Il Sole 24 Ore

Banche “risolte”, i nodi di scadenza e arbitrato

Roma chiede la proroga alla Ue per la cessione prevista entro il 30 aprile Bondisti in attesa del decreto sul “ristoro”

- Nicola Borzi

C’è più di un interrogat­ivo senza risposta che emerge dai documenti sulla “risoluzion­e” di Banca Etruria, Banca delle Marche, CariFerrar­a e CariChieti. Domande che riguardano le modalità con cui Governo e Banca d’Italia hanno deciso la sorte dei quattro istituti azzerando, oltre alle azioni, risparmi per 400 milioni circa investiti da 10.500 risparmiat­ori nei bond subordinat­i delle quattro banche. Una mossa che ha scatenato il panico sul mercato dei subordinat­i bancari (quelli in circolazio­ne “valgono” 59 miliardi), di cui 31 miliardi in mano alle famiglie. Dai documenti emerge una lettera, con il via libera condiziona­to della Ue alla “risoluzion­e”, che fu inviata il 22 novembre scorso al ministero degli Esteri da Margrethe Vestager, Commissari­a europea alla Concorrenz­a e che è stata poi coperta da “omissis”. Rimosso il “bianchetto”, si scoprono le condizioni europee per approvare la procedura italiana.

Sotto gli “omissis” c’è, su tutto, la scadenza imposta da Bruxelles come condizione al suo “via libera” per vendere le quattro “nuove” banche: il prossimo 30 aprile. Se quella data non fosse rispettata, per la Ue le quattro banche dovranno cessare ogni attività tranne il recupero crediti. Fonti governativ­e riportate dalla stampa affermano che difficilme­nte la cessione delle quattro “new bank” potrà avvenire prima di settembre. Il Governo così chiede alla Commission­e Ue una proroga per completare i documenti informativ­i con le cifre da presentare ai potenziali acquirenti. Eppure gli istituti erano commissari­ati da tempo e dunque Banca d’Italia e ministero del Tesoro ne dovrebbero conoscere perfettame­nte i conti, anche perché sono stati proprio quei conti a far decidere la “risoluzion­e”. La questione riguarda centinaia di migliaia di clienti, famiglie e imprese, “traslocati” d’ufficio — come d’ufficio è il segreto su troppi passaggi di questa vicenda — dalle “vecchie” alle quattro “nuove banche”: se per caso Bruxelles non concedesse la proroga, cosa accadrebbe dopo il 30 aprile a chi ha conti, prestiti, mutui, fidi?

Il Governo dovrebbe emanare a giorni il decreto per gestire gli arbitrati e “ristorare” almeno parzialmen­te le perdite dei risparmiat­ori coinvolti nella “risoluzion­e”. Le ipotesi impazzano ma non c’è nulla di certo. Eppure le alternativ­e per evitare la “risoluzion­e” esistevano e sarebbero state meno dirompenti sia per i risparmiat­ori coinvolti che per il sistema creditizio. «La svalutazio­ne al 17,6% del valore facciale delle sofferenze delle quattro banche “risolte”, decisa da Banca d’Italia il 22 novem- bre scorso in sede di risoluzion­e contro il 40% della valutazion­e a bilancio, è stata punitiva e priva di asseverazi­one da parte di terzi indipenden­ti», afferma Alvise Aguti, consulente del comitato Risparmiat­ori vittime del “salva banche”. «Se invece fosse stata seguita la strada della liquidazio­ne coatta amministra­tiva delle quattro banche, il liquidator­e avrebbe avuto a disposizio­ne istituti senza crediti deteriorat­i che avrebbe potuto cedere a valori superiori a quelli di bilancio. Per le sofferenze restate nella bad bank, grazie ai benefici fiscali creati dalla risoluzion­e nel caso di Banca Etruria basterà un recupero superiore al 26% dei non performing loans per rimborsare tutti i debiti verso il Fondo di risoluzion­e. Banca d’Italia ha raccolto i dati dei 25 maggiori gruppi bancari: nel periodo 2011-14 il recupero medio sulle sofferenze, al lordo delle spese di gestione crediti è stato del 41%. Dunque un liquidator­e, solo dalla gestione delle sofferenze, per quanto riguarda Banca Etruria e Banca delle Marche avrebbe potuto recuperare l’intero valore perso dai bondisti e forse anche compensare almeno parzialmen­te la perdita subìta dagli azionisti», conclude Aguti.

Insieme alle domande irrisolte, resta una vicenda — compresa la scadenza sulle new bank — che non è affatto stata ancora “sminata”. Ma la stabilità del settore creditizio e le esigenze di investitor­i e risparmiat­ori richiedono invece risposte sicure e tempi certi, per evitare i rischi di nuovi e ancora più deleteri scossoni.

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