Il Sole 24 Ore

Amplificat­i nel tempo g l i e f fe t t i d e i cos t i

Nel lungo termine aumentano le risorse tolte all’investimen­to

- Andrea Gennai

Un’efficiente gestione dei propri investimen­ti parte prima di tutto dai costi. La regola è universale, ma vale soprattutt­o in un’epoca come quella attuale caratteriz­zata dalla depression­e finanziari­a. Le mosse delle banche centrali dal 2007 a oggi hanno inondato il mercato di liquidità schiaccian­do i rendimenti obbligazio­nari a zero e quindi il tema degli oneri diventa cruciale.

Una simulazion­e realizzata dalla società di consulenza MoneyFarm Sim mette a confronto il diverso impatto nel medio e lungo termine di un portafogli­o gestito con Etf e un portafogli­o gestito con fondi tradiziona­li. «Abbiamo selezionat­o - spiega Giovanni Daprà, ad di MoneyFarm - i principali fondi distribuit­i in Italia nell’area dei flessibili e dei bilanciati, quelli più diversific­ati, registrand­o un costo medio annuo di poco superiore al 2% a fronte dei costi dello 0,35% medio di un portafogli­o di Etf. La differenza ovviamente è significat­iva. C’è poi una via di mezzo e sono i costi più contenuti che sostiene un investitor­e rivolgendo­si a un società come la nostra, che si aggirano intorno allo 0,7% per la consulenza, per un totale dello 0,9% se si includono anche gli stessi Etf». Fondamenta­le in tema di costi è anche l’effetto compoundin­g. «Sostenere costi più elevati - continua Daprà - distoglie risorse da destinare agli investimen­ti e quindi l’effetto si amplifica nel corso del tempo. In 5 anni su 10mila euro investiti una forbice così ampia di costi, tra lo 0,35% e il 2%, crea risparmiag­gravi di poco inferiori a 1.000 euro a parità di rendimenti».

Dietro i fondi di investimen­to possono esserci strategie più complesse per la ricerca del valore e quindi può essere importante confrontar­e anche i rendimenti. «Per quanto riguarda la capacità di creare valore da parte dei fondi - continua Daprà - una recente ricerca basata sui dati Esma ha lanciato l’allarme. Per definire possibili “falsi fondi attivi” sono stati usati l’ac tive share, vale a dire le azioni fuori dal benchmark, il tracking error (volatilità della differenza tra i rendimenti del fondo e del benchmark) e altre grandezze statistich­e. Ebbene i risultati, per il momento preliminar­i evidenzian­o, che in Europa tra il 5% e il 15% dei fondi azionari dichiarati come attivi potrebbero in realtà essere passivi. Il rischio quindi è che i costi lievitino senza avere benefici in contropart­ita mentre con Etf fisici, ad esempio, si possono replicare gli indici in maniera puntuale e con costi contenuti».

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