Popolare Vicenza, rosso da 1,4 miliardi
I soci approvano i conti e l’opera di pulizia - Iorio: la gestione ordinaria è sorprendentemente positiva
L’assemblea degli azionisti di Banca Popolare di Vicenza, la prima assise da società per azioni, ha approvato il bilancio consolidato del 2015, con il voto favorevole dell’89,52% del capitale presente in assemblea, in rappresentanza del 10,96% del totale, corrispondente a circa 11 milioni di azioni. I voti contrari hanno raggiunto il 6,2%, mentre gli astenuti il 4,27%.
Passaggio obbligato, quello di ieri, per proseguire nell’iter verso aumento di capitale e quotazione in Borsa, ma non indolore, per le critiche sui risultati negativi registrati lo scorso anno, per le contestazioni sulle politiche di remunerazione e incentivazione e per l’esito della discussione sull’azione di responsabilità, prima messa in votazione e poi respinta (si veda articolo in pagina).
Il bilancio 2015 si chiude con una perdita di 1,407 miliardi di euro, a causa principalmente dell’incremento del costo del credito, passato da 900 milioni nel 2014 a 1,3 miliardi del 2015, comprensivi di 450 milioni di capitale finanziato, della svalutazione degli avviamenti e dell’accantonamento di 513 milioni al fondo rischi e oneri. Gli impieghi dalla clientela si sono ridotti da 28,1 miliardi del 2014 ai 25,2 del 2015 (-10,4%, meno 2,9 miliardi), ma l’andamento commerciale registra una riduzione di 1,2 miliardi, il resto sono crediti ritenuti inesigibili. La raccolta diretta ha perso 8,4 miliardi (-8,7%) – di cui 1,8 miliardi, però, sono trasferiti nella cassa compensazione garanzia, quindi si è passati da 28,6 miliardi a 21,9. Dei restanti 7 miliardi circa, la parte di effettiva perdita di clientela si identifica con 4 miliardi. La raccolta indiretta ha sostanzialmente tenuto, registrando una riduzione del 2,45%. I costi hanno avuto un incremento sensibile, il 12,7%, comprensivi anche del contributo per il salvataggio delle quattro banche italiane commissariate. Lo stock del credito deteriorato netto passa da 4.201 milioni del 2014 ai 5.320 del 2015 (+26,6%). Le coperture complessive sui crediti deteriorati sono passate dal 37,9% al 42,4%, livello giudicato medio-alto.
Aspri i commenti dei soci: «Paiono insufficienti queste rettifiche sui crediti – ha detto Maddalena Reghelin -. Non sarà sufficiente un aumento di capitale per rimettere in sesto la banca». «È diminuito il margine di interesse complessivo – ha dichiarato Luigi Ugone, dell’associazione “Noi che credevamo nella banca popolare di Vicenza” – fate pagare di più soldi e servizi». «Il fondo rischi messo a bilancio è risicato», ha aggiunto Barbara Venuti. Ribatte l’amministratore delegato Francesco Iorio: «L’aumento di capitale (da 1,75 miliardi, ndr) non risolve il problema ma mette la banca nelle condizioni di risolvere il problema». «La gestione ordinaria è sorprendentemente positiva, il margine di interesse è nettamente superiore a quello di altre banche». Quanto ai crediti deteriorati (5,3 miliardi quelli netti e 9 lordi) «è vero, è un dato non bello da gestire, ma anche banche vicine a noi hanno dati simili». E ancora: «Mi auguro che il bilancio 2015 possa rappresentare un punto di ripartenza importante per questa banca, l’enorme ammontare di accantonamenti 2,3 miliardi mi fa essere fiducioso».
L’amministratore delegato ha tranquillizzato anche su un altro punto fondamentale: le indiscrezioni circa la possibilità che Unicredit possa tirarsi indietro dalla garanzia data in merito all’aumento di capitale. «Credo che Unicredit tenga fede a quello che in qualche modo è stato concordato, sappiamo tutti che le condizioni di mercato sono tutt’altro che favorevoli. Per affrontare l’aumento bisogna mettere l’elmetto e cercare di convincere il più possibile gli investitori».
Altro fronte contestato è stato quello delle remunerazioni, secondo punto all’ordine del giorno: nel 2015 la banca ha pagato 2,675 milioni di euro di bonus d’ingresso una tantum a sei dirigenti, inclusi Iorio e De Francisco, e 5,2 milioni di buonuscita a cinque ex dirigenti. La più consistente, pari a 4 milioni di euro, è stata riconosciuta all’ex amministratore delegato Samuele Sorato, che ne ha incassati già due e incasserà gli altri due con differimento triennale. Per l’ex ad, indagato con Zonin per ostacolo all’attività di vigilanza e aggiotaggio, il compenso complessivo del 2015 (si è dimesso il 12 maggio) è stato di 4,6 milioni. La banca «si è riservata di agire per il recupero» di 4,81 milioni di buonuscite, è riferito nel prospetto, approvato con il 72,76% dei voti favorevoli.
Ora, però, si pensa all’immediato, al complesso aumento di capitale entro aprile – i primi del mese sarà fissata la forchetta del prezzo – e allo sbarco sul listino. «L’aumento di capitale – ha detto il presidente Stefano Dolcetta - è condizione necessaria per superare le debolezze patrimoniali. Il rilancio prevede chiarezza di obiettivi, trasparenza di gestione, fiducia e sostegno dell’azionariato».
LE RASSICURAZIONI Il ceo conferma gli impegni di garanzia sull’aumento: «Credo che Unicredit tenga fede a quello che in qualche modo è stato concordato»