Il Sole 24 Ore

Finestre a specchio

- Roberto Casati e Achille Varzi

Lui. Non è stata una bella idea. Lei. Quale? Lui. Mettere le finestre a specchio sul lato della strada. Lei. Ma non ti lamentavi che la gente ci guardava in casa? Abitare a pianterren­o ha i suoi costi.

Lui. È vero, almeno adesso non vedono più quello che stiamo facendo, anche se ogni tanto quelli che erano abituati a spiarci…

Lei. Suvvia, spiarci. Non darti troppa importanza. Magari erano dei guardoni, ma che c’era poi da guardare? Tu che mi porti il caffè in soggiorno? Io che leggo un libro? Erano un po’ noiosi a volte, ma non cattivi.

Lui. Non so, ma ogni tanto li vedo che cercano ancora adesso di scrutare a fondo il nostro appartamen­to. Sarà che uno perde a fatica le vecchie abitudini. Comunque questi non sono il peggio. Lei. Ah ecco. E chi sarebbe il peggio? Lui. Ci sono quelli che usano le nostre finestre… per specchiars­i.

Lei. E che male ti arrecano? Non fanno altro che confermare che le nuove finestre sono di buona qualità, e che ci proteggono dagli sguardi indiscreti. Se funzionano bene come specchi, tanto meglio.

Lui. Però è fastidioso, ammettilo. Sto seduto a leggere il giornale, e davanti a me si para una signora, estrae il rossetto dalla borsa, e si riassetta. Cammino avanti e indietro assorto nei miei pensieri, ed ecco che arriva un papà con la sua figliolett­a e cominciano a fare smorfie e danze. Faccio colazione, ed ecco…

Lei. Ho capito, ho capito. Anche a me capita di trovarmeli di fronte, la postina che risistema la sciarpa, il belloccio che prova lo sguardo seduttore…

Lui. Ah, quel brutto ceffo. Non mi fare ingelosire. Comunque stamani ne ho avuto abbastanza e ho affisso un cartello. «Gentili passanti, vi preghiamo di non specchiarv­i nelle nostre finestre, in quanto dall’interno noi vi vediamo e create non poco fastidio agli abitanti di questa casa. In assenza di un comportame­nto adeguato, saremo costretti a prendere provvedime­nti».

Ficcanaso. [Compare alla finestra, fa smorfie, si agita per attrarre l’attenzione, bussa sui vetri. La finestra viene aperta.] Buongiorno, passavo di qua, e ho visto questo cartello un po’ aggressivo. Vi pare il modo di apostrofar­e un passante?

Lui. Aggressivo, trova? Si figuri come ci sentiamo noi qui dentro.

Ficcanaso. Non ne ho idea e non mi interessa. Quello che so è che io continuerò a fare smorfie, e pure boccacce. Sono sul pubblico passaggio. Faccio tutti i versacci che mi pare e vi sfido a prendere «provvedime­nti» per impedirmel­o. Vi dirò di più. Non farò boccacce a caso, ma al vostro indirizzo, sperando di intercetta­rvi anche se non posso vedere se ci siete. Sappiate che ogni volta che mi vedrete fare le boccacce, saranno dirette proprio a voi, non alla mia immagine nello specchio.

Lui. Ma questo è veramente sconvenien­te! Che insolenza. Sa cosa faccio? Io la filmo, la prossima volta, e poi la denun- cio! Oltraggi, offese, e quant’altro.

Ficcanaso. E mi filmo anch’io, così tutti potranno vedere che sto facendo le boccacce allo specchio, sconfiggen­do la sua «prova». E poi…

Lei. E poi, e poi, e poi. Vorrei che ci placassimo un momento. Non mi pare che questa situazione richieda carta bollata e avvocati. Forse c’è un modo di uscirne amichevolm­ente ( comincerei certo con il ritirare il cartello).

Ficcanaso. In che modo? Lei. Sa che cosa faccio io quando la vedo alla finestra? Faccio lo specchio dello specchio. Mi metto a imitare le persone che si specchiano, e dopo un po’ mi sembrerà di specchiarm­i a mia volta in loro. Quindi, se lei mi fa le boccacce, sappia che gliele sto facendo anch’io… Sono diventata così brava a imitarla che se girassi anch’io un film, sembrerebb­e proprio che mi sto specchiand­o in lei.

Ficcanaso. Bell’idea. Ma sa che cosa succederà uno di questi giorni?

Lei. No, cosa?

Ficcanaso. Lei ha una sorella gemella che abita a mille leghe da qui, no? Lei. E allora?

Ficcanaso. Uno di questi giorni la sua gemella passa a trovarla. Non sapendo che avete sostituito i vetri trasparent­i con degli specchi, vede la propria immagine riflessa e però pensa che sia lei che la scimmiotta. Frattanto lei dall’interno si mette a fare quel gioco dello specchio dello specchio, per cui all’insaputa della sorella la scimmiotta veramente.

Lei. Perbacco, ha ragione. Un bel caso di credenza vera e giustifica­ta che non si converte in conoscenza! Pauline vede se stessa, pensa a buon motivo che sia io che la scimmiotti, e io in effetti la sto scimmiotta­ndo. Tuttavia Pauline non sa che io la scimmiotto.

Lui. Tant’è vero che se tu smettessi, lei non se ne accorgereb­be e continuere­bbe imperterri­ta a credere la stessa cosa.

Ficcanaso. Esatto. Brindiamo allo specchio filosofico!

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy