Francesco: «La speranza è il dono che ci fa Dio»
Ieri notte la veglia pasquale con il battesimo per 12 persone
La Chiesa deve «suscitare e risuscitare la speranza nei cuori appesantiti dalla tristezza, in chi fatica a trovare la luce della vita», altrimenti «saremmo una struttura internazionale con un grande numero di adepti e delle buone regole, ma incapace di donare la speranza di cui il mondo è assetato». Francesco, nell’omelia della celebrazione della veglia della notte di Pasqua, va al cuore della fede, e ripete – come altre volte fatto in passato – che la Chiesa non è una ong o una multinazionale di buoni propositi o di opere di bene. «Dimentichi di noi stessi, come servi gioiosi della speranza, siamo chiamati ad annunciare il Risorto con la vita e mediante l’amore» dice il Papa, che prima della messa ha partecipato al rito nell’atrio della Basilica di San Pietro con la benedizione del fuoco e la preparazione del cero pasquale. Alla processione con il cero pasquale acceso e il canto dell’«Exultet» – una delle liturgie più solenni della chiesa cattolica – ha fatto seguito anche il battesimo di 12 persone provenienti da Italia, Albania, Camerun, Corea, India e Cina.
Basilica piena in un contesto di massima sicurezza – sia ieri sera che oggi per la messa e l’Angelus in piazza San Pietro (e anche domani per il Regina Coeli del lunedì) dopo la strage di Bruxelles, garantito dalla Gendarmeria Vaticana, comandata da Domenico Giani, in stretta collaborazione con le forze dell’ordine italiane, come previsto dai trattati bilaterali e dagli accordi di mutua assistenza.
Il tema del fondamentalismo terroristico non è stato toccato ieri sera dal Papa: lo ha aveva affrontato la sera prima nella preghiera della via crucis del venerdì santo quando aveva condannato «i seguaci di qualche religione che profanano il nome di Dio e lo utilizzano per giustificare le loro inaudite violenze». Così come i potenti e i venditori di armi «che alimentano la fornace delle guerre con il san- gue innocente dei fratelli e danno da mangiare ai propri figli pane insanguinato».
Ma è la speranza la forza dei credenti, dice il Papa: «Anche noi, come Pietro e le donne, non possiamo trovare la vita restando tristi e senza speranza e rimanendo imprigionati in noi stessi» dice, spronando a uscire dall’angoscia e dalla mancanza di speranza: «Che il Signore ci liberi da questa terribile trappola, dall’essere cristiani senza speranza (…). Vediamo e vedremo continuamente dei problemi vicino a noi e dentro di noi. Ci saranno sempre, ma questa notte occorre illuminare tali problemi». Il tutto per Francesco «è il fondamento della speranza, che non è semplice ottimismo, e nemmeno un atteggiamento psicologico o un buon invito a farsi coraggio. La speranza cristiana è un dono che Dio ci fa, se usciamo da noi stessi e ci apriamo a Lui».
Sul tema dei migranti è intervenuto il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, che ha tenuto le meditazioni della via crucis. In in un intervento sull’«Osservatore Ro- mano» ha scritto: «Oggi, in molte regioni del mondo, i campi profughi sono ormai diventate delle città invisibili. O meglio: delle città tragicamente visibili per chiunque vi entri in contatto, ma totalmente assenti dalle cartine geografiche». Per il porporato «i campi dei rifugiati sembrano rappresentare l’emblema doloroso di una Pasqua incompiuta. La strada del calvario sembra non essere ancora finita. Le condizioni in cui si trovano a vivere questi esuli assomigliano molto di più a un “inferno” che a un lembo di Paradiso. Una distesa di fango e disperazione ai margini dell’Europa. Una distesa di miseria e dolore in bilico tra l’indifferenza e molte parole al vento». Inoltre il cardinale – toscano di nascita e fiorentino di formazione – a proposito della Pasqua ha scritto che Giorgio La Pira, il sindaco di Firenze che aveva riscoperto la fede proprio in una notte della veglia pasquale (1924), ripeteva spesso che «i veri materialisti siamo noi che crediamo nella risurrezione di Cristo».