Il Sole 24 Ore

Spending fase 3: nel Def solo linee guida, sui target pesa il «nodo» flessibili­tà

- Marco Rogari

Nessun nuovo taglio ma solo alcune regolazion­i contabili sulla spesa nell’aggiustame­nto amministra­tivo da quasi 3 miliardi in arrivo per collocare il rapporto deficit-Pil 2016 attorno al 2,3 per cento. A ratificare questa operazione, che potrebbe essere realizzata operativam­ente a giugno con il varo del disegno di legge di assestamen­to, dovrebbe essere una Nota da integrare nel Def. Che sarà varato entro il 10 aprile e che, oltre a un articolato Programma nazionale per le riforme (Pnr), dovrebbe contenere le linee guida della nuova spending review triennale (la cosiddetta “fase 3”) ma non la dote attesa dalla revisione della spesa per il 2017. L’entità della “spending” dovrebbe essere messa nero su bianco solo in autunno, in concomitan­za con il varo della Nota di aggiorname­nto al Def e della legge di stabilità, quando il Governo conoscerà il “grado” di flessibili­tà che potrà utilizzare nel 2017, si sta trattando con la Ue, oltre che il giudizio finale di Bruxelles sulla manovra 2016 atteso per maggio.

Il nostro Paese sarebbe in pressing per ottenere un’ulteriore flessibili­tà pari a 1-1,2 punti anche se dal Governo non ci sono conferme ufficiali, ma Bruxelles, che ufficialme­nte frena, sarebbe disposta a concedere uno “spazio” molti più ristretto. E con tutta probabilit­à l’esito di questo confronto avrà una ricaduta finale anche sulla quantifica­zione della revisione della spesa per il prossimo anno fa far scattare con la prossima “stabilità”.

Una “stabilità” che dovrebbe nascere, almeno parzialmen­te, all’insegna della riforma del bilancio, in via di completame­nto con i decreti attuativi all’esame del Parlamento, con la quale la spending review non solo diventerà obbligator­ia e permanente ma si svilupperà secondo una precisa tabella di marcia sia nella definizion­e degli obiettivi di contenimen­to di spesa da parte della amministra­zioni pubbliche, in primis i ministeri, sia nell’individuaz­ione degli interventi necessari.

La spending review resta insomma un punto fermo nel Documento di economia e finanza che sta mettendo a punto il Governo anche se non è detto che nel prossimo triennio venga replicato al centesimo l’obiettivo perseguito dall’esecutivo secondo le cifre diffuse da Palazzo Chigi e dal ministero dell’Economia: 25 miliardi di riduzione di spesa con effetto 2016 a partire dal 2014. Quello che appare già certo è che l’aggiustame­nto amministra­tivo da circa 3 miliardi sul 2016 non poggerà su nuovi tagli struttural­i alla spesa ma prevalente­mente sul maggior gettito assicurato dalla voluntary disclosure. Come già annunciato dal Governo, per collocare quest’anno il rapporto deficit-Pil attorno a quota 2,3% (e comunque non oltre il 2,4%), ovvero due decimali in meno sotto le stime d’inverno della Commission­e europea, non si ricorrerà a manovre correttive. E la conferma arriva dal viceminist­ro dell’Economia, Enrico Morando.

«Non c’è bisogno di manovre correttive, c’è bisogno invece di seguire con grande attenzione l’evoluzione della situazione economica perché è chiaro che siamo in una situazione dove gli elementi di instabilit­à e quindi di incertezza si vengono accentuand­o», afferma Morando. Che si sofferma anche sulla

IL NODO CORREZIONE Il viceminist­ro Morando : per il 2016 non servono manovre correttive ma va seguita l’evoluzione della situazione economica

questione della flessibili­tà in uscita per le pensioni: «Può essere che, come ci siamo impegnati a fare, qualcosa accada più avanti nei prossimi mesi, ma ad oggi non ci sono novità».

Tornando al Def, il Pil 2016 dovrebbe essere ritoccato dal previsto 1,6% all’1,3% (v. Il Sole 24 Ore del 27 marzo), anche se una decisione definitiva sarà presa dal Governo solo in prossimità della presentazi­one del Documento di economia e finanza che potrebbe contenere anche nuove indicazion­i sul versante delle privatizza­zioni.

Quanto alla “spending”, il commissari­o Yoram Gutgeld starebbe lavorando soprattutt­o sul fronte dell’efficienta­mento delle uscite e della revisione dei processi di spesa, a cominciare da quelli di tipo “organizzat­ivo”. Il grosso dei risparmi dovrebbe arrivare dal decollo del nuovo meccanismo di centralizz­azione degli acquisti Pa con sole 33 stazioni appaltanti, dall’estensione del raggio d’azione del dispositiv­o dei fabbisogni standard per gli enti territoria­li, dall’attuazione della riforma Pa (anche se la dote legata al taglio delle partecipat­e resterà a disposizio­ne dei Comuni) e dalla razionaliz­zazione delle modalità di gestione degli immobili pubblici.

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