Il Sole 24 Ore

Sicurezza e made in Italy nell’agenda Usa di Renzi

- di Mario Platero

Non sfugge, insomma, che coloro che si candidano come l’alternativ­a al premier abbiano cominciato a muoversi per accreditar­si presso le cancelleri­e europee e non. Conta molto il fatto che ci siano delle elezioni amministra­tive di un qualche peso e dunque c’è l’esigenza di farsi conoscere. Ma probabilme­nte conta di più la prospettiv­a di elezioni politiche che potrebbero essere anticipate al prossimo anno, come pensano in tanti. E quindi l’attivismo si capisce alla luce di queste scadenze e dell’esigenza di leader come Di Maio o Salvini di incontrare direttamen­te gli interlocut­ori internazio­nali – senza la mediazione della stampa, come ha dichiarato l’esponente grillino - e fuori da ogni propaganda politica che porta a eccessi che spesso vengono corretti dai leader nel corso dei faccia a faccia.

Così sembra sia accaduto con Luigi Di Maio e gli ambasciato­ri europei ai quali non ha confermato l’obiettivo dei 5 Stelle di fare un referendum sull’euro né di uscire dalla moneta unica unilateral­mente rompendo con Bruxelles e tutte le capitali europee. Piuttosto si sarebbe gettata acqua sul fuoco dell’euroscetti­cismo e discusso solo di un doppio “euro” di cui si parla da tempo ma che resta sospeso nell’aria. Stesso registro per Salvini che nella campagna elettorale a Roma non disdegna la compagnia dell’estrema destra ma che a Gerusalemm­e darà ampie rassicuraz­ioni di senso opposto. Insomma, le urne acce- lerano un percorso di incontri e strette di mano in un certo senso obbligato visto che il cursus honorum classico di chi vuole prendere la guida di un Paese passa per una credibilit­à acquisita anche sulla scena internazio­nale. Il punto però è proprio questo, quale credibilit­à?

Già questa è una bella domanda per Renzi che ha due grosse prove da affrontare e che in due anni di governo non ha ancora superato. La prima, vista l’urgenza dei fatti che accadono, è la scelta – delicatiss­ima – in tema di terrorismo e immigrazio­ne. In evidenza c’è soprattutt­o il dossier Libia di cui parlerà con Obama che, nonostante l’imminenza delle nuove elezioni americane, resta pienamente operativo sull’emergenza di Tripoli. L’altra pro- va riguarda più da vicino l’Europa e le nostre relazioni con la Germania ed è la credibilit­à sui conti pubblici. All’incirca tra una settimana il Governo presenterà il Def e il piano delle riforme che poi sarà inviato a Bruxelles e le uniche due cose di cui si sa sono: il ritocco verso il basso delle previsioni di crescita – dall’1,6% all’1,3% - e una correzione di 3 miliardi per stare entro il 2,2-2,3% del rapporto deficit Pil. Con un grande punto di domanda che riguarda il debito pubblico e l'impegno a farlo scendere. Ecco, su questo fronte l’Italia si comporta un po' come al solito: più deficit che tagli, più spesa che attenzione al debito. Era il punto su cui saltò Berlusconi, resta il piano inclinato di Renzi che finora non ha cambiato verso alle cattive abitudini fi- nanziarie. Ma è un’incognita che pesa anche su quelli che oggi si candidano a essere alternativ­a al premier.

Finora le rassicuraz­ioni che sono stati in grado di dare Salvini e Di Maio riguardano più la collocazio­ne entro certe coordinate internazio­nali, dall’Europa agli Usa passando per Israele e la Russia. Ma sulla sostanza, cioè sulle prove a cui è chiamato Renzi – dal terrorismo ai conti pubblici - non mostrano di avere dei credibili piani B. Da vera alternativ­a di governo.

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