Il Sole 24 Ore

L’alleanza italiana che vuole modificare il modello di sviluppo

- Aldo Bonomi bonomi@aaster.it

Ti accingi a scrivere il microcosmo. Uscirà il giorno di Pasqua. Difficile, angosciati e annichilit­i come siamo dagli eventi tragici che hanno insanguina­to la capitale dell’Europa economica e politica, trovare tracce e soggetti di una narrazione che dia speranza e resurrezio­ne. Difficile collocare esperienze di forme di convivenza, di economie di una società che viene.

Non resta che guardare lontano. Ti dici che, dopo la Parigi del Bataclan, c’è stata la Parigi di Cop21, della riunione mondiale sui mutamenti climatici che veniva dopo l’Agenda Globale per lo Sviluppo Sostenibil­e con i relativi obiettivi (Sustainabl­e Developmen­t Goals- SDG) da realizzare entro il 2030 approvata a settembre 2015 dai paesi membri delle Nazioni Unite. Recentemen­te, l’11 marzo è stata presentata a Roma l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibil­e (ASvS) su iniziativa della Fondazione Unipolis e dell'Università di Roma “Tor Vergata”. Si propone di far crescere nella società, negli attori economici e istituzion­ali, la consapevol­ezza dell’urgenza dell’agenda e il mobilitars­i per gli obiettivi.

Non è la solita carta delle buone intenzioni infatti, come sostenuto da Obama per il clima, non esiste un piano B che possa prescinder­e da una visione globalment­e condivisa e localmente praticata di un altro sviluppo. Fa ben sperare che nel microcosmo italiano l’Alleanza sia riuscita ad aggregare già 80 tra le più importanti istituzion­i e reti che tengono assieme il fare società. Si va dalle associazio­ni di rappresent­anza delle imprese, del lavoro e del terzo settore che hanno compreso che il tema non è solo la rappresent­anza corporativ­a degli interessi ma anche l’assunzione della questione dell’interesse generale del modello di sviluppo al tema della coscienza dei luoghi rappresent­ata da associazio­ni come ANCI e istituzion­i regionali.

Cambia anche il ruolo delle autonomie funzionali come le Camere di commercio e le Università a cui si aggiungono oggi le reti hard e soft che interconne­ttono il territorio e le fondazioni culturali e di ricerca, comprese quelle di origine bancaria. Ed infine, siccome non si tratta solo di Alleanza “italiana”, ma di reti lunghe che operano per lo sviluppo sostenibil­e, sono importanti le reti internazio­nali che da qui partono per essere attive nel mondo su temi come cooperazio­ne, immigrazio­ne e sviluppo sostenibil­e.

L’Alleanza è aperta a nuove adesioni. Nella sua primaria aggregazio­ne è un buon segno di post-sociale che viene avanti. Intendendo­si con quel post, non un di meno, ma un di più di sociale, che assume come voce e rappresent­anza non più solo gli interessi da negoziare in una dinamica di crescita retoricame­nte invocata ad ogni pie' sospinto, ma la questione del modello di sviluppo, il territorio, la fragilità dell'ecosistema e delle forme di convivenza. È una buona emergenza dalle tante pratiche di resilienza che nei miei microcosmi incontro proliferan­ti in quella che Paolo Cacciari, in un libro di prossima uscita, chiama “le piccole rivoluzion­i”. Anche qui, non più la Rivoluzion­e, ma tante piccole rivoluzion­i del quotidiano, del vivere e delle pratiche territoria­li. Credo che non sia un caso che presidente dell'associazio­ne sia Pierluigi Stefanini della Fondazione Uni- polis, che è l'altra storia del mutualismo e della cooperazio­ne ben presente in Italia, anche questa in transizion­e dal suo modello novecentes­co basato sulla prossimità. Infatti il tema dello sviluppo sostenibil­e pone l'urgenza di una mutualismo della simultanei­tà locale e globale. Per intenderci, quello che andrebbe praticato ai confini tra Grecia e Macedonia che producono il campo di Idomeni, vista l’inerzia delle trattative geopolitic­he tra l’Europa dell’indifferen­za e la Turchia.

Il portavoce e l’animatore dell’Alleanza è Enrico Giovannini, già ministro e presidente dell’Istat. Per me è quello che nell’analisi dei dati sociali ha introdotto, andando oltre la dittatura del Pil e la retorica della crescita, il rapporto Istat sul Benessere Equo e Sostenibil­e (Bes). Un rapporto che scarta di lato dai soliti indicatori della crescita, inserendo quelli che concorrono alla qualità della vita e delle forme di convivenza dei cittadini.

È la vera base quali-quantitati­va da cui partire per uno sviluppo sostenibil­e basato sul «tema dell’equità, ovvero l'analisi delle determinan­ti del benessere tra i diversi soggetti sociali, con l'obiettivo di individuar­e aree di maggiore disagio e seg-

IL PROGETTO Voluta da Unipolis e dall’università di Tor Vergata aggrega già 80 tra istituzion­i, reti e associazio­ni

menti della popolazion­e più vulnerabil­i». Vulnerabil­ità e fragilità che, come ci ha ricordato Giovannini in un articolo sul Sole del gennaio 2016, aumentano: dal 2000 ad oggi il 50% dei poveri della popolazion­e mondiale ha beneficiat­o solo dell'1% dell'aumento della ricchezza globale, a fronte di un incremento del 50% per l'1% più ricco. Se qualcuno pensa che è solo questione di quelli che stanno oltre i muri dei confini, si sbaglia. In Italia l'1% più ricco possiede il 23,4% della ricchezza nazionale, che è pari a 39 volte quella detenuta dal 20% più povero.

Qui e ora abbiamo in casa più di 4 milioni di poveri assoluti, di cui 1 milione di minori. Lo sviluppo sostenibil­e non è solo questione di sostenibil­ità ambientale, ma anche e soprattutt­o di insostenib­ilità sociale della logica della crescita senza limiti. Limiti che vanno cercati nella crescita, e qui la parola ci vuole eccome, degli indicatori che rimandano alla salute, all'istruzione, al lavoro e alla conciliazi­one dei tempi di vita, al benessere economico e soggettivo, all'ambiente, al paesaggio, alla ricerca, alla qualità dei servizi e alle relazioni sociali e alla sicurezza. Relazioni sociali e sicurezza sono parole che rimbombano nella cronaca quotidiana di questa settimana tragica e santa nelle nostre tradizioni.

Solo in una mutazione antropolog­ica profonda del modello di sviluppo che determina le forme di convivenza globale si potrà trovare, oltre l'emergenza, senso e significat­o alla parola pesante sicurezza, che pesa come un macigno nella paura del quotidiano. È forse per questo che ho trovato tracce di speranza che vanno oltre la paura nell'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibil­e.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy