Il Sole 24 Ore

Il misterioso canto dell’asfalto

- di Roberto Escobar

Un suono tagliente e prolungato, forse il canto misterioso di una creatura magica, attraversa Il condominio dei cuori infranti, in originale Asphalte (Francia, 2015, 100’). La tenera commedia di Samuel Benchetrit sta tutta dentro un angolo di banlieue. Parigi è lontana, tanto che non se ne avverte la mancanza. Non c’è che l’asfalto della periferia attorno alle vite del giovane Charly (Jules Benchetrit), dell’introversa Jeanne (Isabelle Huppert), del goffo Stemkowitz (Gustave Kerven), della dolce mamma Hamida (Tassadit Mandi), ognuno nella solitudine del proprio appartamen­to nello stesso condominio, e ognuno intensamen­te umano. E non c’è che asfalto attorno alla vita scialba dell’infermiera (Valeria Bruni Tedeschi) che, appena fuori dalla porta di servizio del suo ospedale e per pochi minuti sottratti al lavoro, di notte in notte cerca un’illusione di felicità.

All’inizio di Asphalte – usiamo il titolo originale, per sottrarci all’insipienza di quello italiano –, nelle immagini che aprono Asphalte, dunque, la macchina da presa si sofferma sul volto spaesato di Stemkowitz. I condòmini vogliono un nuovo ascensore, ma lui abita al primo piano e non intende (né può) partecipar­e alla spesa. Non pagherà neanche un euro, e non userà l’ascensore: così lui chiede, così decide l’assemblea. C’è un solo voto contrario, il suo. È un uomo per bene, il mite Stemkowitz. Ha fatto una proposta poco onesta, non può certo votarla. Ma poi, pedalando con troppo vigore sulla cyclette appena comperata, gli si rompe un vaso sanguigno e si ritrova su una sedia a rotelle. A questo punto, anche se per bene, Stemkowitz non ha scelta: lo userà di nascosto, il nuovo ascensore. È il solo modo di arrivare giù, fino in strada, e poi andarsene verso l’ospedale. Là, appena fuori dalla porta di servizio, ogni notte c’è ad attenderlo, per pochi minuti, una promessa di felicità. Non saranno né l’asfalto né le sue gambe malferme a impedirgli di coglierla.

Quanto a Charly, il liceale intelligen­te e irrequieto scopre che Jeanne, la nuova condomina, è stata un’attrice di fama, ma che ora, per qualche ragione taciuta, lo vuole nascondere e dimenticar­e. O forse no. Forse Jean tornerebbe a recitare nel ruolo che venti e più anni fa le ha dato il successo. Le basta ritrovare il vecchio copione e studiarlo. Messa mano a una piccola telecamera, Charly diventa suo regista e suo consiglier­e, improbabil­e ma accorto. Non conta che poi lei riesca o non riesca ad avere la parte di un tempo. Conta che le loro due solitudini si incontrino, una sgravata dall’uggia del passato, l’altra padrona del futuro.

Mentre questo accade, più volte torna quel tale suono prolungato, come se con il suo canto Benchetrit preparasse colori magici e misteriosi per l’asfalto della periferia. Presto, infatti, sul grigio delle molte solitudini cade la meraviglia.

Dopo aver galleggiat­o a lungo attorno alla Terra, senza mai il sospetto che, giù in fondo, ci fosse quell’angolo di banlieue, d’improvviso John McKenzie (Michael Pitt) precipita con il suo modulo di rientro dallo spazio sul tetto del condominio di Stemkowitz e degli altri. Per ora, la Nasa è irraggiung­ibile. A John non resta che bussare alla porta di mamma Hamida. Se lui non capisce il francese, lei ignora del tutto l’inglese, ma sa come si tratta un figlio. Il suo Majid (Abdelmajid “Mickey” Barja) è in galera, ed è appunto un buon figlio. Dunque, la vecchia, dolcissima signora araba e il grosso, sconcertat­o astronauta americano imparano l’uno dall’altra: questo a gustare il cuscus e la tenerezzad­i parole mai prima udite, quella a scoprire un mondo lontano, ora però tanto vicino che lo può accudire e proteggere.

Sarebbe finito qui, Asphalte, se non fosse per un’ultima sequenza, inaspettat­a. Dopo essere passata di volto in volto, di storia in storia, la macchina da presa vaga tutt’attorno, fino a mostrare la creatura da cui viene quel tale canto. Ora, a vederla, si comprende quanto poco basti al buon cinema per fare del grigio una magia colma di mistero. %%%%%

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« il condominio dei cuori infranti » di samuel benchetrit L’infirmière (Valeria Bruni Tedeschi) e Sterkowitz (Gustave Kervern)

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