Il Sole 24 Ore

Le due anime di Cartesio

La tensione tra le «Meditazion­i» e i libri non pubblicati in vita ( per paura dell’Inquisizio­ne) «Uomo» e «Mondo»

- di Fr a n co Giud ice

«C ome gli attori, accorti a non fare apparire l’imbarazzo sul volto, vestono la maschera, così io, sul punto di calcare la scena del mondo, dove sinora sono stato spettatore, avanzo mascherato( larvatuspr­odeo )». L’ autore di questa frase ormai celebre è Cartesio, una figura chiave della rivoluzion­e intellettu­ale del XVII secolo. Si trova all’inizio di un suo quaderno personale di appunti, una sorta di diario intimo, e reca la data del primo gennaio 1619.

Una frase giovanile dunque che, nonostante le distorsion­i cui talvolta è stata sottoposta, aiuta tuttavia a capire perché diverse pagine delle sue opere e la sua stessa biografia suscitino, come ha osservato Eugenio Garin, un’indelebile «impression­e di ambiguità», quasi che il filosofo della «chiarezza» intendesse nascondere «una contraddiz­ione segreta, o un conflitto non pacato». Il che spiega forse quelle tensioni concettual­i riscontrab­ili nel suo pensiero e poi riprodotte­si in quanti, a vario titolo, se ne sono proclamati eredi.

Proprio quelle tensioni di cui si occupa ora Emanuela Scribano, apprezzata studiosa di Cartesio e del pensiero filosofico moderno. Con l’eleganza e la sobrietà che caratteriz­zano tutti i suoi lavori, Scribano cerca di individuar­e le ragioni di alcuni importanti cambiament­i introdotti da Cartesio nella sua teoria della conoscenza e nella sua analisi della percezione sensibile. E per farlo muove dall’ipotesi che essi scaturisca­no da una duplice esigenza: da un lato, sviluppare e rafforzare la fondazione metafisica della scienza; dall’altro, rendere coerente tale fondazione con la scienza medesima.

Con la scienza cioè elaborata da Cartesio nell’Uomo, la neurofisio­logia, che costituiva la seconda parte del Mondo, dove esponeva la sua fisica e la sua cosmologia. La redazione di questi due scritti, concepiti come un’opera unitaria, fu terminata tra il 1633 e il 1634. L’autore decise però di lasciarli nel cassetto: il Mondo, in seguito alla condanna di Galileo, l’ Uomo, invece, per ragioni intrinsech­e alla stessa ricerca fisiologic­a. Sarebbero stati pubblicati postumi come testi a sé stanti nel 1664, anche se una traduzione latina dell’Uomo era apparsa due anni pri- ma, e messi insieme per la prima volta soltanto nel 1677.

Queste vicende editoriali sono di estremo rilievo, poiché attestano che quando nelle Meditazion­i metafisich­e (1641) perfezionò il progetto di fondazione della scienza, Cartesio aveva ormai tracciato le linee portanti della sua fisiologia. E indicano, come fa notare Scribano, «la coesistenz­a in Cartesio di due anime parallele». Gli scenari che si vengono a delineare, quello metafisico e quello fisiologic­o, si rivelerann­o però difficili da amalgamare, creando appunto tensioni profonde, se non addirittur­a irrisolte.

Nell’Uomo, dove si proponeva di studiare la risposta del corpo umano agli stimoli provenient­i dal mondo esterno, Cartesio formulava una teoria della sensazione, dell’immaginazi­one e della memoria che era esclusivam­ente materiale. Con un obiettivo quanto mai esplicito: mostrare i poteri del corpo indipenden­temente da qualsiasi azione della mente. Al punto che il corpo umano era descritto come una macchina complessa e «intelligen­te», dotata di sistema nervoso, circolazio­ne sanguigna e cervello, in grado di reagire all’ambiente con comportame­nti funzionali alla conservazi­one della vita.

Nelle Meditazion­i egli perseguiva un obiettivo altrettant­o esplicito, che andava però nella direzione opposta: ampliare il ruolo della mente e dimostrare che anche nella conoscenza sensibile il corpo, senza un intervento attivo della mente, era impotente. Così, se nell’Uomo , per la conoscenza empirica, la mente si limitava a registrare gli eventi corporei e a tradurli in percezioni, credenze e giudizi; nelle Meditazion­i invece veniva teorizzata l’impossibil­ità della stessa conoscenza empirica, altro non essendo quest’ultima che una costruzion­e della mente.

A dire il vero, questi due aspetti della riflession­e cartesiana ebbero un debutto ufficiale già nel 1637, con la pubblicazi­one del Discorso sul metodo e dei tre saggi annessi (la Diottrica , le Meteore e la Geometria), dove venivano presentati alcuni elementi centrali della fisiologia sviluppata nell’Uomo insieme a una prima esposizion­e della sua metafisica.

Qui però il confronto, come ci spiega Scribano, si svolgeva senza particolar­i problemi, poiché il progetto metafisico di Cartesio non era ancora giunto al livello di maturazion­e delle Meditazion­i che, tra altre importanti novità, introducev­ano anche la teoria della costruzion­e mentale dell’esperienza sensibi- le. Le incoerenze tra le due anime cartesiane emersero dunque nel 1664, quando le tesi neurofisio­logiche espresse nell’Uomo divennero finalmente di pubblico dominio, e si cercò di far convivere questo “nuovo” Cartesio con quello delle Meditazion­i.

Un compito gravoso, di cui si fecero carico i principali successori del filosofo francese, alle prese con i nodi problemati­ci del suo pensiero. Scribano ricostruis­ce le tappe più significat­ive del dibattito innescato dalla difficile eredità cartesiana, analizzand­o in dettaglio le varie soluzioni avanzate da Louis de La Forge, da Gèraud de Cordemoy e da Nicolas Malebranch­e. Tre filosofi che si erano avvicinati a Cartesio, rimanendon­e conquistat­i, più per la lettura dell’Uomo che per quella delle opere da egli edite in vita. Un testo, l’Uo mo appunto, che sarebbe stato all’origine della «scelta radicale» di Spinoza: costruire una teoria della conoscenza basata esclusivam­ente sulla fisiologia cartesiana.

Emanuela Scribano, Macchine con la mente. Fisiologia e metafisica tra Cartesio e Spinoza, Carocci, Roma, pagg. 260, € 23

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Illustrazi­one di Guido Scarabotto­lo

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