Ben Bernanke e Jean Claude Trichet), evidenzia che la guerra valutaria è in attenuazione: la divergenza delle politiche monetarie (in inasprimento negli Stati Uniti e in allentamento nell'Eurozona, in Giappone e in Cina) sarà limitata dall'effetto di ritorno del dollaro forte sull'economia a stelle e strisce.