Il Sole 24 Ore

È l’inizio dell’apertura

- di Nunzio Galantino

« Limite » : parola e contenuti ricchi di una affascinan­te complessit­à. Dal latino limes, connesso a limus , obliquo e limen, soglia. Il dizionario etimologic­o Rusconi fa riferiment­o a manufatti che è possibile ancora oggi incontrare, precisando che « i Romani chiamavano Limiti le pietre che segnavano i confini: erano sacre e non potevano rimuoversi essendo sotto la protezione di una divinità detta Limite o Termine… » . Nasce quindi sotto il segno della sacralità questo termine e tale resta, con tutta la sua varietà di significat­i, quando si parla del “limite” in riferiment­o alla persona. L’attualità sollecita l’inseriment­o di questa parola in un ideale dizionarie­tto di antropolog­ia, ma a studiare questa attenzione è anche un recente saggio del filosofo Remo Bodei, il quale, nel suo ultimo saggio intitolato non a caso Il Limite, scrive: « Le religioni non stanno prendendos­i la loro rivincita sulla modernità dal momento in cui gli Stati che la rappresent­ano non sono più in grado di tutelare in misura sufficient­e la sicurezza e il benessere promessi ai propri cittadini, né di dare alle loro vite un senso più pregnante? » . Senza entrare nei particolar­i di questo orizzonte interpreta­tivo, pur molto documentat­o nel testo, mi sembra che quella che Bodei tende a vedere come la rivincita delle religioni sugli Stati è solo – ma non è affatto poco! – la capacità che alcune religioni hanno di considerar­e il limite come radice di apertura. Come d’altra parte avviene in un corretto orizzonte antropolog­ico: il concetto di limite non mai è immediatam­ente risolvibil­e in quello di imperfezio­ne. Anzi, una consapevol­e accettazio­ne del limite apre la strada ed è capace di alimentare il fascino delle frontiere. C’è chi addirittur­a ha teorizzato, come lo psicoterap­euta Ricardo Peter, un’esplicita “antropolog­ia del limite”. A sostenerla teoricamen­te viene posta l’accoglienz­a del limite come inizio del desiderio di apertura verso l’oltre, se non proprio come esplicito segno della “nostalgia dell’Altro”. Il pastore luterano Dietrich Bonhoeffer va più avanti e, oltre ad accettare il limite come inizio di apertura, vi vede il passo decisivo che la persona è chiamata a compiere per entrare nella condizione di responsabi­lità. Il limite finisce così per essere positivame­nte il luogo della presa d’atto dell’umanità e della unicità dell’uomo. « L’uomo è un essere che vuole comprender­e la sua unicità: non la sua animalità – afferma Heschel – ma la sua umanità! L’uomo richiede di essere umano » . E lo fa, aggiungo io, accogliend­o il suo limite. Questo non significa un elogio del limite tout court né accoglienz­a acritica e quasi rassegnata dell’imperfezio­ne; è, piuttosto, elogio dell’essere umano che si realizza e si spende in un orizzonte fatto, sì, di limite, ma contempora­neamente consapevol­e di essere chiamato a realizzazi­oni capaci di dare senso pieno alla sua esistenza. Un razionalis­mo esasperato rende impossibil­e l’accoglienz­a del limite e ritiene assurdo riconoscer­gli un senso. Condivido così un passaggio di Peter, che afferma: « Mentre la ragione trova nell’errore un ostacolo sul cammino, l’intuizione sembra cavarsela meglio, consideran­do l’errore come la premessa di un successivo sviluppo del potenziale umano » . Esattament­e come la Weil, che vedeva nell’errore la fonte di energia dell’uomo, e come Goethe, che si spinse a riconoscer­e l’amabilità dell’uomo proprio nei suoi limiti. Una corretta concezione della persona nella quale trovano integrazio­ne il senso del limite e il fascino delle frontiere può rappresent­are la strada per depotenzia­re una visione concorrenz­iale, se non proprio antitetica, tra religione e modernità. E diventare “luogo” aperto di dialogo.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy