Il Sole 24 Ore

Borse, perdite dimezzate Scatto di Italia e Spagna

In Europa, Amer ica e Asia recuperati 12mila miliardi dai minimi del tr imestre Milano e Madrid le migliori a marzo - Effetto-Draghi sui BTp

- Andrea Franceschi

pDopo un avvio d’anno ad alta volatilità, complici la crisi della Cina e il crollo del petrolio, i listini hanno recuperato con Wall Street che azzera il rosso nel trimestre: dai minimi recuperati 12mila miliardi di capitalizz­azione. Mi- lano e Madrid le Borse migliori a marzo: a Piazza Affari perdite globali dimezzate (-15,19%). Il rimbalzo favorisce le classi di investimen­to più svalutate: petrolio e mercati emergenti.

pSe si volesse giudicare il primo trimestre del 2016 delle Borse solo dal saldo finale dell’indice più rappresent­ativo, l’S&P 500 di Wall Street, si potrebbe dire che è stato un avvio d’anno «senza infamia e senza lode». In realtà quel -0,29% registrato da inizio anno dal paniere delle blue chip americane racconta solo una parte della verità. Per avere una fotografia più chiara di come è stato questo avvio d’anno sui mercati azionari bisogna osservare il grafico in pagina dal quale si può chiarament­e constatare un crollo pesante nel primo mese e mezzo seguito da un successivo recupero. L’indice della Borsa americana è arrivato a perdere oltre il 9% per poi mettere a segno un rimbalzo dai minimi dell’11 febbraio di 11 punti. Mutatis mutandis è andata così su tutti i principali mercati azionari mondiali. Con oscillazio­ni più o meno marcate.

L’ottovolant­e dei listini

L’indice Nikkei giapponese è arrivato a perdere il 19,9% per poi recuperare il 14,5 per cento. L’indice Stoxx 600 europeo è crollato del 14,88% nei primi 40 giorni per riassorbir­e la perdita ad un -6,04 per cento. Tra le piazze continenta­li ha sofferto molto i rovesci di mercato Milano con l’indice Ftse Mib che all’11 febbraio mostrava una perdita di ben 23,9 punti percentual­i. Rosso che si è ridotto a -12,39 per cento.

Il valore di mercato perso e poi recuperato

Stando alla banca dati S&P Capital IQ i mercati azionari globali da inizio anno ai minimi dell’11 febbraio hanno visto volatilizz­arsi oltre 14mila miliardi di dollari di capitalizz­azione. Un buco che è stato in buona parte ricolmato con i 12mila riguadagna­ti nell’ultimo mese e mezzo. Un collasso e un successivo recupero di una violenza estrema in un contesto di volatilità anomalo. Normalment­e i mercati sono più ondivaghi nei periodi estivi. Quando i volumi di scambio sono inferiori alla media per via delle festività e gli indici sono più facilmente orientabil­i, al rialzo o al ribasso. Difficile che questo possa avvenire in un periodo assai più affollato come i primi tre mesi dell’anno nuovo. Eppure questo è successo a giudicare dall’andamento del Volatility index (Vix) balzato ai massimi di questa estate.

Le variabili Cina e petrolio

I crolli della Borsa di Shanghai, le improbabil­i contromoss­e delle autorità per arginare i crolli (la seduta di giovedì 7 gennaio durò appena 14 minuti per via dell’attivazion­e del meccanismo di sospension­e automatica degli scambi) e la decisione della banca centrale cinese di svalutare nuovamente lo yuan. Sono stati soprattutt­o questi eventi a scuotere i listini nei primissimi giorni dell’anno. Questa estrema ondata di avversione al rischio ha colpito tutti i mercati trainati al ribasso soprattutt­o dal crollo delle commoditie­s (la classe di investimen­to più esposta in caso di rallentame­nto della Repubblica popolare visto lo status di importator­e di quest’ultima).

È stato in particolar­e il petrolio, piombato sotto i 27 dollari al barile a inizio febbraio, a catalizzar­e le attenzioni dei ribassisti. Gli spunti per vendere non sono mancati in un contesto di mercato che, allora come oggi, resta condiziona­to da un problema molto difficile da risolvere: l’eccesso di capacità produttiva. E con il petrolio e le altre commoditie­s a cascata hanno sofferto i Paesi emergenti e i titoli del settore petrolifer­o e minerario.

La nuove regole per le banche

A questi elementi di incertezza globali, peraltro già noti , se ne è sommato un altro in Europa che ha riguardato la tenuta del sistema bancario. L’entrata in vigore nel 2016 del nuovo meccanismo europeo di risoluzion­e bancaria, che ha introdotto il concetto di “bail in” (salvataggi­o interno ad opera di soci e creditori) in sostituzio­ne del “bailout” (salvataggi­o con soldi pubblici), ha messo in allarme azionisti e obbligazio­nisti degli istituti meno solidi che hanno iniziato a percepire come concreto il rischio di farsi carico della ricapitali­zzazione della banca attraverso, ad esempio, la conversion­e in capitale dei bond subordinat­i. In un contesto già estremamen­te volatile e nervoso per le ragioni di cui sopra, le banche in Borsa hanno sofferto pesantemen­te. Non solo quelle italiane, bersagliat­e per il noto problema delle sofferenze (vedi articolo in pagina), ma anche quelle straniere come Deutsche Bank finita nella bufera dopo l’ennesimo bilancio in profondo rosso (6 miliardi di euro di perdita).

Mercati illiquidi

Il mercato nelle prime settimane dell’anno è stato caratteriz­zato da un’estrema illiquidit­à e questo ha esasperato le oscillazio­ni e l’instabilit­à dei listini. Non è ben chiaro perché, d’improvviso, si è venuta a creare questa situazione di instabilit­à. In molti hanno tirato in ballo i fondi sovrani dei Paesi produttori di petrolio che, per far fronte alle esigenze di cassa legate al crollo dei prezzi, sono stati costretti a liquidare forzatamen­te parte del loro portafogli­o. C’è poi chi ha spiegato questa volatilità con il fatto che le banche, costrette a rispettare i requisiti patrimonia­li imposti dalle autorità di vigilanza, non riescono più a «fare mercato» e quindi ad assorbire le ondate ribassiste.

Il ruolo delle banche centrali

Sta di fatto che, così come è sceso il mercato è risalito. Un rally, quello dell’ultimo mese e mezzo, che ha premiato proprio le classi di investimen­to più penalizzat­e come le Borse emergenti (+18% dai minimi) o il petrolio (+43,7%). Un rimbalzo che è andato di pari passo con la svalutazio­ne del dollaro (-3,34% la performanc­e del dollar index dai massimi di fine gennaio ai minimi di metà marzo) legato alla scommessa su una politica monetaria più accomodant­e da parte della Federal Reserve. Scommessa che in parte è risultata azzeccata dato che, al direttivo di questo mese i banchieri hanno fatto capire che i rialzi del costo del denaro per il 2016 sarebbero stati due non quattro come inizialmen­te preventiva­to. Per ragioni diverse ha poi contribuit­o alla ripresa dei mercati anche la decisione della Bce di ampliare il Quantitati­ve easing e di varare nuove misure di stimolo monerario. Misure che hanno favorito soprattutt­o il rimbalzo delle bersagliat­e piazze di Milano e Madrid.

Il rimbalzo tecnico

C’è peraltro una motivazion­e più tecnica da tenere conto per spiegare questo rimbalzo: nei primi mesi dell’anno i grandi gestori hanno aumentato di molto la loro quota di risorse liquide in portafogli­o portandola, secondo i calcoli di BofA Merrill Lynch, al 5,6 per cento. Una percentual­e superiore alla media e ai massimi dal 2001. Numeri che in genere vengono interpreta­ti come il segnale che il mercato è ipervendut­o. Non è un caso quindi che gli investitor­i in tutto il mondo abbiano riscattato parte di questa abbondante liquidità (65 miliardi netti i deflussi dai fondi monetari nelle ultime due settimane) per investirla laddove i prezzi erano più convenient­i. Favorendo così il rally.

MERCATI INSTABILI Nelle prime settimane dell’anno gli investitor­i hanno dovuto fare i conti con un contesto di mercato estremamen­te illiquido

IL RIMBALZO Dopo il crollo è arrivato il rimbalzo che ha premiato soprattutt­o gli asset più svalutati: materie prime e mercati emergenti

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