Inchiesta sul petrol io italiano
La storia dell’Eni dai tempi eroici di Mattei è un pezzo fondamentale della storia economica e politica italiana. In controluce si legge la rinascita del Paese, la capacità di raggiungere una posizione paritaria con i grandi concorrenti globali, ma anche le contraddizioni che hanno rallentato lo sviluppo negli ultimi decenni. Il tutto condito dagli intrighi oscuri che hanno costellato i nostri ultimi quarant’anni.
Le grandi i mprese petrolifere sono ovunque di interesse strategico in quanto vitali per l’approvvigionamento energetico del Paese; in più, il petrolio, da sempre, è oggetto di traffici sospetti, intrighi internazionali e corruzione endemica. Proprio per questo e anche per la progressiva scomparsa di tante altri grandi imprese italiane, l’Eni è «stato parallelo» come dice il titolo del libro perché riflette come in uno specchio le contraddizioni della storia italiana degli ultimi decenni.
Andrea Greco e Giuseppe Oddo hanno scritto un libro degno del miglior giornalismo d’inchiesta, scavando in migliaia di pagine di documenti e intervistando praticamente tutti i protagonisti delle vicende descritte. Il risultato conferma ampiamente la tesi del titolo: le vicende dell’azienda si intrecciano strettamente con i grandi problemi politici del Paese. La morte di Mattei è ancora avvolta nel mistero, anche se l’inchiesta giudiziaria ha attribuito lo schianto a una bomba sistemata nel carrello dell’aereo. Il libro ag- giunge una testimonianza, sia pure indiretta: ad un alto esponente dell’Eni nell’Unione sovietica, Kossighin, allora ministro degli Esteri, avrebbe detto di cercare i mandanti in Italia. Basta questo per capire come da sempre la storia dell’Eni sia un intreccio senza fine di misteri che aprono le porte su altri misteri, ancora più abissali.
La morte di Mattei spezza la fase ascendente dell’azienda ed apre un periodo cupo: prima la corruzione politica che diventa pratica corrente, poi i legami con la P2 e i suoi progetti anticostituzionali, fino al coinvolgimento dei vertici aziendali in “Mani pulite”, culminato nel tragico suicidio in carcere del presidente dell’epoca, Gabriele Cagliari. L’azienda seppe però risollevarsi, grazie al ricambio manageriale voluto dal nuovo governo e alla privatizzazione realizzata in tempi rapidi dal governo Ciampi. In questo primo lungo ciclo (oltre trent’anni) c’è una prima dimostrazione della tesi degli autori: l’azienda prospera se le istituzioni, in particolare governo e parlamento, sono capaci di mantenere un rapporto dialettico, ma rispettoso dell’autonomia del management. Giudicandolo in base ai risultati, ma non pretendendo di sovrapporsi ad esso e tanto meno di usarlo per i propri fini, magari non leciti. Lo stesso, può dirsi degli anni in cui sotto la guida di Vittorio Mincato (1998-2005) l’Eni divenne libera di realizzare una strategia da major petrolifera, su un terreno definitivamente lontano da quello della lottizzazione politica. Secondo la testimonianza dell’ex presidente il segnale della nuova era si ebbe «quando tutti i vertici corrotti furono arrestati e sorse l’alba della libertà dalla politica».
Il periodo successivo, secondo gli autori, fu caratterizzato da più ombre che luci: con la gestione Scaroni «il cane torna al guinzaglio» e i risultati economici e finanziari rilevanti, sono criticati dalla relazione della Commissione industria del Senato del 2014. Uno dei motivi sono gli onerosi contratti take or pay sottoscritti con la Russia, nel quadro di un rapporto sempre più stretto, dovuto anche ai rapporti personali (e non solo) fra Putin e Berlusconi. Ancora una volta dunque, sempre secondo gli autori, una fase negativa dell’azienda coincidente con un rapporto perverso con lo Stato. Il libro aggiunge, anche sulla base di una testimonianza di Giulio Sapelli, che il governo Berlusconi aveva interrotto il tradizionale ruolo di mediatore con Paesi a rischio come la Libia e l’ex Unione sovietica e che da allora gli Stati Uniti hanno «cominciato a considerare l’Italia come un alleato non più affidabile», con tutte le conseguenze del caso.
In questa fase della vita dell’azienda, sono tornati prepotentemente alla ribalta brasseur d’affaires capaci di influire sulle scelte aziendali anche al di fuori di ogni ruolo istituzionale, membri delle varie filiazioni della P2 e via trafficando. Problemi che lasciano uno strascico non meno pesante delle inchieste giudiziarie in corso: se uno dei dirigenti intervistati dichiara che fino a poco fa la P4 girava nei corridoi dell’Eur, significa che oggi bisognerebbe guardare bene anche negli sgabuzzini. Tanto è vero che Claudio Descalzi, nominato al vertice Eni dal governo Renzi, fanno notare gli autori, ha ritenuto di dissociarsi dal suo predecessore in una intervista che rimane controversa a pochi mesi dal suo insediamento.
Riuscirà la nuova gestione ad aprire un’altra fase positiva per l’azienda come avvenne negli anni Novanta? Non sarà facile, con i prezzi del greggio ai minimi storici, che hanno portato al profondo rosso del bilancio 2015. Se è vero che l’azienda ha avviato una nuova e chiara strategia aziendale, con ottimi risultati, che guarda più ai Paesi africani che alla Russia, gli autori fanno notare che oggi appare agire come braccio esecutivo della politica estera di Renzi. Anche se, dobbiamo sottolineare, l’Eni sconta il fatto di essere ormai l’unica vera multinazionale con la mente operativa in Italia.
Si tratta di un volume fondamentale per conoscere, dai tempi eroici di Mattei ai nostri giorni, la storia economica e politica d’Italia e che si legge di un fiato, come un thriller di classe. Se qualcuno vuole realizzare una serie degna di House of cards, basta metterlo nelle mani di un bravo sceneggiatore.
La storia dell’Eni è un pezzo della vita economica e politica del nostro Paese, dai tempi eroici di Mattei fino a oggi, che ne fa risaltare luci e ombre