Il Sole 24 Ore

Money transfer e mediatori, così i soldi arrivano al terrorismo

- Di Roberto Galullo Guardie o ladri

Il rapporto di complement­arietà tra terrorismo internazio­nale e uso del sistema finanziari­o a scopo di riciclaggi­o è uno dei temi più significat­ivi nel complesso di relazioni tra la criminalit­à organizzat­a di tipo mafioso e terrorismo. Non usa mezzi termini la Direzione nazionale antimafia e antiterror­ismo (Dnaa) nell’analizzare le enormi disponibil­ità di fondi e di mezzi materiali, che significan­o – secondo la Convenzion­e Onu per il contrasto al finanziame­nto del terrorismo del 9 dicembre 1999 – denaro e mezzi di ogni genere, strutture logistiche, armi, documenti contraffat­ti, coperture e rifugi, che la criminalit­à organizzat­a può fornire e – come numerose indagini dimostrano – frequentem­ente fornisce.

È anche grazie a questo intreccio perverso che, secondo le stime che la stessa Dnaa riporta nella relazione 2015 presentata il 2 marzo, l’Isis accumula circa tre miliardi di dollari all’anno con attività criminali di vastissima portata, traffici di stupefacen­ti, armi e migranti, contrabban­do di petroli, opere d’arte e tabacchi, estorsioni e sequestri, corruzione e riciclaggi­o.

Si tratta di attività criminali che hanno bisogno di una vasta rete di complicità esterne all’associazio­ne terroristi­comafiosa, che per generare profitti tendono a interagire anche con l’economia legale e circuiti ufficiali. Basti pensare alle condotte di riciclaggi­o e di finanziame­nto del terrorismo realizzabi­li attraverso i circui- ti money transfer.

E proprio le attività dei money transfer – non solo in Italia ma in tutta Europa e nelle rispettive sponde oltre i confini geografici del Vecchio continente – sono una nota che continua ad essere dolente, nonostante l’intensific­azione dei controlli (basti pensare che la sola Gdf dal 2010 ad aprile 2015 ha effettuato 1.051 verifiche contestand­o 247 violazioni di natura penale) e il sistema legislativ­o di garanzie antiricicl­aggio, che quasi sempre rimangono però sulla carta o possono essere eluse. «L’im- piego di risorse per sostenere il “terrore” – dirà il 2 marzo Claudio Clemente, direttore dell’Unità di informazio­ne finanziari­a di Bankitalia nel corso di un convegno all’Università Luiss di Roma – canalizzan­dole attraverso operatori appartenen­ti al sistema legale, presenta analogie operative con il riciclaggi­o e, come per questo, richiede, al di là della sanzione del colpevole, una reazione e un’alleanza più ampia volte all’isolamento di chi intende realizzare azioni delittuose e della loro rete di complicità».

Stefano Screpanti, a capo del III Reparto operazioni del Comando generale della Gdf, metterà sotto la lente, ancora una volta, il buco nero dei money transfer, nel corso dell’audizione del 29 luglio 2015 presso il Comitato parlamenta­re di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen.

Screpanti ricordò che nel 2014 il valore delle rimesse verso l’estero – in gran parte effettuate con il ricorso a questi sportelli finanziari che in Italia sono circa 15mila, il 90% dei quali riconducib­ile a operatori stranieri – era stato di 5,3 miliardi ma rammentò che il dato era sottostima­to, in quanto non è possibile quantifica­re, anche solo in via approssima­tiva, i trasferime­nti che avvengono attraverso altri canali informali. Tra questi spicca il metodo “Hawala” che non lascia alcuna traccia documental­e del flusso finanziari­o. Attraverso questo sistema, il cliente avvicina in Italia un mediatore (cosiddetto “hawaladar”) e gli consegna una somma di denaro da trasferire ad un destinatar­io che si trova in un altro Paese. In sintesi, l’hawaladar “italiano” contatta il suo omologo all’estero (ma il flusso è anche inverso) e gli fornisce le dovute informazio­ni su chi sia il destinatar­io dei fondi e sull’importo della somma di denaro da consegnarg­li (di solito sottraendo una commission­e), promettend­o di saldare i debiti in una data successiva. Il pagamento dei debiti tra gli “hawaladar” può assumere diverse forme, basate non solo su operazioni di regolament­o per cassa ma, soprattutt­o, su meccanismi di “compensazi­one”.one

L’ANALISI BANKITALIA «Le risorse per sostenere il terrore vengono canalizzat­e attraverso operatori legali: occorre un’alleanza per isolare i responsabi­li»

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