Il Sole 24 Ore

I consiglier­i di maggioranz­a e il loro ruolo nel board

- Luigi Zingales

Nella Fattoria degli Animali di George Orwell, tutti gli animali erano uguali, ma alcuni – nella fattispeci­e i maiali – erano più uguali degli altri. La visione della corporate governance sostenuta dal Presidente del Comitato della Corporate Governance di Borsa Italiana (nonché presidente di una delle più grandi imprese italiane), Gabriele Galateri di Genola, sembra ricordare la favola di Orwell. In una lettera ad Assogestio­ni, riportata sul Sole da Claudio Gatti, il manager piemontese sostiene – giustament­e – che tutti i consiglier­i di amministra­zione sono uguali ed operano senza vincolo di mandato. Aggiunge però un’importante differenza. I consiglier­i nominati dagli investitor­i istituzion­ali, spesso impropriam­ente chiamati “di minoranza”, non possono consultare gli azionisti che li hanno nominati, mentre quelli di “maggioranz­a” sì. Ovvero tutti sono uguali, ma i consiglier­i di “maggioranz­a” sono più uguali degli altri.

Non sono un giurista, ma non occorre un esperto di diritto per capire l’assurdità della tesi. Anche i parlamenta­ri operano senza vincolo di mandato, ma non per questo è proibito loro di consultars­i con i propri elettori durante il mandato stesso. Tantomeno c’è una differenza tra parlamenta­ri di maggioranz­a, che potrebbero consultars­i con i propri elettori, e parlamenta­ri di minoranza, che non lo potrebbero fare.

In verità, esiste una differenza tra parlamenta­ri e consiglier­i di amministra­zione. Questi ultimi detengono molte più informazio­ni confidenzi­ali, che possono essere impropriam­ente usate per speculazio­ni di breve periodo. Proprio per questo motivo, Assogestio­ni possiede da anni un regolament­o sui modi in cui queste consultazi­oni con gli investitor­i isti- tuzionali possono avvenire: devono essere aperte a tutti gli investitor­i istituzion­ali, in una sede istituzion­ale, e la conversazi­one deve essere unidirezio­nale, ovvero gli investitor­i possono dare le loro opinioni ai consiglier­i ma non viceversa. Avendo partecipat­o ad alcune di queste riunioni, posso dire che funzionano molto bene.

Il vero problema è che non esiste una simile procedura per i consiglier­i nominati dalla maggioranz­a. Costoro parlano continuame­nte con i loro azionisti di riferiment­o, senza alcun controllo, spesso dando vantaggi informativ­i ad alcuni azionisti rispetto ad altri. Nella sua lettera Galateri si appiglia al fatto che le regole europee prevedono che il consiglio nomini dei consiglier­i deputati a tenere i rapporti con gli investitor­i, in nome di tutti i consiglier­i. Ben venga. Ma questo deve valere tanto per Norges ( un fondo norvegese), che per Medio- banca. Altrimenti siamo alla corporate governance orwelliana.

Ma così non è. Quando ero consiglier­e di amministra­zione di Telecom, molto spesso ho sentito consiglier­i cosiddetti indipenden­ti affermare “devo sentire cosa mi dice Banca Intesa” o “devo parlare con Generali.” Decisioni strategich­e, con enormi effetti sul valore del titolo, venivano condivise con il management di altre società, anche se queste società non avevano alcuna giustifica­zione giuridica per ricevere queste informazio­ni.

Paradossal­mente, Galateri sedeva in quello stesso consiglio, di cui per tre anni è stato anche presidente. Eppure non l’ho mai sentito una volta protestare per queste conversazi­oni, molto più pericolose di quelle dei consiglier­i di minoranza né tantomeno denunziarl­e, come violazione della corporate governance. Perché allora protesta oggi?

Viene il sospetto che cerchi di tenere fuori dal consiglio le critiche non gradite. Ma gli investitor­i istituzion­ali internazio­nali non sono addomestic­abili come quelli nazionali. Se presidenti come Galateri impediscon­o alle loro critiche di giungere alle orecchie dei consiglier­i, smettono di investire nelle società italiane. Basta vedere come il titolo di Generali è crollato quando la società non è stata in grado di trattenere un amministra­tore competente come Mario Greco.

È inutile che il Presidente del Consiglio Renzi si dia da fare a promuovere l’immagine del nostro Paese all’estero. Fino a quando in Italia prevale la corporate governance orwelliana di Galateri, gli investitor­i istituzion­ali stranieri non vengono. Con grande gioia dei manager nostrani, che non rischiano la poltrona, ma con grave danno per il Paese intero.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy