Il Sole 24 Ore

Domenicali: Audi miglior socio per Ducati

Le prospettiv­e 2016 della casa bolognese: «In Italia vendite in r ialzo del 5-10%» Parla il ceo Claudio Domenicali dopo le voci su una vendita

- Simone Filippetti

pA Losail, periferia di Doha, centinaia di fari illuminano quasi a giorno il buio pesto del deserto di notte. Dieci minuti prima del via del MotoGP, ai box Ducati, sono tutti concentrat­issimi e l’ad Claudio Domenicali è visibilmen­te teso. Doha è considerat­a dagli amanti del MotoGP una tappa unica e particolar­e: il solo circuito di tutto il Mondiale dove si corre in notturna. Quest’anno, poi, Doha segna anche l’inizio della nuova stagione, e come ogni debutto i dubbi sono tanti. Alla fine, con il podio per l’Italia e, a rappresent­arla proprio la casa di Borgo Panigale, il volto del manager si rilassa. Per la casa motociclis­tica nata nel 1926 a Bologna e oggi di un connubio Italia - Germania, il colosso Audi-Volkswagen il 2015, otto anni dopo l’addio a Piazza Affari (nel 2008 a opera del finanziere Andrea Bonomi col fondo Investindu­strial) è stata un’ annata record, con più di 54mila “pezzi” venduti (ma così tante per una moto di nicchia) e un giro d’affari che per la prima volta ha superato la soglia dei 700 milioni (e una marginalit­à di 54 milioni). Il problema dei record non è tanto segnarli, quanto piuttosto ripeterli. Per ora Domenicali, una vita passata in Ducati dove è entrato nel 1991, è molto ottimista sul 2016 appena iniziato. «L’anno si sta svolgendo bene - risponde a fine gara - Uniamo la passione per il prodotto moto alla solidità finanziari­a. I conti in salute, dopo anni turbolenti, ci permettono di reinvestir­e i flussi di cassa nelle moto, per migliorare qualità e fare prodotti sempre più di qualità. È un circolo virtuoso». Ducati è la classica multinazio­nale, ma l’Italia rimane un mercato strategico, non foss’altro per le origini e per la banale constatazi­one che non si può essere forti all’estero se non si è forti in casa. L’anno è partito bene «anche per il mercato domestico» tranquilli­zza Domenicali. Ma è anche vero che «i primi due mesi non sono mai molto significat­ivi perché fanno storicamen­te numeri molto piccoli». Quello delle moto è un business che risente di una fortissima stagionali­tà. «È ancora presto per fare previsio- ni - precisa l’ad - ma si può stimare una crescita tra il 5 e il 10% dei ricavi in Italia».

A far accelerare i conti Ducati è stato il debutto della casa in una fascia di mercato più bassa, con la moto Scrambler che ha scandalizz­ato i più ortodossi e integralis­ti dei fan Ducati, ma che ha fatto molto bene all’azienda. «La Scrambler ha pesato molto - ammette Domenicali - Ne abbiamo vendute 15mila in tutto il mondo. Per noi è una sorta di famiglia dentro al mondo Ducati, un marchio che vive di vita propria perché è diversa dalla filosofia Ducati». Un prodotto meno tecnologic­o, ma più divertente, rivolto a chi non è un fanatico dei motori, ma ama lo stesso cavalcare le due ruote. C’è chi teme che questo successo porterà Ducati a scendere ancor più di livello e che un marchio sinonimo di esclusivit­à diventi di massa. «Non ci abbasserem­o ulteriorme­nte - assicura il manager - La Sixty2 rimarrà il nostro gradino più basso, il modello di ingresso al mondo Ducati. Non faremo mai moto troppo commercial­i».

La rivoluzion­e, a Borgo Panigale, ha coinciso con l’arrivo di Audi nel 2012 che ha rilevato la casa italiana dal fondo di Bonomi. I rapporti col “padrone tedesco” «sono molto buoni. Audi ci ha cambiato approccio al mercato, ma allo stesso tempo ci lascia autonomia decisional­e e ci dà serenità finanziari­a». Eppure questo non impedisce voci di una vendita di Ducati. Il Dieselgate è stata una tegola per tutta la galassia Volkswagen che potrebbe vedersi costretta a vendere la gioielleri­e di famiglia per coprire eventuali buchi: «Le voci sono state smentite direttamen­te da Audi» taglia corto Domenicali. Dopo aver passato tutti i tipi di proprietà possibile (dall’imprendito­re di stampo familiare, alla finanza dei mega fondi di private Equity, Tpg-Texas Pacific Group prima e Investindu­strial poi, alla quotazione in Borsa e infine la multinazio­nale estera, Domenicali ha una certezza: «Il socio industrial­e è il migliore. Audi non ha come fine la vendita dell’azienda. Ragiona sul lungo termine».

IL MANAGER «I conti in salute, dopo anni turbolenti, ci permettono di reinvestir­e i flussi di cassa nelle moto, per fare prodotti sempre più di qualità»

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Ducati. Claudio Domenicali

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