Il «su misura» spinge le Pmi sui mercati mondiali
Customizzare. Un brutto inglesismo adottato dalla lingua italiana come sinonimo di personalizzare. Al di là delle parole, però, è il valore aggiunto che da anni caratterizza almeno una parte importante del made in Italy, in particolare la meccanica strumentale ma non solo, che proprio grazie alla capacità di «adattare un prodotto, un bene o un servizio, mediante appositi interventi di personalizzazione, alle esigenze e alle aspettative del cliente» – come recita la definizione di “customizzare” – riesce a competere sui mercati internazionali. Di più: spesso le Pmi del made in Italy riescono anche a imporsi, pur dovendosi confrontare con concorrenti più grandi, strutturati e che non di rado hanno alle spalle sistemiPaese che assomigliano a macchine da guerra per potenza di fuoco: la capacità di allestire azioni congiunte governo-imprese tanto sui mercati emergenti quanto su quelli maturi e consolidati, presentandosi con attori e gruppi industriali di primo livello a fare da traino a intere filiere.
Da un po’ di tempo a questa parte, però, anche in Italia le cose stanno cambiando, rispetto a quando le aziende, giustamente, lamentavano il fatto di doversi misurare da sole sullo scenario globale contro le multinazionali tedesche o asiatiche. Dall’agroalimentare alla moda, passando per la meccanica, le iniziative sinergiche a sostegno del made in Italy appaiono sempre più tasselli di un piano strategico. È un bene, perché i margini di crescita sono ancora molto ampi.