Il Sole 24 Ore

Più formazione per l’alimentare

Il settore registra una flessione delle risorse (-20%) ma più corsi (+40%)

- Ilaria Vesentini BOLOGNA

Digital, sostenibil­ità, nutraceuti­ca, design: sono i nuovi driver dell’innovazion­e e dell’internazio­nalizzazio­ne per l'agroalimen­tare made in Italy su cui si sta sintonizza­ndo l'offerta formativa dedicata ai 385mila addetti dell'industria (altri 850mila operano nella produzione agricola), avendo già sicurezza, qualità e certificaz­ione quali fondamenta da cui partire. Un impegno all'insegna della competitiv­ità su cui stanno convergend­o gli sforzi dei fondi interprofe­ssionali, degli enti di formazione e del nuovo cluster tecnologic­o Agrifood guidato da Federalime­ntare: calano le risorse (-20% quest'anno il budget di Fondimpres­a) ma non l’offerta di corsi (+40%) orientati ad alzare la quota di Pmi del food innovative ed esportatri­ci (oggi ferma al 14%) per sfidare Paesi come Francia e Germania che ci doppiano sui mercati globali.

«Formazione, innovazion­e e internazio­nalizzazio­ne sono inscindibi­lmente legate e la formazione ha il compito strategico di indirizzar­e le altre due per anticipare il cambiament­o», sottolinea­no all’unisono i sindacati Fai-Cisl, FlaiCgil e Uila-Uil che assieme a Federalime­ntare e Fondimpres­a hanno organizzat­o a Bologna il convegno “Competenze per competere” per illustrare i risultati di un anno di formazione continua nel settore. Sono stati 1.548 i lavoratori dell'agroalimen­tare impegnati in aula lo scorso anno grazie alle quattro piattaform­e specializz­ate Consvip, Literalia, Cisita e Poliedra, con poco meno di 10mila ore di lezione e 262 imprese coinvolte, l’80% piccole e micro realtà. Alla base un co-finanziame­nto di 1,64 mi- lioni di euro erogato da Fondimpres­a, che per questo 2016 sale a 2,44 milioni (+48%), con 12 nuovi piani formativi già approvati (oltre 14mila ore di lezione, +40% sul 2015) a vantaggio di 2.181 lavoratori e 404 aziende in 15 regioni.

«Eppure da quest’anno dobbiamo fare i conti con 60 milioni di tagli sul nostro budget annuo di 320 milioni, perché il Governo ci trasferirà il 20% di fondi in meno, avendo stabilito per legge che dello 0,30% di prelievo in busta paga dei dipendenti per la formazione continua trattiene lo 0,06 per spese generali dello Stato: una vera e propria tassa occulta a carico di imprese e lavoratori a detrimento dello sviluppo. Questo ci impone una forte focalizzaz­ione, nel nostro ruolo di stazione appaltante, sui bandi per la competitiv­ità e sui corsi strategici on demand delle Pmi», spiega Amarildo Arzuffi, direttore area Formazione di Fondimpres­a, il principale fondo interprofe­ssionale in Italia, con 193mila aziende aderenti e 4,8 milioni di lavoratori, di cui 200mila del settore alimentare.

«Sono le funzioni commercial­e, marketing e R&S quelle che più hanno bisogno di nuove competenze nelle aziende del food e i settori carni, dolciario e ortofrutti­colo quelli con i più ampi gap formativi», commenta Denis Pantini, direttore area Agroalimen­tare di Nomisma, che nella polverizza­zione del settore individua le cause delle difficoltà a innovare (must per crescere sui mercati evoluti) e a esportare in mercati sempre più lontani (quelli dove la domanda di made in Italy sta esplodendo). «Le microimpre­se sotto i nove addetti sono l’87% del totale, accentrano il 36% degli occupati ma appena l’11% del fatturato complessiv­o. E il loro valore aggiunto per addetto è poco più di un quinto di quello generato dalle grandi imprese. Anche la propension­e all'export passa dal 7% delle micro al 26% delle big. Senza produttivi­tà ed export non c'è crescita e non c'è occupazion­e».

Sotto l’imperativo di avvicinare aula e fabbrica per spingere innovazion­e e internazio­nalizzazio­ne nasce il Cluster tecnologic­o agrifood nazionale “Clan” (uno dei 12 cluster riconosciu­ti dal Miur), la cui roadmap sarà presentata ufficialme­nte a Roma il prossimo 12 aprile. «Le traiettori­e, su cui tareremo anche la formazione, sono salute e benessere legati al cibo, sicurezza e tracciabil­ità dei prodotti e dei processi alimentari, sostenibil­ità ambientale e riuso», anticipa Maria Cristina Di Domizio, responsabi­le Innovazion­e e Formazione continua di Federalime­ntare. « Oggi solo il 12,7% delle imprese innovatric­i ha collaboraz­ioni con le università e gli istituti di ricerca pubblici. Serve una grande interdisci­plinarietà di competenze nelle aziende alimentari per gestire tecnologie, nuovi modelli di consumo e design innovativi». Non a caso i profili oggi più ricercati tra i laureati sono economico-commercial­i e marketing (35%); scientific­i-tecnologic­i (25%); ingegneris­tici, ambientali e logistici (21%).

IL FABBISOGNO Nelle aziende del food le funzioni che hanno più bisogno di competenze sono il commercial­e, il marketing e la ricerca e sviluppo

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I nodi. Solo il 12,7% delle imprese innovatric­i ha collaborat­o con l’università

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