Vedi Napoli e poi suoni
Inaugurato l’archivio sonoro contemporaneo. 5000 documenti audio e video, dallo «Stabat» di De Simone alla Black Tarantella di Avitabile
La Campania Felix è forse la Regione d’Italia che più e meglio avverte lo spirito dell’epifania della Pasqua, alternando, con giusta e buona fede, le maschere del Sacro a quella del profano. Grida di dolore e pastiere, voti a Padre Pio, cantate e tamburiate sono i personaggi del Presepe pasquale partenopeo. I protagonisti assoluti sono invece le Sette Sorelle (tante sono le Madonne della Campania, da Pompei a Sant’Anastasia), le sei ortodosse più quella nera e senza nome, la Madonna ca nun se sape, con i loro Ex-voto, raccontate nel prezioso e sempre verde volume (più sette cd) di Roberto De Simone: Son Sei Sorelle, Rituali e canti della tradizione in Campania (edito da Squilibri nel 2010). Per chi non se la sente di partecipare alle meravigliose processioni mariane pasquali, le grida di dolore sono a disposizione, rese eterne dal talento compositoio del Maestro De Simone, nelle Lauda intorno allo Stabat, Cantata per soli, coro ed orchestra del 1985 messa in scena in questi giorni pasquali da Salerno alla Reggia di Caserta, nella suggestiva Cappella Palatina del 1784 al cospetto della tela dell’Immacolata Concezione di Giuseppe Bonito. Ciò che rende lo Stabat di De Simone, ispirato all’antica tradizione liturgica degli Stabat Mater e al Laudario di Jacopone da Todi, un’opera pienamente contemporanea è la sua completa sincreticità, tra musica colta e popolare, musica sacra e tradizione profana. Che si punti al cielo o ci si tenga aggrappati alla terra, lo Stabat è lo specchio cristallino della Partenope stratificata, dove tutto vive e convive, accogliendo e superando ogni con- traddizione. Perché lo Stabat è, prima di tutto, una preghiera alla Madre che prima accoglie, poi perdona. E infine, provvede. In fondo, a Napoli, i miracoli esistono. E storicamente si manifestano nelle lodi e nelle preghiere in musica, dalle mirabili Laudi alla Mater di Nicola Sala a quella di Giovan Battista Pergolesi, da cinquecento anni il faro della grande Scuola musicale napoletana, che ha illuminato e continua a illuminare le intuizioni dei musicisti colti e popolari. A cominciare da quelle dell’ambasciatore della musica napoletana nel mondo, il compositore e polistrumentista Enzo Avitabile, che tra Bottari e tarantelle black non ha dimenticato la lezione del Maestro: Napoli, Capitale europea della musica, altro non è che la «Serva Padrona», intermezzo buffo, tragico e colmo di vita, della nostra modernità. E la Pasqua campana porta in dote un dono, destinato a durare: la nascita, dopo anni di travaglio, dell’Archi vio sonoro campano, inaugurato dall’associazione culturale Altrosud di Domenico Ferraro presso l’Archivio di Stato di Napoli e dotato di oltre cinquemila documenti sonori, fotografici e audiovisivi. Siamo solo all’inizio, l’ottimismo partenopeo questa volta non vale; per Ferraro «per quanto ampia, la documentazione acquisita è ancora poco rispetto a quanto resta da recuperare e porre al riparo dal rischio di perdite irreparabili». L’archivio sarà fruibile anche online (www.archiviosonoro.org/campania). La nuova Casa della memoria accoglie tutti e rivela un patrimonio di cui andare fieri, rarità rac- colte, negli ultimi sessant’anni, dalle intuizioni sul revival del folk di Alan Lomax, alle grandi indagini etnomusicologiche di Roberto, Leydi, ai documentari di Luigi Di Gianni e, naturalmente, al Maestro De Simone. Che mette a disposizione opere originali, dalla Cantata dei pastori a Mistero Napolitano, oltre a curiose ricognizioni sul campo, come le ricerche sulla devozione della Madonna delle Galline. Fenomeni e culti che ci domandano uno sforzo non banale: non fermarci all’ovvio folklore e al pericoloso concetto di tipico, ma accogliere senza troppo pensiero quell’inedita epifania della memoria che è costantemente in agguato a Napoli e dintorni, con giudizio, senza pregiudizi.
r. piaggio@ me. com