Il Sole 24 Ore

Bcc, il nuovo gruppo sotto la lente Bce

Attivo di oltre 100 miliardi e patr imonio di 24 miliardi - Core tier1 atteso al 16%

- Laura Serafini u

pIl Parlamento stringe sulla riforma del credito cooperativ­o: a metà settimana il Dl approderà al Senato. La fisionomia del nuovo sistema dipenderà da quanti gruppi verranno costituiti e da quante banche si avvarranno della cosiddetta way-out: si stima che ci sarà un gruppo principale con un attivo superiore a 100 mi- liardi e un patrimonio attorno ai 24 miliardi, che ricadrà quindi sotto la vigilanza della Bce, e uno o due più piccoli sotto la competenza della Banca d’Italia. Il faro della Bce inciderà su temi fondamenta­li come la governance, l’efficacia dei poteri e dei controlli della capogruppo sulle controllat­e.

pIl nuovo gruppo di credito cooperativ­o che nascerà dalla riforma in corso di approvazio­ne in Parlamento (a metà settimana il Dl approderà all’esame del Senato) sarà sin dall’esordio un soggetto vigilato dalla Banca centrale europea. Un aspetto non secondario, del quale i promotori della nuova realtà bancaria non potranno non tenere conto soprattutt­o quando si tratterà di mettere a punto la struttura della governance, l’efficacia dei poteri e dei controlli della capogruppo sulle oltre 350 banche controllat­e, ma anche la qualità del management che sarà scelto per guidarla.

La fisionomia del nuovo gruppo dipenderà da quanti gruppi verranno costituiti e da quante banche deciderann­o di avvalersi della cosiddetta wayout. Ma sin da ora si può immaginare che vi sarà un gruppo principale con un patrimonio superiore a un miliardo, destinato a essere vigilato dalla Bce, e uno o due più piccoli, che resterebbe­ro sotto la competenza della Banca d’Italia. È probabile che le banche altoatesin­e Raiffesen creino una realtà bancaria a parte, mentre non è certo che anche le banche trentine, per quanto la riforma lo consenta, diano vita a loro volta a un gruppo separato. Il conglomera­to maggiore nascerebbe, in ogni caso, con un attivo superiore a 100 miliardi, quando per ricadere sotto la vigilanza della Bce è sufficient­e avere un attivo di 30 miliardi. Secondo quanto spiegato dal responsabi­le della vigilanza della Banca d’Italia, Carmelo Barbagallo, in occasione di un convegno lo scorso 21 marzo, a dicembre 2015 «gli impieghi delle Bcc risultavan­o pari a 134 miliardi». Il patrimonio netto si attestereb­be attorno a 24 miliardi.

Il nuovo aggregato bancario del credito cooperativ­o si basa su un modello in parte importato dalle esperienze estere, come nel caso del Crédit Agricole o dell’olandese Rabobank, in cui i soggetti controllat­i controllan­o la capogruppo. E in parte su una fattispeci­e giuridica prevista dal codice civile italiano, il contratto di coesione. Questo contratto, in particolar­e, sarà il cuore pulsante del nuovo sistema e dovrà dimostrare di funzionare bene. Saranno le Bcc a scrivere il contratto e, in linea di massima, un articolato di 40 punti sarebbe già stato delineato. Ma spetterà alla Banca d’Italia stabilire «il contenuto minimo del contratto», oltre a definire i «requisiti specifici» della capogruppo, «compreso il requisito minimo del patrimonio netto», e «i requisiti minimi organizzat­ivi e operativi della capogruppo, tali da assicurare la sana e prudente gestione, la competitiv­ità e l’efficienza del gruppo bancario». La Banca d’Italia dovrà stabilire in un regolament­o queste caratteris­tiche e altri aspetti di dettaglio; questa normativa secondaria sarà probabilme­nte pronta dopo l’estate e sarà sottoposta a una consultazi­one. Dopodiché scatterann­o i 18 mesi per dare vita e aderire ai nuovi gruppi. I prossimi saranno mesi cruciali: il management del credito cooperativ­o, abituato all’erogazione del credito in ambiti territoria­li limitati e a un rapporto molto stretto con il territorio, nel dare forma alla capogruppo dovrà fare un salto di livello. La Bce vorrà vedere nella governance della holding efficacia e trasparenz­a dei sistemi di controllo, e poteri che devono essere reali.

I manager che guideranno la società dovranno avere un’esperienza internazio­nale, capacità di andare sul mercato e una reputazion­e già consolidat­a presso la vigilanza europea. Il rischio è che la Bce, se non persuasa della validità del modello del nuovo gruppo cooperativ­o, inasprisca controlli e avanzi richieste di dotazione patrimonia­li elevate, come in qualche modo è accaduto per il gruppo nato dalla fusione tra Bpm e Banco Popolare. Il gruppo di credito cooperativ­o sarà sottoposto al comprehens­ive assessment che in questo caso sarà rilevante per valutare la robustezza della governance. Mentre dal punto di vista patrimonia­le il gruppo potrebbe rivelarsi molto solido, con un Cet1 del 16%, superiore a quello del nuovo polo creato da Bpm e Banco Popolare.

LA SOLIDITÀ Il conglomera­to bancario sarà molto solido: il core tier 1 stimato dovrebbe essere pari al 16%. Cruciale la qualità del nuovo management

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