Senza patto di stabilità volano (+85%) gli appalti comunali
Nei primi due mesi 2016 bandi comunali a + 85%: «pesa» il superamento del patto di stabilità
Lo «stupido» patto di stabilità interno non c’è più dal 1° gennaio 2016 (almeno per i comuni virtuosi) e i primi dati sugli investimenti in appalti sembrano confermare le attese che negli anni erano andate maturando rispetto agli effetti “liberatori” della cancellazione di quei vincoli: nel primo bimestre dell’anno, a fronte di una crescita generalizzata del mercato degli appalti dell’ordine del 15% rispetto al 2015, per i comuni l’aumento degli importi messi in gara è stato dell’85%, passando da 704 a 1.308 milioni. In altre parole, la crescita del mercato - che in termini assoluti passa da 2.405 a 2.761 milioni, con un aumento di 356 milioni - è data tutta dall’accelerazione comunale che assorbe anche il calo delle altre stazioni appaltanti.
Idati che esaltano la performance dei comuni arrivano dall’Osservatorio Cresme-Sole 24 Ore sui bandi di gara per gli appalti e le concessioni di lavori pubblici e sono relativi ai mesi di gennaio e febbraio. L’accelerazione del mercato degli appalti è stata molto forte a gennaio, mentre il dato di febbraio è per i comuni sostanzialmente stazionario (-1%) rispetto a un 2015 che era già in forte crescita.
Insieme ai comuni, nel primo bimestre, crescono il settore dell’edilizia abitativa (+143%) che è tornata a essere una criticità sociale da affrontare prioritariamente soprattutto a livello regionale e locale, le ferrovie (+57%) che però nei primi mesi dell’anno presentano valori assoluti piuttosto contenuti, le Regioni (+ 17%). Vanno molto male, invece, gli enti di previdenza (-97%), l’Anas (-74%) e le aziende speciali (-56%) che in parte mitigano il dato comunale, essendo comprese fra queste anche molte ex municipalizzate.
Un dato forte che emerge dallo studio è quello sulla ripartizione territoriale dei bandi che premia fortemente il nord ovest (+92%) e il nordest (+90%), mentre penalizza fortemente il sud continentale (-37%) e le isole (-51%), con il centro che cresce del 27%.
Il dato del Sud ha certamente una propria spiegazione nel fatto che le Regioni meridio- nali sono state quelle maggiormente impegnate nel 2015 nella spesa dei fondi strutturali Ue della programmazione 2007-2015, con il raggiungimento dei target imposti da Bruxelles per il completamento del ciclo. Si giustifica, quindi, dopo la grande corsa, una pausa per riprendere fiato e prima di mettere in program- 7 Il Patto di stabilità interno è stato introdotto nel 99 con l’obiettivo di far convergere le politiche di bilancio con i parametri di finanza pubblica fissati dalla Ue. Asse portante anche il controllo dell’indebitamento netto degli enti locali, comuni in testa, attraverso la determinazione di saldi-obiettivo (differenza tra entrate e spese finali, comprese le spese per investimenti). Abrogato dalla Stabilità 2016 è stato sostituito dal principio del pareggio di bilancio mazione nuove opere. Tanto più che i fondi Ue sono andati spesso a finanziare opere che attengono alla programmazione ordinaria (cioè i vecchi «progetti sponda» che oggi si chiamano «progetti retrospettivi») dando fondo a tutto il parco dei progetti cantierabili.
Ma il dato dei comuni si presta anche a un’altra lettura, oltre a quella del superamento del patto di stabilità interno previsto dalla legge di stabilità 2016.
Il 18 aprile entrerà in vigore il nuovo codice degli appalti, arricchito con le direttive Ue in materia e profondamente riformato rispetto al vecchio codice del 2006. Si tratterà di un cambiamento radicale ed epocale che toccherà il mondo degli appalti in tutti i suoi aspetti, anche organizzativi. Già questo basta a spingere le amministrazioni di ogni ordine e grado ad accelerare in questa fase l’appalto dei progetti che hanno pronti in cassetto, per evitare l’impatto comunque forte delle nuove regole.
Nel caso dei comuni, poi, questa rivoluzione sarà ancora più forte considerando che gli articoli 37 e 38 del decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri ridisegneranno completamente il panorama delle stazioni appaltanti, vietando ai comuni di mediapiccola dimensione di appaltare in proprio e obbligandoli a rivolgersi o a unioni di comuni o a centrali di committenza autorizzate e qualificate.
BENE IL NORD, MALE IL SUD Il Mezzogiorno in frenata dopo la «tirata» fatta nel 2015 per spendere i fondi Ue. Bene nordovest (+90%), nordest (+93%) ed edilizia abitativa (+143%)